
di Gioia Chiostri
«Si vive meglio da cavaliere, la salita si affronta in due e la discesa si percorre con il battito della voglia di farcela contro tutti a mille». Lo ha detto uno dei cavalieri dell’Equiraduno tenutosi ieri ad Offeio, frazione del Comune di Petrella Salto, in provincia di Rieti. Se ci fosse una guida turistica dei paradisi terrestri, senza dubbio sotto la lettera O si troverebbe il nome di Offeio. È un’oasi di 20 anime o poco più nascosta fra le verdi montagne della Valle del Salto, rimasta in vita grazie ai pochi residenti che hanno deciso di rimanere ad abitarvi, nonostante l’isolamento, seppur parziale, dalla vita cittadina.
{{*ExtraImg_209602_ArtImgRight_300x224_}}C’è una tradizione, ad Offeio nata sette anni fa, chiamata comunemente Equiraduno. Cavalieri di tutti i dintorni, ma anche semplici curiosi e appassionati di cavalli, si riuniscono una volta l’anno nel paese, d’estate, per dare corpo ad una fantasia: quella di vivere alla giornata come i vecchi cavalieri di un tempo e ripercorrere a dorso di un cavallo l’antica strada degli avi del posto, passando da un paese arroccato ad un altro.
L’Equiraduno è un’usanza abbastanza giovane rispetto alle mura antiche delle case di Offeio, partorita dal Comitato promotore del posto per riaccendere l’attenzione su una zona altrimenti abbastanza trascurata dall’attenzione generale. [i]IlCapoluogo.it[/i] ha conosciuto l’ebbrezza del galoppo (in foto, la giornalista Alessia Lombardo in groppa a ‘Stellina’) e la curiosità di scoprire, angolo dopo angolo, un posto letteralmente incantevole.
{{*ExtraImg_209603_ArtImgRight_300x224_}}Quella che si è definita una ‘domenica alternativa’, ha visto un gruppo di 55 cavalieri percorrere le strade della Valle del Salto e raggiungere nella mattina di ieri, domenica 13 luglio, la Diga del lago del Salto, posta all’incirca a un’ora di distanza a cavallo dal paese. Nessuna competizione fra i cavalieri (donne e uomini quasi in parità). Solo la voglia di ravvivare una vecchia tradizione secolare.
Tornati dalla passeggiata, i cavalli sono stati benedetti dal prete della comunità, sotto lo sguardo di turisti per caso – come parte della redazione – e di quelli giunti ad Offeio per abitudine. A ‘benedire’ laicamente la manifestazione equestre, invece, è stato il sindaco di Petrella, Gaetano Micaloni, che ha affermato, durante il sostanzioso pasto consumato nei locali di una ex scuola elementare, «come la manifestazione dell’Equiraduno porti sempre più nuova vita ad un paese invecchiato dalla mancanza di nuove generazioni. Pochi abitanti, che però non hanno mai buttato la spugna della determinazione». «Offeio è una frazione viva – ha aggiunto – e questo evento estivo ne è la prova provata. Il Comitato promotore, composto dalle donne e dagli uomini di Offeio, ogni anno dà prova della forza del paese. Non si può lasciar morire un paese quando allo scoccare del 13 luglio, le strade di Offeio si riempiono di cavalieri al galoppo. Ovviamente è difficoltoso portare avanti una manifestazione di questo tipo, soprattutto per la scarsa popolosità del luogo, ma ce la faremo, come ce l’abbiamo sempre fatta».
{{*ExtraImg_209604_ArtImgRight_300x224_}}Il pranzo è andato avanti per tutto il pomeriggio. Le cuoche della giornata, mamme e nonne di Offeio improvvisatesi catering dell’evento, hanno preparato tutte le pietanze con la maestria di un tempo: dalla pasta fatta in casa alla trippa al sugo cosparsa di formaggio. D’obbligo, durante il pasto, il ricordo di un amico che non c’è più. L’anima del settimo Equiraduno di Offeio, quest’anno, ha versato qualche lacrima in onore di Lello, abitante della frazione e animatore del luogo, da tutti conosciuto «da una vita». A lui è stata dedicata una canzone e nella tristezza generale per una perdita recente, i calici colmi di vino si sono sollevati – forse per la prima volta nella giornata – in maniera mesta e simbolica. Un uomo, definito dai presenti, «grande, magnanimo, pieno di vita, (scomparso nel gennaio di questo stesso anno Ndr.) andatosene via troppo presto».
Intrecciate con i ricordi, però, sono anche le leggende di Offeio. O meglio, le persone diventate leggenda. Come la storia della maestra del paese, Anita Palmeri, morta nel lontano 1979. Giungeva a piedi dalla zona della Diga ogni giorno, nonostante forti intemperie o difficoltosi imprevisti. A lei è stata dedicata una zona, ad Offeio: un pezzo del paese porta il suo nome. «Ha allevato tutti i bimbi di Offeio – racconta Marino, un residente del luogo, emigrato per lavoro a Milano in giovane età, ma tornato qua, fra i suoi colli alpestri, da pensionato – per noi è sempre stata un’istituzione. A lei è dedicata un largo del paese e ora questa ex scuola elementare si è trasformata nel centro di Offeio. C’è la sala per i pranzi di festa, il bar e una cucina. Mia abitudine è allestire un bell’aperitivo da offrire a tutti quando si avvicina l’ora del pranzo: mi piace avere gente intorno, la gente anima i luoghi, li ravviva».
{{*ExtraImg_209605_ArtImgRight_300x224_}}Concludere la giornata ballando al suono di una fisarmonica, con la sala coperta, dov’era stato allestito un maxischermo per seguire la finale del Mondiali, mezza vuota, non ha avuto prezzo, se non quello della spontaneità. Ad Offeio, si è respirata l’anima di un tempo; si è ascoltata la melodia di un passato rimasto incastrato fra le quattro mura del paese. Le tradizioni non hanno età, soprattutto se ad ogni nuovo anno si reinventano da capo. E udire lo scroscio di una cascata, invisibile in mezzo a tanta ingombrante vegetazione, con un bimbo di otto anni vicino che ti chiede di far silenzio per ascoltarla meglio, sembra davvero, in un 2014 ipervirtualizzato, un qualcosa di molto simile alla follia.
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[url”Equiraduno Offeio, il fotoracconto”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=106837&typeb=0[/url]