Di Pangrazio abbatte il ‘campanile’

17 maggio 2014 | 17:03
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Di Pangrazio abbatte il ‘campanile’

Accolto a furor di popolo Peppe Di Pangrazio nella sua serata aquilana alla Dolce Vita.

Superati i campanili, L’Aquila accoglie a braccia aperte il candidato marsicano che continua la sua ascesa di gradimento verso le vette di questa competizione elettorale.

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Nonostante le temperature polari, ieri sera il piazzale del famoso locale aquilano pullulava di gente e l’interno ancora di più.

Si è fatto attendere il consigliere uscente la cui agenda appare sempre più fitta di appuntamenti in tutti gli angoli dell’entroterra aquilano. Il territorio, infatti, risponde in modo recettivo e stimolante alle provocazioni lanciate da Di Pangrazio.

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Parla in modo semplice nei suoi discorsi, come farebbe il vicino della porta accanto, e per questo le sue parole hanno appeal e fanno presa sul pubblico.

Molti volti noti in platea che continueranno ad animare le male lingue santagnesine; intanto mentre gli aquilani continuano la battaglia fratricida, i cugini marsicani si stringono per rafforzare la promozione di tutti i territori interni, nel futuro governo regionale.

Di Pangrazio, nell’incontro pubblico con i cittadini, ha affrontato i nodi centrali del suo programma per l’Abruzzo e in particolare per la provincia aquilana ribadendo la necessità di una integrazione virtuosa tra l’area aquilana, della valle peligna, della marsica e dell’alto sangro.

«Chi si candida per rappresentare i cittadini nell’istituzione regionale – ha sottolineato Di Pangrazio – ha l’obbligo di individuare politiche che siano aperte al rapporto tra i territori. Molto spesso l’operato va nella direzione opposta e miope, quella del campanile, che tende a mettere a fuoco le necessità di un singolo centro dimenticando il contesto più complesso entro il quale viene a collocarsi.

Lo abbiamo visto con l’Aquila e l’aquilano: il terremoto ha colpito terribilmente la città e il cratere ma contemporaneamente ha riverberato il suo effetto su tutta la provincia e la regione. Lo stesso accade alla Valle Peligna e Sulmona. La crisi economica di quest’ultima si è ormai diffusa sui piccoli centri dell’intero territorio rendendoli più fragili e disagiati».

«Non è più possibile una gestione amministrativa della cosa pubblica che si alimenti e contemporaneamente si ‘foraggi’ con l’esaltazione dei campanili. La continua lotta intestina nei territori ha rallentato e limitato dannosamente aree di grande importanza strategica. Se vogliamo cercare seriamente di lavorare per i tutti cittadini è necessario attuare una rivoluzione prima di tutto culturale. Una rivoluzione che tenda a far cadere ogni resistenza campanilistica a favore di una continua apertura all’integrazione tra territori: a partire dalla grande divisione attuata nei fatti tra area costiera e area interna, fino ad arrivare alla frantumazione di ampie zone territoriali in piccoli centri, ognuno separato e in competizione con il proprio vicino.

Pensare di coltivare il proprio orticello senza preoccuparsi minimamente dei territori contigui, significa prima o poi subire le azioni dall’alto senza avere la forza di contrastarle. Pensare di poter far vivere i piccoli centri sulla morte dei suoi vicini è una strategia miope che a lungo tempo andrà a colpire anche i ‘campanili’ attualmente più forti. Questo deve essere il senso più profondo della politica di coesione territoriale – conclude Di Pangrazio – questo deve essere il senso più profondo dello spirito di una politica regionale».