Il Selfie made man

24 marzo 2014 | 16:23
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Il Selfie made man

di Gioia Chiostri

[i]Surfare[/i]? No, signori. La moda del momento non è più il semplice navigare in rete, neologismo tanto caro a chi un tempo urlava in Tv frasi come ‘sei connesso?’. Oggi più che [i]surfare[/i], si ‘[i]selfa[/i]’. Ossia si bombarda la pagina blu del [i]social network[/i] più in del mondo con autoscatti fatti ad ogni ora del giorno e della notte. Che sia nella metro, in un bagno pubblico, in cucina, in piazza, in biblioteca, in rosticceria, non importa. E’ il selfie che conta, la foto di sé stessi in primo piano con un’aria del tipo ‘[i]se mi vedi, significa che esisto[/i]’. Ecco, forse il segreto del selfie è proprio questo: una sorta di auto – affermazione, che passa attraverso l’obiettivo del nostro Iphone.

Lo stesso [i]Oxford Dictionary[/i] ne dà una definizione che potremmo considerare dogmatica: “[i]Fotografia fatta a se stessi, solitamente scattata con uno smartphone o una webcam e poi condivisa sui social network[/i]”. Nessun ma e nessun se. Il selfie si fa perché si ha bisogno di farsi vedere. Nell’epoca dell’apparenza, dove prima sembri e poi sei, inutile ribadire quanto può essere fondamentale esibirsi.

In un momento storico in cui siamo sommersi da [i]twerking[/i], [i]binge-watch[/i] e [i]showrooming[/i], bene ci fa, in fondo, a pensare un po’ a noi stessi, egoisticamente parlando.

{{*ExtraImg_192899_ArtImgRight_300x163_}}Selfie da top model per le Lei. Selfie da idraulico sexy per Lui. Almeno all’inizio. Si perché, così come ogni epoca ideologica, anche il selfie ha il suo vertice e il suo basso ventre diametralmente opposto. E allora non contenti, i [i]selfie–made–man[/i] si sono dati alla degradazione dell’autoscatto. Una sorta di peggioramento avvenuto dopo il miglioramento di sé stessi di fronte all’obiettivo. È nato cioè, con Jim Carrey e il volto ricoperto di nastro adesivo nel film “[i]Yes Man[/i]”, il sellotape selfie: l’autoscatto che trasforma – anzi deforma – la faccia. E fra il picco e il baratro basta davvero un passo: ecco che è già nata una pagina Facebook dedicata al sellotape con oltre 100 mila fan incellofanati.

E se volessimo dare una storia al selfie tanto per dargli un po’ di spessore? Chi fu a inventarlo? La cronaca ha idee diverse: il primo selfie della storia, secondo una versione abbastanza diffusa, è del 1913 e ritrae una giovane ragazza in posa nella sua camera da letto davanti ad uno specchio. Il soggetto ritratto è la granduchessa Anastasia Romanov, figlia dell’ultimo zar di Russia Nicola II, la giovane donna uccisa assieme ai genitori durante la Rivoluzione del 1918 per ghigliottinare per sempre la dinastia dei regnanti. Altra versione è, invece, quella che vede il primo autoscatto come compiuto nei primi anni del ventesimo secolo. Il selfie di gruppo, o “usie”, come dir si voglia, è datato dicembre 1920, ed è stato realizzato dai fotografi della società Byron e digitalizzato dal Museo della Città di New York. Nella foto, un gruppo di cinque lord posa autoreferenzialmente. L’autoritratto, del resto, nel mondo delle camere oscure, ha origini antiche: Robert Cornelius, pioniere della fotografia internazionale, ne confezionava uno nel suo studio di Filadelfia nel 1839, perfezionando la tecnica del dagherrotipo, mentre nel 1956 il fotografo austriaco Erns Haas realizzava il suo primo a[i]utoportrait au masque[/i].

Ma per riallacciare un secondo il nodo del fazzoletto al 2014, c’è persino chi con gli autoscatti ha messo su un vero e proprio business. Una società di eventi e fornitura biglietti, la Ticket Leap, ha realizzato una app apposita – Selfie Ticket App – che sostituisce i QR Code con biglietti fotografici self made.

{{*ExtraImg_192898_ArtImgRight_300x192_}}Si è persa l’essenza di sé o la si è semplicemente trasferita in un’immagine? Nella velocità della quotidianità, fermarsi per scattare una foto, bella o brutta che sia, esibizionista o non, magari ha un retrogusto positivo. In fondo si documenta un pezzo di vita, si dà valore ad un momento. Un giorno forse anche il Louvre assomiglierà a un immenso autoscatto, con infinite gallerie di immagini di sé e solo allora potremmo ben dire ai nostri figli, connessi con il mondo già dalla nascita: «Vedi, caro, anche io c’ero».