Avezzano: «onore a nostra figlia, la Repubblica»

2 giugno 2014 | 21:01
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Avezzano: «onore a nostra figlia, la Repubblica»

di Gioia Chiostri

I sogni di allora rievocati in un battito di mani. Al di sotto di un cielo turchese e al di sopra di una terra generosa – quella marsicana – si è tornati, oggi, a parlare finalmente di Repubblica: la figlia di due genitori spesso non presi troppo in considerazione, quali la madre Istituzione e il Popolo sovrano.

Avezzano, in occorrenza del 68esimo anniversario della proclamazione della Repubblica Italiana, avvenuta il 2 giugno del 1946, allorché la parola democrazia divenne pane quotidiano, alza oggi la propria testa di città capofila marsicana, per guardare un po’ più a fondo i valori che la vecchia generazione tenta di trasmettere e le idee che la nuova tenta di far nascere. Due facce della stessa medaglia, quella indossata sul petto da molti, che provano a convivere «nonostante la mela marcia della non tolleranza».

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Tricolore in ogni dove, anche fra i giovani. Ed è questo l’augurio più bello, come, d’altronde, ci tiene a sottolineare il sindaco di Avezzano, Gianni Di Pangrazio, che ha detto: «La Repubblica compie 68 anni oggi e in questa piazza così gremita quale quella Repubblica, assaporo come l’Istituzione venga ancora rispettata, nonostante la disgregazione dilagante che ha investito per forza di cause maggiori la più giovane generazione. Eppure, nonostante la crisi di valori, ad Avezzano e nei comuni limitrofi cresce a dismisura il seme del volontariato.

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Questo due giugno mi fregio di ricordare non solo le forze armate tutte, la Guardia di Finanza, la Marina, la Forestale o il corpo dei Vigili del fuoco, ma anche chi dietro le quinte di un proscenio disastroso, lavora senza sosta e senza retribuzione. Sono i nostri ragazzi che, cresciuti in una patria che ancora e per fortuna può dirsi tale, cercano il loro collante nell’aiuto verso gli altri. I giovani vogliono fare associazionismo in Italia e noi istituzioni non dobbiamo essere sorde ai loro bisogni. Sono loro la nostra forza.

Gli errori del passato non vanno enfatizzati, anche se ci sono stati, ma superati stando vigili, presenti e pressanti. Mi riferisco anche ai due marò bloccati in India. Sono due ragazzi che aspettano solo di tornare a casa dalle proprie famiglie; impariamo dagli errori, superiamoli e andiamo avanti più coesi di prima, prefiggendoci sempre un obiettivo comune che sia condiviso anche dal Popolo, vero sovrano della nostra Penisola».

«Arma indispensabile inoltre per la crescita culturale e democratica del nostro paese – continua il primo cittadino – è l’autocritica: prima, ad esempio, esisteva il servizio di leva, che poi per varie vicissitudini è stato troncato. Ebbene, a mio avviso, questa mancanza ha fatto scompaginare un poco quel legame alla bandiera che prima era senza dubbio più presente e costante.

Chi lo maturò, si ricorda bene quanto fu faticoso ma anche educativo in merito al rispetto osservato verso il nostro Stato. L’Italia difetta del legame popolare, difetta dello spirito nazionalista che è proprio, invece, di altri paesi europei. Ciò si dovrebbe insegnare sin dalle scuole; piccoli dettami come il rispetto verso la bandiera tricolore o l’inno nazionale, dovrebbero essere appresi in tenera età. Solo così il due giugno potrà essere davvero la festa di tutti e davvero la commemorazione del ricordo di tutti».

