Monsignor Carlo Confalonieri tra guerra e ricostruzione aquilana

16 giugno 2014 | 21:21
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Monsignor Carlo Confalonieri tra guerra e ricostruzione aquilana

di Enrico Cavalli*

Ad un anno dall’ingresso dell’Italia nella II guerra mondiale, l’[i]Archidiocesi aquilana[/i] contemplava la chiusura della fase pastorale di Gaudenzio Manuelli. A guidare i tanti e devoti fedeli aquilani, per disposizione di Pio XII, fu il monsignore Carlo Confalonieri, nato a Seveso da famiglia artigiana il 25 luglio del 1893, ordinato sacerdote alla Gregoriana e cappellano militare alla Grande Guerra. Nel 1921 era stato segretario personale del primate milanese Achille Ratti, il futuro papa Pio XI.

Per taluni osservatori, il fatto che Confalonieri fosse entrato in città dalla piazza della fontana Luminosa significava una sorta di omaggio alla Grande Aquila di un Adelchi Serena ministro dei LL.PP. e poi capo del PNF. Quanto ad atti ufficiali e orizzonti profondi palesati dal presule milanese, ebbene, essi sarebbero stati tutt’altro che ossequiosi al regime fascista.

Nelle stessa realtà seminariale e laicato religioso permaneva l’eco sia del Popolarismo di Vincenzo Rivera che delle vessazioni subite nel 1930-31 dall’Azione Cattolica e si rifletteva nelle encicliche antitotalitarie di papa Pio XI ‘[i]Non abbiamo bisogno[/i]’ del 1931, ‘[i]Mit Brennender Sorge[/i]’ e ‘[i]Divini Redemptoris[/i]’ del 1937 ‘.

Grande era la soddisfazione di Confalonieri in una missiva indirizzata a Giulio Andreotti succeduto, alla presidenza della FUCI, ad Aldo Moro, per la ricostituzione del segretariato fucino aquilano intitolato significativamente per la parte maschile al cristiano sociale Giuseppe Toniolo e per quella femminile a Piergiorgio Frassati, tanto vilipeso dal fascismo sabaudo.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Aquilano facente parte dello scacchiere di difesa dei nazifascisti contro gli Alleati, conosce suo malgrado la sequela di cruciali fatti bellici: nel 1943, il 12 settembre la liberazione del Duce Benito Mussolini a Campo Imperatore da parte della Wermacht; il 23 settembre l’eccidio alle Casermette di nove giovani aquilani; l’8 dicembre il bombardamento alla stazione ferroviaria e Zecca di Stato col tesoro dell’esercito germanico; nel 1944 l’11 maggio gli attacchi aerei a Rocca Di Mezzo e Di Cambio; il 7 e 11 giugno le stragi nazifasciste a Filetto ed Onna, prima del 13 giugno di Liberazione.

L’[i]Archidiocesi[/i] fu esempio tangibile della linea politica adottata in tempo di guerra dal Vaticano di papa Pio XII, in coerenza ineludibile ai valori cristiani, sotteso ad assistere sfollati e dare rifugio agli oppositori, chiunque fossero, del totalitarismo nazifascista in chiese e conventi disseminati in Italia. Monsignor Confalonieri aveva messo a disposizione, risorse personali e oggetti del suo corredo sacro per la salvezza di ogni vita italiana o straniera, senza timore delle reazioni della RSI e Wermacht, cui rifiutò ogni tipo di appoggio morale e logistico, anzi adoperandosi per mettere al riparo quanti più pezzi di arte sacra aquilana ed abruzzese da razzie di occupanti e bombardamenti Alleati.

D’intesa con il Sostituto segretario vaticano, il futuro Paolo VI, unico e solo alto prelato fuori la curia romana, Confalonieri ricevette in segreto dalla comunità israelitica internazionale ingenti somme di denaro destinate all’aiuto di centinaia di ebrei d’Abruzzo e provenienti da Roma e dall’estero.

