Epopea Turistico-Sportiva sul Gran Sasso

16 aprile 2014 | 11:21
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Epopea Turistico-Sportiva sul Gran Sasso

di Enrico Cavalli

La Grande Aquila nel 1927, al di là della sua chiave municipalistica, vide l’emergere di una opzione di crescita comprensoriale in senso urbanistico-turistica. Tale progettualità, ripresa di analoghe idee d’età liberale, quanto indotta dalle politiche antirecessive degli anni’30, ebbe un’interfaccia di impiantistica sportiva accessiva di inclinazioni agonistiche locali e che portò al polifunzionale stadio comunale ”XXVIII ottobre”, prospetticamente rivolto al massiccio del Gran Sasso quale polo centromeridionale delle escursioni turistiche e sciatorie.

Le amministrazioni podestarili, ipotizzavano una maggiore apertura del comprensorio montano agli sport di settore e fin lì praticati dai pendii fra le porte Bazzano e Paganica e di Pietra Camela ed Assergi, nel segno della grande e prestigiosa eredità del CAI., quanto del canale agonistico universitario del GUF., e, senza primazie territoriali, del più antico bacino sciistico delle Rocche.

I successi della Coppa Gran Sasso universitaria nella duplice versione sportiva invernale (sci e scalate) ed estiva (podismo e tennis), le spinte amministrative ed imprenditoriali per realizzare il programma della Grande Aquila sul fronte di sviluppo della più alta vetta appenninica, finalmente, portavano e filmata dall’Istituto Luce, nel maggio 1934, alla nascita a Campo Imperatore, di un attrezzato Centro turistico comprensivo di moderno albergo ed avveniristica funivia non inferiore a quella di grido del Sestriere.

A realizzarlo, rilevanti società nazionali del ramo, sotto la ingegneria di Vittorio-Bonadè-Bottino e dell’aquilano Mario Bafile. Fondamentale, fu la collaborazione del CAI., per l’esatta ubicazione topografica delle strutture e piste del Centro Turistico, che scontò il contenzioso con il marchesato Dragonetti che inizialmente acconsentì a cedere gratuitamente le sue proprietà a Campo Imperatore.

La batteria di dotazioni tecnologiche sul Gran Sasso, pressoché sconosciuta nel centromeridione d’Europa, venne assecondata dal governo nazionale nel settembre 1933 in una visita ufficiale del massimo esponente fra i gerarchi abruzzesi, il ministro dell’Agricoltura Giacomo Acerbo che annunciò la rinascita boschiva e faunistica dell’area.

Era forte, però, la concorrenza delle ottocentesche stazioni sciistiche abruzzesi di Pescocostanzo, Roccaraso, Scanno e che ritrassero benefici d’immagine dell’intrepido atterraggio del biplano di Italo Balbo del 1930 e visite dell’erede ispanico Juan Carlos di Borbone; del vicino bacino del Terminillo, usufruente anch’esso di un patrocinatore d’eccezione, ovvero, di Benito Mussolini che ivi talora si recava, sebbene, più volte inviti, Adelchi Serena rivolse al Duce perché soggiornasse anche sulla più alta stazione invernale d’Europa. Si rese necessario, allestire una campagna promozionale del Centro Turistico, di qui, l’idea di tabelloni al neon in punti strategici della Capitale, inserti pubblicitari alle pagine romane di”Il Messaggero”, ai cinegiornali Luce, di testimonials di grido sulle piste del Gran Sasso quali Umberto di Savoia venuto nel 1937 e l’attrice Isa Pola, alla strada dell’allestimento di films, intessendosi discorsi con Angelo Besozzi produttore di“Piccolo mondo antico” e “La contessa di Parma”.

Per legge controllato dal Circolo ferroviario di Roma, scontò disfunzioni strutturali e finanziarie, il Centro Turistico, pur sotto la guida autorevole di Emilio Tomassi avvalentesi del dottore Carlo Urbani l’ingegnere Tullio Di Loreto i ragionieri Giovanni Simongini, Angelo Selli, Walter Merlin, dei responsabili di esercizio della funivia, Mario Cadorin, Luigi Bertolotti, gli ex sportivi Emilio Mori ed Alberto Carlei.

Risaltò che a fronte degli oltre dieci milioni di lire per la costruzione più le mille lire giornaliere di manutenzione del Centro Turistico, il generale investimento, non risultasse totalmente gratificante, in considerazione della inadeguatezza degli utili che il comune percepiva da una nota società specializzata nella gestione alberghiera. Questo dato finanziario, discendeva dal latitare di flussi di massa, causa il mancato e diretto approdo ferroviario a Roma da dove in littorina partivano le nobiltà per Roccaraso ed i ministeriali per il Terminillo al fine settimana; da un contesto di ex comuni montani depotenziato dalle disattenzioni della Grande Aquila, come sottolineato da appassionati illustri di Campo Imperatore, vedi Giuseppe Bottai che scrisse ad Adelchi Serena, nel 1928, per una migliore gestione dei servizi postali ed idrici ad Assergi.

Si tese a fare arrivare al Centro Turistico, un pubblico socialmente distinto, in specie, la borghese capitolina ed a giudizio di un severo prefetto Tommaso Ciampani, questa direzione di marcia elitaria, era il motivo per cui il Gran Sasso risultava meno frequentato delle rivali stazioni rocchigiane, sangrine e sabine, atteso che le stesse determinazioni autarchiche e belliche del regime non avrebbero incoraggiato grandemente le utenze numerose.

Nel dopoguerra aquilano, vennero rifinite le impiantistiche sportive di avanguardia, nel segno della collaborazione fra mondo agonistico e nuova politica repubblicana.

Per il Centro Turistico, parte dirigente svolse ancora il CAI., a merito di uno dei suoi membri, Stanislao Pietrostefani ex commissario prefettizio. Furono apprestate le interfacce delle discipline invernali, ovvero, piscina al coperto, campo da tennis e pista ciclabile, così, caratterizzanti la proposta ricettiva dell’albergo di Campo Imperatore mediaticamente famoso dopo la vicenda della fuga mussoliniana. All’imbarco e rifugio degli sciatori di MonteCristo e contigua alla Scindarella, si consolidava una scuola alpinistica del Gran Sasso per le utenze nobiliari romane e partenopee, a dirigerla, i maestri di sci e rocciatori, Mimì Antonelli Nestore Nanni, Andrea Bafile, i fratelli Velletri, fratelli D’Armi, Bruno Faccia, Franco Tacca, gli innovatori del trofeo delle Aquile ed anzi invogliando al ritorno fra i Valloni di uno Zeno Colò fresco olimpionico ad Aspen negli USA., nel 1952.

Oltre gli aspetti dell’agonismo ed escursionismo sciatorio, effettivamente, compressi dagli sport più popolari, premeranno sul futuro del Centro Turistico, le vertenze sugli usi civici montani ed una certa logica politica che insistendo agli ingranaggi della funivia di Campo Imperatore, avrebbe ritardato le stagioni del turismo sportivo invernale molto più che le perturbazioni atmosferiche del massiccio fra i due mari. Per uscire da gestioni routinarie e senza prospettive di richiamo sul bacino di masse sciatorie considerevoli, il Gran Sasso è stato oggetto di ipotesi di privatizzazioni parziali o generali dell’area intrecciate ad interessanti prospettive di sviluppo ecocompatibile in funzione della nuova politica dei borghi pedemontani. Si tratta di affrontare, definitivamente, la questione della coniugazione delle moderne impiantistiche alla valorizzazione di un paesaggio, invero, la base imprescindibile di quella che fu la più attrezzata stazione invernale dell’Europa meridionale.