E in un battito di mani poi, il pensiero è volato a loro, a chi la guerra non la volle, ma la combatté per orgogliosa disperazione. Corteo del ricordo incominciato a piazza Matteotti, dedicata, per l’appunto, a chi la tirannia volle sconfiggerla con le parole. Qui ha avuto luogo la deposizione della corona d’alloro al monumento dei caduti del mare. Corona portata onorevolmente da due marinai veterani. E di parole si è riempito anche il popolo circostante. Tutti hanno partecipato al canto dell’inno, suonato magistralmente dalla banda dei Leoncini d’Abruzzo, proveniente da Pescina. Il corteo ha proseguito poi per via Garibaldi, via Corradini e via Marconi, preceduto da una grandissima bandiera tricolore, larga come la strada stessa e portata dai volontari dei vari gruppi associazionistici e di mutuo soccorso avezzanesi.

Il prefetto di L’Aquila, Francesco Alecci, capeggiava la testa d’onore del corteo e, una volta giunto al punto d’incontro sito a Piazza della Repubblica, così ha parlato al popolo di Avezzano: «Sono straniero nella vostra terra, ma in questo anno e mezzo che sono stato prefetto della provincia di L’Aquila, ho imparato a conoscere la bellezza di questo territorio ed oggi sono onorato di poter festeggiare il 2 giugno ad Avezzano.

La generazione che ereditò il gran valore della costituzione italiana e con essa i suoi ideali e il suo spessore, non seppe forse capirla sino in fondo, andando a scontrarsi, per vie di alcune scelte sbagliate, con un periodo di declino. Il decennio che seguì alla seconda guerra mondiale fu un decennio costruttivo, in pieno fermento. Furono i ragazzi a scendere in piazza e a gridare il loro amore per una patria ritrovata.

Oggi ad ogni angolo scorgiamo un problema da combattere, un cedimento del tessuto sociale da attutire. Questo deve farci capire quanto la coesione si sia disgregata sotto i colpi della non onestà. Io credo che il popolo sia fondamentalmente onesto e consapevole, che non sia distratto. Ed è a questo popolo lungimirante che mi rivolgo oggi: dai l’esempio ai tuoi figli, fa che essi imparino cosa sia la legalità da te solo ed educali in nome dell’accoglienza e mai della violenza».

E proprio con il massimo significato dell’accoglienza si è chiuso il festante corteo repubblicano. Giunti ad Avezzano dopo tre giorni di peregrinazioni per la Valle Roveto e la Marsica tutta, i 300 pellegrini del Cammino dell’Accoglienza, hanno salutato il popolo presente rendendo omaggio alla festeggiata Repubblica Italiana. Sergio Natalia, uno dei marcianti che ha deciso di intraprendere il cammino alla sua prima edizione, così ha ricordato il senso estremo del loro operato: «Noi abbiamo deciso di camminare sui luoghi memori del nostro territorio. La violenza, la ribellione, la gloria, il sacrificio ci hanno accompagnato per tutto il percorso che è partito il 31 maggio scorso.

Ci siamo incamminati dal castello di Balsorano e siamo arrivati al Castello di Avezzano a piedi, cercando di ripercorrere la storia dei nostri avi. Nessun ostacolo ci ha impedito la via, in ogni paese siamo stati accolti benissimo e sfamati nel corpo e nell’anima». Il cammino dell’accoglienza, quest’anno alla sua prima realizzazione, ha toccato tutte le ‘medaglie d’oro’ e i monumenti alla resistenza siti nella Valle Roveto, come ad esempio il monumento ai 33 martiri di Capistrello.

Cai Avezzano e Cai Valle Roveto lo hanno voluto chiamare cammino dell’accoglienza proprio perché si prefigge lo scopo di ricordare non solo i combattenti di guerra ma anche tutti i profughi dei vari conflitti bellici. «Accoglienza è dividersi il pane che non c’è. – conclude Natalia – Io propongo oggi una sfida: il 2 giugno del 2015 tanti cammini dell’accoglienza si ritroveranno in questa stessa piazza per ricordare assieme il centenario del terremoto».

E’ festa nazionale, ma ogni località la festeggia a suo modo. Il tricolore sventola nei cuori, le nuvole cariche di tempesta passeranno. L’Istituzione e il Popolo oggi più che mai sono scesi insieme in piazza per dare una patria ai loro misconosciuti eroi, i soldati per caso non tornati a casa.

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