
Come, dove, quando e, soprattutto, se in maniera legittima, sono stati impiegati i fondi statali per la ricostruzione post sisma relativi al patrimonio abitativo pubblico dell’azienda territoriale di edilizia residenziale regionale (Ater) e del Comune dell’Aquila.
E’, in sintesi, quanto chiede l’ex parlamentare Pio Rapagnà che, nella sua qualità di coordinatore del Mia Casa d’Abruzzo, ha presentato stamani due esposti, uno alla Procura della Corte dei Conti, l’altro alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dell’Aquila.
Secondo quanto riferito da Rapagnà, che stamani ha tenuto una conferenza stampa, a distanza di quasi cinque anni dal sisma del 6 aprile 2009, nessun cantiere è stato aperto per gli alloggi classificati E (quelli con gravi danni strutturali, ndr) e anche nelle abitazioni Ater classificate A (quelle con lievi danni) non sono stati effettuati tutti i lavori di pronto intervento, consolidamento e messa in sicurezza antisismica.
«La sostanziale inerzia nell’opera di ricostruzione – ha affermato Rapagnà – ha di fatto aggravato i danni in gran parte degli edifici popolari con conseguente danno erariale da individuarsi nei maggiori costi sopportati dalla pubblica amministrazione in forza del mancato conseguimento dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e della produttività nonché legalità dell’azione amministrativa».
Il coordinatore di Mia Casa d’Abruzzo, che negli esposti allega tutte le ordinanze ministeriali e regionali, ma anche comunali che si sono susseguite nel tempo, punta il dito, in particolare, su presunte responsabilità in capo sia alle Ater che al commissario delegato per la ricostruzione, Gianni Chiodi, presidente della Regione Abruzzo. In definitiva, sempre secondo Rapagnà, oltre ai ritardi nell’esecuzione dei lavori, pure finanziati, i conti, in alcuni casi, non tornerebbero, nel senso che fondi ad hoc per diversi milioni di euro sarebbero stati stanziati solo parzialmente per la ricostruzione di alloggi popolari.