
Puntuale alle 10, sotto una pioggia battente, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha raggiunto Teramo accolta da cittadini e rappresentanze politiche.
Un caffé, una passeggiata lungo corso San Giorgio, una veloce stretta di mano a un capannello di cittadini ai quali ha ribadito l’importanza delle elezioni europee, e poi subito all’Università di Teramo.
Nella sede di Coste Sant’Agostino è stata accolta dai tre rettori degli atenei abruzzesi, dal senato accademico e dal cda dell’Uni.te e dal sindaco Maurizio Brucchi.
Ad attenderla anche mille studenti da tutta la regione. I bambini delle elementari hanno avuto il primo incontro con il ministro raccontando la scuola che vorrebbero. Poi l’ingresso nell’aula magna sulle note dell’orchestra giovanile dell’Istituto Braga.
«Il vostro avversario più temibile è l’ignoranza, comunque la pensiate sul mondo o vi identifichiate nelle forze politiche o vi sentiate attratti da questo o da quell’indirizzo scientifico»: con queste parole il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha salutato la platea di autorità, istituzioni e studenti superiori e universitari, riunita a Teramo nell’aula magna dell’Università per la cerimonia di consegna delle prime 30 borse-lavoro istituite dall’Ateneo.
Il ministro ha difeso il diritto «che ciascuno di voi deve esigere di poter fare e di poter seguire la propria natura, il proprio talento, l’accesso allo studio. A questo diritto – ha aggiunto – deve corrispondere un altro speculare elemento: il dovere educativo».
Ma accesso diretto alla conoscenza e garanzia di dovere educativo non possono camminare, per il ministro Giannini, senza una politica di internazionalizzazione dell’educazione.
«La generazione Erasmus deve diventare una possibilità per tutti, un progetto e non un introito e io spero – ha aggiunto – sarei felice se la presidenza italiana dal primo di luglio potesse farsi portatrice per il settore education di un [i]’erasmus curriculare'[/i] che tutti abbiano la possibilità di fare e non solo di potersi pagare una vacanza studio all’estero».
«Io – ha detto poi il ministro – devo fare il possibile per dare i migliori strumenti di accesso alla conoscenza ai giovani di oggi e allora il test di medicina lo rimetto in discussione. Ma non perché ritenga che tutti si possa fare il medico indiscriminatamente o la scelta di equilibrare il rapporto tra bisogno effettivo di medici della società e di laureati, anche specializzati in medicina, sia stata una scelta negativa, anzi; mi sento in dovere di discutere con voi e non solo con voi se il test di 60 domande è lo strumento migliore per diagnosticare l’attitudine a fare il medico».
Sotto questo aspetto il ministro ha confermato la valutazione, per l’anno accademico 2015-2016, di «un accesso al primo anno in cui durante il corso di studi del primo anno si misuri la qualità, la capacità di rispondere a quelle poche scelte che il ragazzo deve fare».