Causa il bombardamento dell’8 dicembre 1943 alle Officine carte e valori della Banca d’Italia, sempre Confalonieri riceveva dal governatore dell’Istituto di emissione Vincenzo Azzolina il modello delle banconote da mille lire e 90q di carta, occultandole alle trippe germaniche. Quella che fu definita come la valorosa resistenza ‘bianca’, così esperita dal più genuino movimentismo cattolico aquilano capitanato dal canonico Giuseppe Di Loreto e da Amalia Agnelli, a sprezzo di ogni pericolo provvide a dare asilo ai prigionieri Alleati, ebrei e partigiani.

Riguardo al silenzio sull’eccidio alle Casermette, oltre il naturale conforto religioso a quelle vittime innocenti, che fosse stata una decisione presa in buona fede presa dall’[i]Archidiocesi[/i] valga quanto essa si sia sempre opposta con successo alle tante sentenze capitali e di deportazione del tribunale speciale nazionalsocialista operante a L’Aquila. Senza contare la diplomazia febbrile svolta da Confalonieri per persuadere la Wermacht e i repubblichini a rinunciare alla distruzione di edifici e ponti dell’Aquilano sull’abbrivio della venuta degli Alleati. Nei più drammatici momenti cittadini, Confalonieri aveva invocato la protezione della Madonna del popolo aquilano, in un atmosfera di devozione che portò gli agiografi d’epoca a denominare il biennio 1943-44 come luminoso per la storia ecclesiastica.

Il tempo di profondissima spiritualità, andava oltre la Liberazione e gli aquilani lo palesarono tramite il quinto centenario di San Bernardino e poi della sua canonizzazione, il tredicesimo cinquantenario della incoronazione di CelestinoV con esposizione delle reliquie sacre, la ricognizione dei venerati corpi delle beate Antonia e Cristina da Lucoli, l’elevazione consacrata da PioXII di San Vittorino a compatrono della città.

Il culto mariano assunse crismi di enorme penitenzialità collettiva a piazza Duomo, poi, l’effige della Madonna di Roio riportata al suo Santuario da interminabile processione di gente devota a ciascuna delle tredici sacre edicole pretese da Confalonieri. Cornice di fede ebbero i cortei per la incoronazione della Madonna di Cittaducale, D’Appari, dei Colli di Barete e infine della Madonna del popolo aquilano venerata alla chiesa di San Marco.

Nell’aspra tensione ideologica, Confalonieri curava la comunicazione sociale con il periodico “Voce Amica”, attento alle questioni sul tappeto nazionale e a quelle schiettamente municipali. Tale foglio nel marzo del 1947 sottolineava quanto Confalonieri sovvenisse le famiglie bisognose, distribuendogli generi di ogni necessità; sostenne la città chiamata a difendere il titolo di capoluogo regionale quanto ad ottenere il ritorno delle istituzioni universitarie e la prospettiva del collegamento autostradale con Roma e l’Adriatico; una velata polemica ebbe con altri giornali locali per ridenominare “San Salvatore” la scuola elementare del centro storico poi intitolata ad “Edmondo De Amicis”.

L’[i]Archidiocesi[/i], tramite intraprendenti prelati stimolava le stesse ACLI alla fondazione di “IlRisveglio d’Abruzzo” per una dialettica fra Chiesa e parte laica di alto tenore culturale e democratico.

La ripresa del cattolicesimo aquilano aveva ripercussione nella libera attività politica ed epocali tornate elettorali del 1946 e 1948 per via di una maggioranza netta alla Democrazia cristiana di Lorenzo Natali l’alter ego in Abruzzo, causa la scelta monarchica di Vincenzo Rivera, del vastese Giuseppe Spataro. Nel mentre del rinnovamento arcidiocesano, Confalonieri nel 1950 fu richiamato a Roma, in qualità di Segretario della Sacra congregazione dei seminari e delle università, sicché la municipalità per gratitudine conferirà al cardinale milanese tra i candidati alla successione a Pio XII nel 1958, l’onorificenza di [i]defensor civitatis[/i].

Il patrimonio di idealità e di energie innestate, nel suo ”Decennio aquilano” da Confalonieri, sarebbe continuato in un lascito pastorale e civile condiviso dall’intera comunità al di là delle divisioni politiche di quegli anni.

*storico