
Torna l’ora legale: nella notte tra sabato 29 e domenica 30 marzo si dormirà 60 minuti in meno. Alle due del mattino di domenica scatterà, infatti, lo spostamento delle lancette degli orologi, che dovranno essere regolati un’ora avanti. Si tornerà all’ora solare domenica 26 ottobre.
Un’ora di sonno in meno, dunque, ma un’ora di luce in più: domenica, ad esempio, il sole tramonterà “astronomicamente” attorno alle 18.30, ma grazie all’ora legale gli orologi segneranno le 19.30. Ora di luce in più che comporterà, tra l’altro, notevoli risparmi energetici.
Quasi tutti i paesi industrializzati si sono dati una regola: nell’emisfero boreale il regime di ora legale inizia l’ultima domenica di marzo, mentre nell’emisfero sud (australe) la stessa data ne sancisce il termine. Dalla scelta dei paesi industrializzati si discosta il Giappone che segue, nell’alternarsi delle stagioni, sempre e comunque l’ora solare. Disinteressati all’adozione dell’ora legale la maggior parte dei paesi dell’Africa e dell’Asia.
In ogni caso, lo spostamento di un’ora comporterà solo qualche giorno di adattamento al nuovo “fuso orario”, mentre domenica, come ogni anno, ci si dovrà industriare a modificare l’orario di tutti gli orologi di casa e in auto, anche se ormai nell’era digitale tutti i dispositivi (telefonini, iPad e quant’altro) si aggiornano automaticamente, avendo già memorizzato il calendario con il cambiamento d’orario.
«L’ora legale è un falso problema per la salute». A ridimensionare i molti allarmi che annualmente si ripetono, è Francesco Peverini, direttore scientifico della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno Onlus, che sdrammatizza i «presunti effetti sfavorevoli legati all’introduzione dell’ora legale, divenuti più una astrazione che un vero problema». «La questione dell’adeguamento del nostro orologio biologico all’ora legale, che si ripresenta appena la nuova ora subentra a quella solare modificando temporaneamente alcune abitudini quotidiane – spiega – è infatti meno complessa e negativa di quanto si voglia far credere. La variazione di un’ora, infatti, è quasi impercettibile per il nostro corpo: viene assimilata in brevissimo tempo e annullata dalla quotidianità». Secondo Peverini, «ritmi di vita e timori di crisi ci hanno assuefatto a convivere con dosi elevate di stress e a trovare rapidamente soluzione a molte situazioni difficili (come il lavoro a turni), per cui lo slittamento di un’ora delle lancette dell’orologio ormai rientra, anzi ricade, intollerabili ‘scossoni quotidiani’».
«Ora legale a parte – ha aggiunto – non viene invece sottolineata l’esistenza di una più grave e generale mancata presa di coscienza della rilevanza sociale e sanitaria dei disturbi del sonno, in particolare dell’Osas (sindrome delle apnee ostruttive in sonno), che costituiscono un considerevole capitolo di spesa e che sono anche alla base dei micidiali colpi di sonno al volante». «Per queste patologie – ha proseguito Peverini – spendiamo ogni anno diversi miliardi di euro, da tre a sei secondo stime molto difficili da effettuare. Non si conosce neppure con esattezza la percentuale di soggetti affetti in Italia da apnee notturne; nè si investe nella prevenzione e nella terapia di questo disturbo. Anzi, c’è la tendenza a minimizzare culturalmente il problema e a spostare l’attenzione su aspetti legati al benessere del singolo, mentre secondo gli ultimi studi internazionali le percentuali di incidenza della sola Osas sembrano essere in realtà molto più alte di quanto ritenuto finora (fino al 10% delle donne e 20% degli uomini, con punte fino al 30% nel caso di soggetti con più di 45 anni) con una sorprendente correlazione con la bassa condizione socio-economica».