
di Nando Giammarini*
Viviamo la difficile realtà dei tempi attuali in un mondo in continua evoluzione, con un tenore di vita frenetico in cui stanno scomparendo, lentamente, tanti valori e quelle poche verità cui ancora possiamo aggrapparci per ritrovare l’antica certezza che nella vita ci sono strutture portanti, i famosi baluardi, ai quali fare costantemente riferimento: i nostri genitori. In loro troviamo sempre i più bei ricordi di vita costellati da immenso amore, un sentimento forte, intenso e intramontabile che si trasmette di generazione in generazione accompagnandoci in ogni momento della vita. Come quando, in una bella giornata, alziamo gli occhi al cielo cercando un motivo rassicurante e scorgiamo che dall’azzurro, immenso e infinito, sorge sempre il sole, pronto a riscaldare e allietare la vita della gente che lavora, che suda, che soffre per tirare avanti. Ed eccoci giunti al 19 marzo: festa del papà.
Nata nei primi decenni del XX secolo, è una ricorrenza civile diffusa in quasi tutto il mondo, anche se festeggiata in giorni diversi. Nei paesi anglosassoni assume una particolare importanza per la grande portata di rispetto e umanità. Da noi, secondo un’antica tradizione popolare, la festa del papà viene celebrata il giorno di San Giuseppe, che, oltre ad essere il padre putativo di Gesù, è il protettore dei falegnami, dei carpentieri, degli artigiani, degli orfani, delle giovani nubili e dei diseredati in generale. Fino a qualche anno fa era considerata festa nazionale, poi divenne un giorno qualsiasi. E’ rimasta l’antica denominazione di “San Giuseppe frittellaro” poichè i dolci di questa particolare festa d’inizio primavera erano, e rimangono ancora oggi, i famosi bignè di San Giuseppe fritti e farciti alla crema.
Tante iniziative si alternano in questa festosa circostanza, soprattutto per i più piccoli: a scuola, con le loro maestre, fanno dei “lavoretti” e li portano, con orgoglio, quali doni ai loro papà.
E’ un momento particolare in cui i prati, dopo il lungo inaridimento invernale, iniziano a verdeggiare e lungo le siepi appaiono le prime, timide, violette che scuotono la fantasia e la creatività dei bambini.
Vorrei ora parlare della mia esperienza di figlio e di padre in riferimento alla festa del papà. Da ragazzino non ho avuto il piacere e la gioia di conoscerla e di viverla, se non attraverso i libri di scuola, per le modeste condizioni familiari e per il fatto che mio padre lavorarava a Roma e tornava ogni due settimane a Cabbia di Montereale dove, allora, vivevo con mia madre, i miei fratelli, gli anziani nonni e gli altri parenti. Da padre, convinto che le privazioni di cui sono stato oggetto io non dovevano conoscerle i miei figli, mi sono sempre adoperato per far vivere loro serenamente l’infanzia e l’adolescenza. Sono una moltitudine di pensieri, la parte migliore di me, la forza interiore che mi sostiene nei variegati e, a livello generale, sereni rapporti con i miei due rubini della vita.
Parlare, scrivere e dilungarsi sulla festa del Papà e sul rapporto genitori-figli, oggi, all’inizio del terzo millennio, significa affrontare una vasta tematica dai risvolti umani che coinvolge anche la sfera familiare. Da qualche anno i media parlano di “nuovi padri“, annunciando cambiamenti epocali e mettendo in evidenza una maggiore presenza nell’educazione dei figli a spese del lavoro. Esiste poi il delicato e difficile problema dei figli contesi tra coppie di separati che si vedono trasportati, come pacchi postali, da un luogo all’altro, perdendo quella che è la vera concezione della famiglia e i reali valori di riferimento e di sicurezza. A mio modesto parere tutte queste problematiche devono essere affrontate in una visione d’insieme, senza pregiudizi che potrebbero generare confusione, in occasione della festa del papà.
Alcuni intellettuali, anche illuminati, sostengono sia in atto un’eclissi del padre con tutti i valori di riferimento che tale ruolo comportava: la distinzione tra bene e male, l’ordine, la norma, l’autorità, l’apertura verso nuovi orizzonti che conduceva i figli alla futura autonomia, quindi una preparazione all’assunzione di obblighi e responsabilità. Altri sostengono che siamo nell’era del padre premuroso e affettuoso, in rotta con i pregiudizi del passato, proiettato verso una dinamicità, di pensiero e di giudizio, capace di guidare e istradare i propri figli in un’ottica di modernità. Non bisogna, al contempo, dimenticare che sono molti i nostalgici di una figura paterna autoritaria e repressiva sulla scena sociale in eterno contrasto con quelle che sono le esigenze di spazio e di autonomia dei giovani di oggi.
Alla fine, come in tutte le situazioni che si rispettino, necessita arrivare ad una soluzione giusta ed equa – anche di compromesso se necessario – cercando di guardare negli occhi i padri e i figli nella diversità dei loro ruoli e nell’impegno quotidiano. Silenzioso e lieve. In pratica una mediazione tra antico e moderno, severità e dolcezza, in un contesto tutto da riscoprire e costruire con intelligenza e affetto. Mi pare sia una delle più grandi sfide dei nostri tempi.
Desidero rivolgere, nel giorno della loro festa, un pensiero commosso e affettuoso alla memoria di mio padre e a tutti coloro che ci guardano dal cielo.
[i]*lettore[/i]