
di Raffaella De Nicola
Non puoi sentirla questa musica che sale dalla terra, risale le fratture e ritma le parole . . . non puoi sentirla se non te la vai a cercare perché non è commerciale, è il suono del dissenso, della protesta che fluttua fra le note di un diagramma musicale, le rime baciate, le assonanze e le allitterazioni della musica rap.
Un canto del sociale, con le teste incappucciate nei video, frangenti di breakdance a comporre le altre serate, quelle alternative al Be One o Set, nell’Asilo occupato o nei locali di Aq music festival che rastrellano le energie underground, le plasmano e le pubblicano in produzioni spesso indipendenti, colonne sonore di una terra, di un momento, che fissano una storia.
I gruppi musicali aquilani riportano nelle loro sperimentazioni, alcune riuscitissime, flussi che nascono nelle strade, fra i giovani, e con la metrica dei versi rivendicano e denunciano il buio graffiante di una rete sociale smagliata, fiume sotterraneo e parallelo ai nostri pensieri.
Ma non solo rap. Le note si mischiano e agganciano sonorità diverse: Dogma 88, Dabadub Sound System, Zonarossakrew (zrk), Dannylife, Extant (ex Irata manet), Metro’, i Malìa, i Maxiata, i Dem, e chissà quanti ancora, superano la tradizione consolidata di musica classica da sempre identificativa della cultura aquilana, mentre i Souleloquy + Keso&Matia con il bel pezzo [i]Dalle Parti Mie[/i] spolverano il perbenismo aquilano muovendosi sulle ombre di oggi nell’asciutto video girato in centro storico.
Questa è un’altra storia, di chi vuole raccontare e raccontarsi con immediatezza e disillusione, rabbia, non c’è il bel finale, con il linguaggio universale che partorisce la creatività dalla sofferenza, come un vulcano che erutta, questa terra aquilana post sisma, voragini artistiche: dall’enorme produzione libraria, alle arti figurative, documentarie e musicali, in mille autostrade che la capacità umana asfalta per creare, scuotere, emozionare e condividere in un città che cerca.
Ma il suono di questa terra, la sua voce, è sincera, brutale quasi, e ha impacchettato con l’irriverenza ed il sarcasmo tipicamente aquilani la rivisitazione, strepitosa, di qualche anno fa, della canzone di Jovanotti [i]Domani[/i] con la collaborazione di sessantatrè artisti locali in [i]Doma’[/i], sferzante manifesto di un’ironica vitalità che spacca, supera, esorcizza.
In fondo, qualunque linguaggio espressivo si adoperi, si racconta sempre la stessa storia d’amore. Quella che nutre e uccide, ti stana e non ti lascia, come un’ombra sull’ombra in uno skyline imperfetto di una città che attende.