
«Si è mosso con chiarezza in una questione di enorme complessità». Così l’avvocato Stefano Rossi, difensore dell’imprenditore Massimo Nunzio Vinci, finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Betrayal” su presunte tangenti negli appalti per la ricostruzione di chiese e monumenti.
L’indagato ha parlato per circa tre ore di fronte ai pm titolari dell’inchiesta, Antonietta Picardi e David mancini, alla presenza di un finanziere e di un poliziotto, rappresentanti dei due corpi che hanno condotto le indagini.
«L’interrogatorio più che altro si è basato sulla copiosa massa di intercettazioni – ha spiegato Rossi – quindi su fatti documentati».
Lunedì scorso Vinci si era avvalso della facoltà di non rispondere, nell’impossibilità di leggere e riflettere sulle carte processuali, rimandando a oggi il colloquio, questa volta con i pm.
Rossi ha annunciato che oggi presenterà al Gip l’istanza di scarcerazione o di domiciliari, «essendoci stato un notevole affievolimento delle esigenze cautelari».
E’ ancora in corso l’interrogatorio dell’altro indagato finito in carcere, la funzionaria della Direzione regionale dei Beni Culturali Alessandra Mancinelli, che ha seguito lo stesso iter di Vinci. Sono 20 gli indagati di questa inchiesta ai quali, a vario titolo, vengono contestate le ipotesi di reato di: corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio; falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; distruzione e occultamento di atti veri; uso di atto falso; turbativa d’asta; millantato credito; emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Dei tre ai domiciliari, l’ex vicecommissario ai Beni culturali alla ricostruzione Luciano Marchetti e gli imprenditori Patrizio Cricchi e Graziano Rosone, solo il primo stamani ha risposto alle domande del Gip.