Parco Abruzzo, trovato orso esanime

9 giugno 2014 | 17:43
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Parco Abruzzo, trovato orso esanime

Questa mattina, durante una perlustrazione di servizio, le guardie del Parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise hanno rinvenuto, in località “Prato Cardoso”, la carcassa di un orso.

Sul luogo del ritrovamento sono intervenuti gli uomini del Servizio di Sorveglianza, il veterinario, il personale del Servizio Scientifico e gli agenti del corpo forestale, che hanno provveduto a fare tutti i rilievi necessari. Sul posto anche il presidente del Parco Antonio Carrara, che ha voluto rendersi conto direttamente dell’accaduto.

La carcassa è stata recuperata e nel primo pomeriggio è stata trasportata a Pescasseroli. L’avanzato stato di decomposizione non permette di formulare un’ipotesi verosimile circa la morte del plantigrado. Al momento, è noto soltanto che si tratta di un individuo di sesso maschile adulto di circa 14 anni di età, conosciuto dai ricercatori del Parco con il nome di Ferroio. La carcassa sarà trasportata in un centro specializzato per sottoporla a necroscopia per accertare le cause della morte.

«É presto per fare qualsiasi ipotesi – ha commentato Carrara – Aspettiamo l’esito degli esami necroscopici per capire meglio chi o che cosa abbia causato la morte dell’orso. Il luogo particolarmente isolato e di montagna dove é stata ritrovata la carcassa ci fa comunque pensare che l’uomo c’entri poco in questa storia».

L’orso trovato esanime oggi é il sesto plantigrado morto dall’inizio dello scorso anno. L’ultimo nel mese di marzo, la cui morte sarebbe avvenuta per una forma di tubercolosi. Proprio per accertare se la malattia che ha colpito l’orso sia riconducibile a un micro batterio sviluppato dai bovini di allevamento, si attende l’esito delle analisi del’Istituto Zooprofilattico di Brescia. «Ci stiamo muovendo su più fronti per arrivare a capire quale sia il batterio che sta colpendo molti animali selvatici tra cui l’orso – prosegue Carrara – fondamentale sarà il gruppo di lavoro nominato dal ministero della Salute, che dovrà studiare le cause e quindi, le misure più efficaci per tutelare gli animali selvatici dalle malattie per loro letali come la tubercolosi».

Intanto dai prossimi giorni saranno sguinzagliati all’interno dell’area protetta i cani antiveleno già utilizzati nel progetto “Life” del Parco nazionale del Gran Sasso, progetto che sarà adottato anche dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.