
di Gioia Chiostri
Se i monumenti si sono persi; se i punti cardinali si sono usurati, sverniciati, spezzati; se il tempo ancora non allevia le ferite che avrebbe dovuto guarire, ciò che rimane da fare, allora, è riannodare i fili, formare la matassa e srotolarla di nuovo. Per vedere dove porta. O dove si vuole che essa porti.
Lunedì 5 e martedì 6 maggio si terrà, presso l’aula magna del dipartimento di Scienze Umane dell’università dell’Aquila, a partire dalle ore 9, un seminario interamente dedicato alla città dell’Aquila, di cui verranno presi in esame aspetti storici, artistici, letterari e linguistici.
Gli interventi che si terranno durante il primo giorno cercheranno di delineare un quadro storico, archivistico, geografico e antropologico della città, mentre nella seconda si seguirà una linea archeologica, artistica, linguistica e letteraria. Nomi eccelsi, studiosi straordinari che insegnano nell’università aquilana e che crescono ogni anno tantissime nuove menti.
L’idea è stata partorita da uno studente quasi sul punto di finire il suo percorso di studi, «anche se di studiare non si finisce mai». Lui è Claudio Vernarelli, rappresentante degli studenti, frequenta l’ultimo anno del corso di filosofia magistrale e vive stabilmente nel capoluogo abruzzese dal 2006.
La sua storia d’amore con la città aquilana è cominciata molto presto, sin dall’inizio della sua avventura universitaria, ed è stata proprio questa relazione, scossa dal sisma del 2009, a fargli balenare nella testa l’idea di ridonare e ridefinire i punti cardinali nell’Aquila di adesso, di modo che possano essere utilizzati dalle nuove generazioni di studenti.
«Un seminario sull’Aquila, strutturato in due giorni, al quale partecipano ben 15 professori. Un evento, a mio avviso, importantissimo per la cittadinanza, imperdibile per chi ha smarrito la bussola del proprio essere ed esistere – spiega – L’Aquila è una città antichissima, fondata nel Medioevo, che ha vissuto sulla sua pelle vari sviluppi, piaghe e sciagure, ma anche un fiorire di arte e cultura. Il primo giorno sarà dedicato al suo profilo storico, tant’è che avremo la professoressa Berardi che parlerà della sua fondazione, la professoressa Mantini che parlerà dell’Aquila nell’era moderna, il professor Muzi che la tratterà invece dal punto di vista del suo momento di sviluppo urbano fra 800 e 900. Infine, la professore Calandra e il professor Ciccozzi ci daranno un quadro geografico e antropologico della città pre e post terremoto. Il secondo giorno invece verrà battezzato dall’intervento del professor Redi, docente di Archeologia, seguito da due interventi di arte con i professori Pasqualetti e Maccherini. Infine dialogheremo di letteratura, con gli interventi dei docenti Avolio, De Matteis, Morabito e Biondi».
{{*ExtraImg_198800_ArtImgRight_300x199_}}Da dove nasce questa impostazione? «L’impostazione – risponde Claudio – nasce dal fatto che, quando ci si approccia alla conoscenza di qualcosa, si tende comunque a dare prima un profilo storico e poi un approfondimento più dettagliato. Ci tengo a dire che tutto questo è fatto a costo zero, con la volontà mia e dei professori, che si sono dimostrati molto disponibili, sia per gli interventi che per gli orari. Ringrazio, inoltre, tutti i presidenti dei Cad, che hanno dato la possibilità di dare un Cfu agli studenti partecipanti».
La culla dell’idea? «Io vivo a L’Aquila sin dal 2006, quindi prima del terremoto, e di questa città mi è rimasta nel cuore la sua vivibilità. Cosa vuol dire? Semplice: ha un centro storico artistico, ha una comunità energica, cordiale, e ha una vasta rete di opportunità relazionali e culturali. La città perfetta, insomma, per uno studente modello. Io qui ho fatto moltissime esperienze, ho, in breve, costruito la mia vita presente. Poi è accaduto il terremoto e la mia vita è cambiata, ma non solo essa. Gli stessi palazzi si sono trasformati in puntellamenti. Quello che penso è che si sia persa, in questi anni, l’immagine della città e il concetto stesso di socialità. Lo studente che viene all’Aquila oggi non viene qui per vivere la città, ma per trattarla come se fosse un fast food: ‘vengo, studio e me ne vado’. Come se non gliene importasse nulla di queste quattro mura. Allora, in questi due giorni, noi cercheremo di dare un’immagine differente della città. Far ricordare, ad esempio, che L’Aquila ha sempre avuto, da capoluogo di regione, una valenza civile, una rilevanza politica. Da questa constatazione nasce l’idea del seminario».
«Il mio sogno – aggiunge lo studente – è quello di coinvolgere la cittadinanza intera, perché tutte le persone hanno lasciato in centro non solo scarni ruderi, ma pezzi della loro vita, quindi sarebbe importante anche per loro ricostruire un’immagine positiva dell’Aquila. La ricostruzione, cioè, deve avvalersi prima di tutto dell’università, perché la città stessa cresce con l’università, tanto quanto quest’ultima vive e si appoggia alla città. Bisogna, secondo me, capovolgere un po’ l’idea che gli studenti posseggono dello studio all’Aquila adesso. L’università non è solo una fabbrica di titoli, ma è una misura della crescita culturale e civile dei futuri abitanti di un polo urbanistico. Noi, allora, ci proponiamo di dare l’immagine di una città che può ricrescere e che ha tutte le basi per farlo».
«Grazie alla collaborazione dei professori del dipartimento di Scienze Umane – aggiunge Vernarelli – tenteremo di ridare alla città un’immagine differente da quella attuale, ossia l’immagine di un centro culturale attivo e dinamico, che guardi alla sua storia come punto di partenza per risollevarsi e guardare a testa alta verso un futuro migliore».
Si discorre molto spesso di bussola persa e ritrovata. Anche se la città è stata scossa da un fortissimo terremoto, il futuro dell’Aquila deve essere un futuro di apertura e mai più di chiusura: la sua bellezza deve diventare patrimonio di tutti, indiscriminatamente. L’università aquilana è una ricchezza culturale che deve integrarsi con la città, per partorire una sinergia in grado di essere forte e solida per sempre, per non sperdersi fra i meandri dei dubbi mai.
«Tutte le persone che vogliono davvero bene all’Aquila – conclude Claudio Vernarelli – dovrebbero amarla talmente tanto da non abbandonarla a sé stessa mai».