
A cinque anni dal terremoto che ha colpito L’Aquila manca un monitoraggio sistematico della salute, nonostante i primi rilievi dopo il sisma abbiano evidenziato un aumento di alcune malattie psicologiche e fisiche. Lo afferma Massimo Casacchia, psichiatra dell’università dell’Aquila.
«La ricerca del gruppo Spes – spiega Casacchia – i cui risultati risalgono però a un anno fa, ha evidenziato elevati livelli di malessere psicologico e livelli superiori alla norma dei valori di glicemia, con nuove diagnosi di diabete. Siamo convinti che sia necessario istituire dei centri di ascolto e di aggregazione, ma la loro istituzione è ancora molto lenta».
Negli anni immediatamente successivi al terremoto, spiega Casacchia, una parte della popolazione ha continuato a presentare dei segni di stress, rappresentati ad esempio da una ipertensione arteriosa e sintomi di disturbo post-traumatico.
«Ancor più sorprendentemente – afferma – i medici hanno evidenziato casi di notevole sofferenza epatica. Inoltre, un’alta percentuale ha presentato una sofferenza della tiroide ed è stato notato un notevole picco nelle forme gravi di psoriasi. Il vero problema che dovrebbe porsi una buona sanità è quello di monitorare nel tempo, anche a distanza di anni, la condizione psicopatologica della popolazione e la condizione di salute».
Uno studio dell’università Gabriele D’Annunzio ha evidenaziato che il 50% di un campione di 218 cittadini aveva sindrome metabolica, una cifra doppia rispetto alla media nazionale e anche l’Iss un anno dopo l’evento ha messo in luce un aumento di sintomi depressivi e di comportamenti a rischio come il fumo, ma l’analisi non è stata poi ripetuta.
«Sarebbe molto interessante verificare le conseguenze a lungo termine – spiega Vincenza Cofini dell’università dell’Aquila – ma l’esperienza non è stata più ripetuta».