
«È stata una riunione piuttosto tesa, nel linguaggio diplomatico si chiama ‘franco confronto’. Come Comune dell’Aquila abbiamo chiesto regole, quello che succede adesso era stato previsto e anche denunciato».
Così il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, al termine della riunione chiesta dallo stesso sindaco al prefetto, Francesco Alecci, del tavolo della ricostruzione, per discutere delle regole necessarie per normare la cosiddetta ricostruzione privata.
La istanza è stata reiterata all’indomani dell’arresto di sette imprenditori, di cui tre aquilani, nell’ambito dell’inchiesta della procura distrettuale antimafia abruzzese su presunte infiltrazioni dei casalesi nel cratere del terremoto.
«Ma la stalla si chiude quando i buoi sono fuggiti. Oggi qualsiasi arresto, un avviso di garanzia sul vice sindaco, gettano un’ombra sull’Aquila, sugli aquilani, sulla ricostruzione, ma non è colpa nostra – ha continuato -. La comunità aquilana aveva chiesto regole che non sono state date. Il mio intervento stamattina è stato abbastanza duro, deciso anche quello di Legnini».
«Credo di aver scoperto che gli operai edili dell’Aquila – ha aggiunto Cialente – dai muratori ai carpentieri, dai gruisti agli idraulici, devono essere tutti stupidi e incapaci perché non lavorano nella nostra città. All’Aquila e nel cratere lavorano manovali che vengono dal resto d’Italia, quindi mi chiedo se anche portare la ‘callarella’ richiede una particolare abilità che i nostri non hanno – ha continuato Cialente -. Al di là di vicende come quella che è al centro dell’attenzione dell’autorità giudiziaria, penso che sia bene che gli aquilani che hanno dato la commessa di ricostruzione a tante imprese aquilane, sappiano che non stanno facendo gli aquilani. È un modo per capire perché nel più grande cantiere d’Europa non ci sono operai aquilani. Allora non è capace nessuno di noi, dal sindaco alla Giunta».