
di Annamaria Coletti Strangi*
[i]Parte terza.[/i]
In particolare per i secoli seguenti, invece, un grande aiuto viene offerto da quei tesori che, accumulati in periodi di grave crisi economica e politica ed occultati nella imminenza di un grave pericolo, rivolte (come quella dei Parti che causò una forte crisi economica e finanziaria), disordini politici, invasioni barbariche, non vennero mai recuperati dai legittimi proprietari e hanno spesso dei manufatti regali.
La presenza, in questi tesori, di molte monete d’oro riutilizzate in ricchi monili, evidenzia la forma di tesaurizzazione legata alla creazione di un “bene rifugio” che la grave inflazione, ad esempio del periodo severiano, rendeva necessaria.
E’ ora il caso di iniziare a parlare dettagliatamente di alcuni dei gioielli più in uso di cui si posseggono splendidi esemplari in originale da confrontare con dipinti, encausti, mosaici e statue. Si può partire da due affreschi: da Pompei : Venere pescatrice e ninfa, che sfoggiano reticella d’oro, corona aurea, collane, bracciali, cavigliere.
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Venere, adorna solo di gioielli: reticulum aureum, armillae, periscelides, collana aurea con grossa pietra à cabochon
Pompei Casa di Venere II sec.a.c.
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Interessanti le gioie della matrona, tra cui lo spillone, acus crinalis, posto nella elaborata acconciatura, che era spesso cosparsa da mirra e balsami. Era ricco di significati simbolici, offerto dal coniuge alla sposa e ripreso in caso di divorzio, serviva a dividere ed a tenere in ordine i capelli. Prezioso ed elaborato, in oro e gemme, aveva capitelli, eròti e sculture varie nella capocchia. Il giurista Ulpiano (dig. 34,2,25) cita “acus cum margarita”, ovvero un ago di lusso molto in voga, in oro con perla. Belle anche le collane, dalle pietre voluminose, colorate, gli orecchini con vistose e luminose perle sfoggiate dalla dama.
Ritratto su encausto da Hawara (Egitto), del II sec d.C., oggi a Londra, National Gallery.
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Due raffinati esemplari di acus, uno in bronzo, appunto come quello citato da Ulpiano, in oro e perla (Amburgo, Museum für Kunst und Gewerb.), l’altro in argento con Amore e Psiche abbracciati (Roma, Antiquarium Comunale).
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Marziale (14,24) spiega anche un uso pratico dell’ago: «Affinché le chiome ricche di unguenti non violino lo splendore delle sete, lo spillone fissi e sostenga i capelli intrecciati».
A seguire un esemplare di Crotalia in oro a duplice pendente del I secolo d.C., certo meno sfarzoso di quelli a quattro perle sfoggiato dalla bella dama di El Fayum, che oggi, con sguardo triste e distaccato, osserva, da una vetrina, i visitatori del Museo di Edimburgo. Rinvenuti ad Oplontis, nella Casa degli Archi, presso un gruppo di scheletri, questi orecchini facevano parte di un insieme di pregiati gioielli di famiglia che i proprietari, in fuga, cercavano di mettere in salvo dalla eruzione, invano. Sono rimasti accanto a loro sia nei tragici momenti della loro morte che nei lunghi secoli, prima delle loro scoperta, e oggi sono conservati a Pompei (Soprintendenza Archeologica).
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Crotalia con, al posto delle perle, grandi smeraldi, gemme molto apprezzate anche per la tonalità, come dice Plinio «certo non c’è colore di aspetto più gradevole (degli smeraldi)».(esemplare dalla tomba di Vetralla)
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[i]*docente presso l’Università degli studi di L’Aquila[/i].