
di Valter Marcone
Dolce color d’oriental zaffiro
affascina per sempre i miei occhi
e stanotte spossessa questo mio cuore
che l’ombre lontane
della vita ormai passata, della vita
ormai vissuta divaghino
nel discorso d’amor che tutto
muove ora, ora che ti ho riascoltato.
“Dolce color d’oriental zaffiro“
così leggevo ad alta voce sul far della sera
e tu mi ascoltavi in silenzio
là, su un terrazzo di gerani appassiti
con un po’ di sole
e un vento appena freddo
per l’imminente autunno
e io non sapevo resistere alla voglia
di guardarti e solo guardarti.
E adesso madre che tutto traballa
e quando vengo a trovarti
non faccio a tempo a parlare
a parlare
che non riesco mai a raccontarti
tutto, adesso madre
che le bollette di luce gas e acqua
si susseguono a ritmo incessante
perché mai s’arrestano i giorni,
i mesi e gli anni,
adesso che il tuo tempo dilatato
da un eterno sussurro sa accogliere
e raccogliere le mie parole, adesso
ti guardo ancora su una foto
ormai d’altri tempi e ti prego
non abbandonare quella foto anche tu
e mi vengono alle labbra i versi
del mio poeta che non so a chi leggere ad alta voce:
“[i]Forse il confine tra il reale e il sogno…” mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
“Non in questa vita in un’altra“ esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo sguardo di te fiera che ostenti altri pensieri
del mondo di cui porti, e forse li desideri ancora
invano le carezze e il giogo[/i]“.
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