
di Lamberto Sulli*
Recentemente un quotidiano locale ha pubblicato una tabella con i dati dello spopolamento di sei Comuni che, ipoteticamente per legge, dovrebbero aggregarsi e, precisamente Castel del Monte, Calascio, Santo Stefano di Sessanio, Castelvecchio Calvisio, Carapelle Calvisio e Villa Santa Lucia degli Abruzzi.
I dati sono veramente allarmanti; negli ultimi 80 anni oltre il 90% della popolazione non è più iscritta nei registri anagrafici. I predetti Comuni, nel 1923, contavano 10356 abitanti, mentre oggi ne contano soltanto 1056.
Con la eventuale aggregazione si dovrebbe procedere alla riduzione delle spese di gestione dei Municipi, ma nulla si potrà fare per arginare l’emorragia dello spopolamento. Anzi, l’inarrestabile decremento demografico, nei prossimi decenni, produrrà la scomparsa degli abitanti dai nostri borghi. La teorica aggregazione dei Comuni, tanto auspicata dal Parlamento, comporterà un solo effetto e, purtroppo, negativo: la totale scomparsa degli abitanti dai borghi montani.
Così stando le cose verrebbe spontaneo chiedersi: è inevitabile che si verifichi quanto sopra o si potrebbe fare qualche cosa? Forse, si potrebbe tentare, ma occorrerebbe molta fantasia e molta buona volontà da parte della popolazione residente, per appoggiare qualsiasi proposta o sviluppare qualsiasi idea che dovrebbe essere sostenuta dagli operatori economici interessati, dalle Amministrazioni Comunali e da quanti potrebbero avere a cuore le sorti del proprio Comune.
Per comodità e disponibilità di diversi dati, prendiamo in esame la situazione attuale di un solo Comune: Castel del Monte. La pastorizia, che per anni è stata la grande industria del paese, è finita, ha chiuso praticamente il ciclo produttivo, salvo qualche piccola azienda che, oltretutto, non fa testo. Essa rappresenta un’attività molto sacrificata, tanto è vero che non si riesce a trovare manodopera disposta a praticare questa attività. La piccola agricoltura è scomparsa da tempo. Sopravvivono modeste attività commerciali e artigianali destinare a finire con l’avanzare dell’età pensionabile dei titolari.
L’unica possibilità di sopravvivenza per Castel del Monte, e anche per gli altri Comuni interessati all’aggregazione, potrebbe essere il turismo. Certamente non quello attuale che consiste, unicamente, nella presenza, limitatamente al solo mese di agosto, dei paesani che tornano in quel periodo, accompagnati da alcuni membri della famiglia. Allora, bisognerebbe pensare ad un altro tipo di turismo, tutto da inventare, capace di richiamare l’attenzione degli interessati per tutto l’anno solare.
Una volta definita l’architettura del progetto, bisognerebbe avere l’abilità di coinvolgere: il Comune per la soluzione dei problemi di competenza; la Provincia per il mantenimento e la percorribilità delle strade provinciali, specialmente nel periodo invernale; L’ANAS, che oggi fa capo alla Provincia, per i provvedimenti innanzi citati; la Regione, per fornire idee, suggerimenti e supporto per una corretta programmazione di sviluppo socio economico e per l’accesso rapido ai finanziamenti regionali, nazionali e comunitari; la Fondazione della Carispaq che, tra i tanti compiti, persegue il fine del finanziamento dei progetti meritevoli per il sostegno e lo sviluppo delle attività culturali, artistiche, sociali, sanitarie, sportive, etc.
Per quanto riguarda il turismo invernale, ci sarebbe una unica possibilità da curare e perseguire: lo sci di fondo. In tal senso l’iniziativa era partita con il piede giusto, tanto da inserirsi nei grandi circuiti nazionali.
Per lanciare e consolidare il settore sembrerebbe opportuno non limitare l’attività ad una sola manifestazione, ma bisognerebbe allargare l’orizzonte ad altre gare del genere, impegnando i settori dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, delle donne e dei senior, allo scopo di arricchire di presenze il territorio. Naturalmente, in caso di sviluppo del settore, andrebbe rivisto e migliorato l’attuale percorso. Inoltre, andrebbero creati tracciati alternativi per consentire ai bambini e agli anziani di praticare questa disciplina in completa sicurezza e per non creare intralcio a coloro che praticano lo sport agonistico.
