
Il pastore abruzzese Roland, «è scappato o qualcuno lo ha rubato». Pierluigi Imperiale, direttore dei servizi veterinari dell’Asl dell’Aquila, spiega così il piccolo ‘giallo’ del cane scomparso nei giorni scorsi dal canile veterinario dell’Aquila.
La vicenda preoccupa molto gli animalisti. In particolare, l’associazione Animalisti Italiani onlus nei giorni scorsi ha diffuso una dura nota sulla vicenda, definendo il cane «misteriosamente fuggito dal canile sanitario o meglio volatilizzato nel nulla».
Il cane Roland, come spiegano gli animalisti, «era diventato la mascotte del Progetto Case di Roio 1, dove da circa un anno riceveva cure e amore dai tanti amanti degli animali che l’avevano accudito in tutti i modi e che gli permettevano anche di ripararsi dinanzi alle abitazioni». Lo scorso 20 giugno però, come racconta Claudia, una cittadina residente nel Progetto Case di Roio 1, «è stato prelevato dagli operatori del canile sanitario dell’Aquila poiché presentava delle lesioni traumatiche sul collo a rischio setticemia ed è stato ricoverato e curato in maniera ottimale dai medici veterinari del canile sanitario». Poi, lo scorso 8 luglio, spiega Claudia, «l’amarissima sorpresa»: «Roland non era più nella sua gabbia». «Ho chiesto immediatamente spiegazioni ai responsabili presenti all’interno del canile sanitario i quali con fare perplesso mi hanno risposto: il cane è scappato», aggiunge Claudia, ritenendo che «ovviamente la risposta non tiene» e sottolineando che i «cittadini del progetto C.a.s.e. di Roio 1 gridano voce alla verità e giustizia sulla sorte di Roland».
«Il cane è stato preso per delle cure di pronto soccorso – spiega Imperiale – Lo abbiamo curato e non abbiamo applicato subito il microchip perché l’animale presentava delle lesioni al collo e volevamo aspettare che queste ultime si rimarginassero. Domenica 6 luglio il cane non c’era più». «Sulla vicenda – chiarisce il direttore dei servizi veterinari dell’Asl dell’Aquila – chiaramente posso solo formulare delle ipotesi: il cane potrebbe essere stato sottratto dal canile o potrebbe essere scappato». In merito alla prima ipotesi, Imperiale precisa che «non sono stati rinvenuti segni di scasso», ma che comunque «resta possibile che qualcuno si sia introdotto nella struttura, anche perché la recinzione, alta circa 1 metro e 80 centimetri, è fatta per i cani e non per le persone». In merito alla seconda ipotesi, Imperiale fa presente che «il sabato precedente ci sono stati i fuochi d’artificio e che il cane potrebbe essersi spaventato e quindi potrebbe essere scappato».
«Dopo la scomparsa – aggiunge Imperiale – abbiamo subito attivato le ricerche, anche in collaborazione con le guardie zoofile. Comunque, se il cane non è stato preso da qualcuno, tornerà qui». Secondo Imperiale la vicenda è stata dunque «strumentalizzata» e risente di un «pregiudizio a monte».
Secondo l’iter che si segue in questi casi, dopo le cure, aggiunge il direttore dei servizi veterinari dell’Asl dell’Aquila, «il cane sarebbe potuto essere trasferito in canile o registrato come cane di quartiere». Una strada, quest’ultima, che alcuni abitanti del Progetto Case avrebbero tentato di percorrere. «Abbiamo presentato presso il Comune dell’Aquila insieme ad altre trenta persone del progetto Case di Roio 1 – spiega Claudia – una richiesta per il riconoscimento di cane di quartiere, figura riconosciuta dal regolamento comunale dell’Aquila numero 74 del 2002, nonostante ci fosse stato letteralmente imposto un no secco da un medico veterinario di turno al canile, con la spiegazione che la razza pastore abruzzese è un cane aggressivo adatto solo alla guardia dei capannoni. Ma noi di Roio non ci siamo lasciati convincere, presentandola ugualmente con l’obiettivo di far uscire al più presto Roland dalla gabbia del canile». Sul tema Imperiale precisa che «non si tratta di pregiudizi legati alla razza, ma sicuramente la mole del cane va tenuta in considerazione, anche se si ha a che fare con un cane tranquillo».
Immediata e durissima la reazione degli animalisti. «Ci aspettiamo risposte chiare rispetto a questo ennesimo spiacevole episodio di malasanità perpetrato a discapito di un randagio che merita giustizia e verità – commenta in una nota Walter Caporale, presidente nazionale di Animalisti Italiani Onlus – Ritengo impossibile che un cane maschio di pastore abruzzese di circa 50 chilogrammi riesca a saltare dal suo box di due metri quadri per due metri d’altezza, come fosse un cane levriero. Inoltre, la segnalazione della scomparsa del cane non è stata segnalata ad alcun mezzo di stampa e non sono state affisse locandine di smarrimento. Il povero Roland, inoltre, non è stato identificato con l’applicazione del microchip per tutto il periodo di permanenza al canile e quindi a questo punto ci domandiamo se è stata fatta denuncia di smarrimento o furto del cane volatilizzato nel nulla. Ricordo che il canile sanitario è una struttura destinata al primo ricovero e alla custodia temporanea di cani e gatti, deputata principalmente al ricovero di cani e gatti vaganti catturati, traumatizzati, maltrattati e all’isolamento e osservazione di cani e gatti cosiddetti “morsicatori” per la profilassi della rabbia. E se Roland fosse stato un cane morsicatore in attesa dei tempi per la manifestazione dei sintomi della rabbia? Chiederò al direttore generale della Asl 1 dell’Aquila, Giancarlo Silveri, che sia chiarita la dinamica dei fatti e quali urgenti provvedimenti previsti dalla legge si intenda prendere nei confronti di chi conosce la sorte del povero Roland, nonché il nome del medico veterinario di turno reperibile quella notte misteriosa. Si chiede, inoltre, che siano chiarite eventuali responsabilità della dirigenza del servizio veterinario di sanità animale della Asl 1 dell’Aquila – Dipartimento di Prevenzione che già possiede una condanna definitiva a 2 mesi e 10 giorni di reclusione pronunciata dalla Corte Suprema di Cassazione, avverso i due veterinari Asl dell’Aquila, Pierluigi Imperiale e Mauro Ponziani, che sono stati riconosciuti colpevoli nei tre gradi di giudizio dell’uccisione di nove cuccioli. Chiediamo che il problema del randagismo venga affrontato non in modo “punitivo”, come fosse una crociata contro i randagi, ma con sterilizzazioni, con una corretta informazione dei cittadini a riguardo dei cani di quartiere e dei randagi in generale, finora criminalizzati, e che tutto questo avvenga nel rispetto di leggi, regolamenti, codici deontologici medico veterinari».
«Nessun mistero», ribadisce Imperiale, che preferisce non rispondere ad «attacchi personali, peraltro su vicende risalenti a 10 anni fa». «Il microchip – spiega – non è stato inserito subito per le ferite al collo e le ricerche dell’animale sono state avviate, anche con il supporto delle guardie zoofile». «E’ stato alzato un polverone – conclude – su una vicenda assolutamente trasparente».