
Conferenza stampa congiunta tra Procura, Finanza e Polizia di Stato per sintetizzare, ancora, alle telecamere del mondo, due anni di inchieste su presunte tangenti sulla ricostruzione aquilana.
{{*ExtraImg_206079_ArtImgRight_300x179_}}Oggetto di queste lunghe indagini, la ricostruzione delle chiese aquilane sottoposte a vincolo Mibac. Sembrerebbe, secondo le accuse, che tutto il sistema nato intorno alle due figure di Marchetti e della Mancinelli derivi dal tentativo di affidare direttamente e senza gara i lavori di ricostruzione di alcune chiese del centro storico aquilano. Essendo queste strutture ecclesiastiche adiacenti le case canoniche, gli indagati avrebbero, sempre secondo le accuse, tentato di modificare il Dpcm (decreto del presidente consiglio dei ministri) per rendere equiparate a case private le chiese in questione.
Sarebbe stata presentata alla presidenza del Consiglio dei ministri la richiesta di modifica per quelle chiese che condividevano un lato dell’edificio con la casa canonica, ma questa modifica non sarebbe stata accettata. A quel punto gli indagati, secondo gli investigatori, avrebbero comunque proceduto, a fronte di presunte mazzette, ad affidare i lavori ad aziende prescelte.
{{*ExtraImg_206080_ArtImgRight_300x219_}}Le dazioni sarebbero state, addirittura, filmate dagli inquirenti in un ristorante di Carsoli, punto di incontro abituale dei cinque indagati. In una occasione di scambio, gli indagati sarebbero stati filmati durante il riconteggio del denaro e il successivo scambio.
La dazione sarebbe dovuta ammontare, secondo le accuse, all’1% dell’importo, che, nel caso di una delle due chiese nell’occhio del ciclone, ammonterebbe a 19 milioni di euro, la mazzetta, quindi, [url”sarebbe dovuta essere di 190 mila euro“]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=105432&typeb=0&Nuova-bufera-sulla-Ricostruzione-la-prova-video[/url].
°[url”Nuova bufera sulla Ricostruzione, la prova video “]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=105432&typeb=0&Nuova-bufera-sulla-Ricostruzione-la-prova-video[/url]
PROCURA: «PAESE TRADITO» – «La grave crisi, la tragedia dell’Aquila e la grave ingenuità di chi è tenuto a essere ingenuo ci hanno fatto pensare che qualcuno tradisca il Paese, di qui l’indagine Betrayal». Lo ha detto il procuratore della Repubblica, Fausto Cardella, commentando, nella conferenza stampa di oggi, la nuova operazione su presunte tangenti nella ricostruzione che ha sconvolto il capoluogo di Regione colpito dal terremoto del 6 aprile 2009. Operazione che vede il lavoro congiunto di Polizia e Guardia di Finanza e che nasce da tre indagini collegate tra loro. «Il procuratore aggiunto di Milano, commentando le indagini sulla ndrangheta, ha messo in evidenza l’importanza della collaborazione tra forze di polizia. «Oggi non c’è indagine che non possa essere condotta unendo le diverse specificità. Non c’è pm che possa dirigere un’indagine se non è capace di coordinare più forze di polizia – ha aggiunto – Tutto questo all’Aquila c’è stato, senza gelosia, per tutto il tempo dell’indagine, due anni, che non è poco», ha concluso Cardella.
Il questore dell’Aquila, Vittorio Rizzi, ha parlato di «indagine condotta in perfetta armonia e senza sbavatura». «Non è questo il momento per anticipazioni di giudizio. Non esiste un sistema L’Aquila di malaffare, ma un sistema L’Aquila di prevenzione che smaschera le condotte illecite, poi saranno i giudici a decidere». Il comandante regionale delle fiamme gialle, Francesco Attardi, ha spiegato che «si è lavorato come se vestissimo una sola divisa, qualcuno ha detto che state facendo, questa è la risposta dopo due anni di lavoro in silenzio».
{{*ExtraImg_206081_ArtImgCenter_500x374_}}
«Non ci sarà un sistema L’Aquila, però nelle due indagini sugli appalti emerge un quadro ben definito di soggetti tutti interessati alla ricostruzione e ad aggiudicarsi appalti attraverso tangenti. Imprenditori, faccendieri, architetti, ingegneri, figure che mediano, funzionari pubblici». Questo il commento del capo della squadra mobile dell’Aquila, Maurilio Grasso.
{{*ExtraImg_206082_ArtImgLeft_300x176_}}«Ascoltando gli imprenditori emerge il concetto di dover pagare per lavorare all’Aquila. Non sarà una costante, ma nelle nostre due indagini il dato viene fuori. Dobbiamo continuare» ha spiegato Grasso.
Uno dei due pm titolari dell’inchiesta, David Mancini, ha sottolineato che «c’è stato uno scambio di soldi documentato in un ristorante di Carsoli tra quattro delle cinque persone arrestate».
Il comandante provinciale dell’Aquila della Guardia di Finanza, Giovanni Castrignanò, ha sottolineato che «è stato un piacere lavorare con la polizia, esempio di collaborazione come ne ricordo pochi, nel merito non c’è il sistema ma ci sono tanti soggetti che tendono a procurarsi vantaggi dalla vicenda aquilana».
Il comandante del nucleo di polizia tributaria dell’Aquila, Gianluca de Benedictis, ha spiegato infine che «considerando che è già difficile gestire una indagine all’interno di una singola forza di polizia, averlo fatto con la squadra mobile è notevole».
[i]Video LAqTv[/i]