Non si può pensare ad un incremento di uno sport di massa che, a volte, può portare sui campi di neve qualche migliaio di persone se, contestualmente e gradualmente non si provvederà a dotare la zona dei servizi indispensabili, attualmente inesistenti.
Le condizioni ambientali ci sono tutte, anzi, alcune di esse non si rinvengono negli altri territori regionali. Molti aquilani hanno provato a frequentare la Piana di Campo Felice, ma hanno desistito per la mancata tracciabilità delle piste di fondo e per l’eccessivo affollamento degli impianti, specialmente nei giorni di fine settimana. Altri hanno tentato di portarsi in quota all’Albergo di Capo Imperatore e ben presto hanno abbandonato l’idea, per la difficoltà di scendere a valle con gli sci da fondo. La categoria degli appassionati del fondo è in continua crescita, anche perché la scelta appare condizionata dalla crisi economica che sta invadendo il Paese. Allora, una accorta Amministrazione, con un potenziale bacino di utenza del genere, non dovrebbe farsi sfuggire l’opportunità di perseguire una delle poche occasioni di sviluppo del proprio territorio.
Non basta. Al turismo invernale dovrebbe essere aggiunto anche quello estivo e, in collaborazione con il Parco Nazionale, occorrerebbe portare all’attenzione nazionale e internazionale il territorio di Campo Imperatore. Nell’eventuale predisposizione di un programma di sviluppo del genere, occorrerebbe favorire l’afflusso turistico nei mesi di maggio, giugno, luglio, settembre e ottobre. È stato volutamente omesso il mese di agosto, in quanto il ritorno dei numerosi nativi comporterebbe seri problemi per i turisti, ad iniziare dalla carenza dei parcheggi e degli alloggi. Quale potrebbe essere una soluzione ottimale? Sarà necessario effettuare una breve considerazione per meglio chiarire le idee. Basterebbe pensare che nel 1923 il paese contava 3188 abitanti e queste persone trovavano sistemazione nelle rispettive case dell’epoca. Oggi Castel del Monte raggiunge virtualmente 441 abitanti. Virtualmente, perché, diverse famiglie, in particolare gli anziani, si trasferiscono a L’Aquila, a Pescara, a Roma per trascorrere i mesi invernali con i propri figli. Queste premesso potrebbero consentire l’avanzamento della ipotesi di una disponibilità di circa 2747 posti letto “virtuali”.
Tenuto conto, inoltre, che molti degli immobili sono stati opportunamente ristrutturati e dotati dei servizi igienici, idrici, elettrici e della fornitura del gas per la cucina e il riscaldamento, si potrebbe pensare di mettere a profitto una parte di questi immobili, creando una ricettività di tutto riguardo, favorendo il convogliamento di quei flussi turistici che oggi si orientano verso i territori più attrezzati per la ricettività a basso costo.
Il Comune dovrebbe operare razionalmente e con costanza per convincere i proprietari degli immobili per metterli a disposizione per almeno dieci mesi l’anno. In cambio, potrebbe anche offrire uno sconto della tassa IMU per una percentuale del 50%, tanto poi i fondi rientrerebbero in qualche modo con la presenza turistica e il conseguente aumento del PIL comunale. In questo modo si potrebbero creare anche nuovi posti di lavoro per i giovani che potrebbero essere invogliati ad aprire delle agenzie di servizio per i turisti. Potrebbero nascere nuovi bar, ristoranti, locande e, perché no, anche piccoli alberghi a conduzione familiare come quelli Valdostani.
Questi mie modeste riflessioni, naturalmente andrebbero condensate e sviluppate nella progettazione di una organica e razionale programmazione, aprendo il discorso alla collaborazione attiva e costruttiva di tutti coloro che vogliono concorrere a salvare i nostri borghi, diversamente destinati a scomparire definitivamente nell’arco di pochi anni.
[i]*sottotenente[/i].