
di Enrico Cavalli*
La [i]reunion[/i] di ex giocatori, tecnici e dirigenti dello Sporting Club del Tof cade in coincidenza delle polemiche cittadine per la sostituzione del glorioso campo della Pgs Oratoriana con terreni per volley, basket e calciotto.
Emerge, allora, la necessità di un inquadramento del generale rapporto fra istituzionalità religiosa e sport, che, localmente, ha costituito un riferimento ideale per generazioni di aquilani approccianti ad una pratica ed educazione non prettamente agonistica.
E’ noto come ad inizio ‘900 l’istituzionalità religiosa, oltre il mito dell’olimpismo, abbia avuto il merito di sdoganare il fenomeno sportivo nel Paese. Un tradizionalismo ecclesiastico critico dell’agonismo, al pari dell’idealismo crociano e gramsciano, però, durava a concepire dello sport di massa. Le politiche fasciste in tema di educazione sportiva minavano l’autonomismo della Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche. Dopo il 1945, sorsero il Centro Sportivo Italiano ed associazionismo ”Libertas” in concorrenza di omologhi collettori sportivi nelle contrapposizioni partitiche. In questo ambito di discussione si stagliano i discorsi ”sportivi” del pontefice Pio XII, che poneva ad esempio dell’[i]atlheticism[/i], cioè, dello sport fisico inscindibile dall’etica, il campione Gino Bartali.
Nel Centromeridione, causa le difficoltà della Ricostruzione, gli organismi sportivo-religiosi conoscono un consolidamento nelle grandi aree urbane. In controtendenza, a questo dato, l’Abruzzo, per la pervasività sociale della sua ecclesialità. Sicché espressioni sportive legate alle parrocchie denotano punte di avanguardia per l’approccio degli stessi disabili alle pratiche ginnastiche.
A L’Aquila restava un importante sviluppo di settore grazie a dinamici prelati formatisi nell’era degli arcivescovi Confalonieri e poi Stella, per la Libertas e stessa storica presenza degli Ordini religiosi; si pensi alla palestra e al tennis al Collegio gesuitico in via Lalle Camponeschi e ai campetti di calcio, pallacanestro e pallavolo dell’Opera salesiana al quarto di San Pietro.
L’Ordine dei Frati Minori Francescani di San Bernardino, fra le due succitate opzioni di pratica sportiva e mancando di spiazzi adiacenti alla sede conventuale, coltivava il calcio-balilla e il pongismo a corollario della formazione religiosa per ragazzi e ragazze.
Il quadro agonistico aquilano all’inizio degli anni ’50, ove si inserivano quei sodalizi sportivi, era quasi metafora di un capoluogo abruzzese stretto fra corti circuiti civici e capacità di porsi nazionalmente; nonostante impianti moderni, il numero di praticanti restava basso nelle discipline minori fossero a squadra o individuali, i picchi erano nelle rappresentative del calcio e rugby, proiettate alle serie professionistiche.
Poste la frange giovanili a ridosso del centro storico, Padre Casimiro Centi e i suoi più stretti collaboratori del Tof predisponevano le attività sportive della Gifra, da cui, nell’ottobre 1958, lo Sporting Club di via Vittorio Veneto. In omaggio al Santo Francesco di Assisi, furono il bianco a fascia trasversale cangiante, secondo la moda d’epoca, i colori di questa Polisportiva retta dal volontarismo dirigenziale e agonistico di personaggi anche dai ruoli notabilari, quali il senatore Achille Accili, Antonio Congiu, Giulio Tracanna, Giuseppe Vicentini, Paolo Olivieri, Ermenegildo De Felice, Giancarlo Chiodi, Giampiero Berti De Marinis, Vittorio Spadolini, Ugo Coletti, Remo Visioni, Mario Capezzali, Giuseppe Azzarone e Giorgio Splendiani.
Diverse le affermazioni disciplinari dello Sporting Club del Tof, in virtù dei tricolori del pongismo, dell’AmSporting in lotta con la Pgs Oratoriana per il titolo di seconda realtà calcistica cittadina, del volley femminile in cadetteria nazionale, prima della sua dismissione nell’agonismo iperprofessionistico di metà anni’80.
Questa epopea impone di riannodare i fili di una più generale tradizione sportiva d’ambito religioso, mai disgiunta dalla promozione morale delle leve giovanili aquilane.
I segnali recentissimi non vanno in questa direzione, a fronte della notizia della cancellazione del campo glorioso del più antico sodalizio sportivo religioso della nostra città. Ci riferiamo al terreno del Don Bosco, laddove, almeno una volta, dagli anni Trenta, ogni aquilano si sarà recato, se non per calcarlo, ad assistere agli incontri della Pgs Oratoriana, un tempo degli Acconcia, Masci e Bettini e poi dei Centi e Catelli; e di altri tanti atleti in biancazzurro che, sotto la guida di tecnici-maestri come Zazurian, Piselli e Bernardi, hanno tenuto alto il nome dello sport cittadino in Italia ed oltre confine.
Non entriamo nel merito di un discorso relativo al fatto che per la Figc (si è espressa, ufficialmente!?), ebbene, non sarebbe omologabile il rettangolo di giuoco salesiano e da cui la sua indotta trasformazione ad uso di altre discipline sportive. Fondamentale è che le parti in causa, da Don Roberto Formenti, rettore dell’Opera Don Bosco alle partizioni amministrative locali, addivengano in spirito dialogico ad una risoluzione del problema in piena sintonia alle esigenze di tutela collettiva di quell’antico campo cittadino e manifestate dalla stessa comunità salesiana. Magari col contributo di sottoscrizioni della gente autenticamente aquilana, al fine di eternare un luogo simbolo di un capoluogo di regione che solo a partire dalla propria identità potrà vincere la difficile sfida della ricostruzione post 2009.
*storico