
di Valter Marcone
Il prossimo tre agosto si compiono due anni dalla pubblicazione della prima poesia sul blog “[i]Le StanzeDellaPoesia[/i]“ su IlCapoluogo.it.
Per due anni, ogni settimana, ho pubblicato una poesia.
Ringrazio il Direttore e la Redazione de Il Capoluogo.it per aver creduto in questa iniziativa e ringrazio i lettori che, settimana dopo settimana, in vario modo hanno espresso gradimento, apprezzamento, vicinanza, condivisione, sostegno, simpatia.
Per ringraziare tutti e di cuore propongo la composizione “Amo la gente“. Dalla prossima settimana riprenderà la pubblicazione per un nuovo ciclo.
Amo la gente
Amo le strade che portano altrove,
amo il mondo così come è fatto
amo la gente che legge le poesie
ma anche quella che non le legge
amo travestiti, poliziotti e ladri,
amo la gente ingobbita dagli occhi grigi
e senza speranze grandi,
amo la gente che ama la gente;
amo le piccole speranze di tutta quella gente;
amo il signor cinque-per-quattro
di tutte le mattine con il sole e senza sole,
sono uno di quelli che non sta con nessuno
se bisogna stare per forza con qualcuno.
Amo gli uomini della campagna che non contano
amo gli accattoni che compaiono all’improvviso,
mi sopportino gli uomini di buona volontà,
nel mio canto che non voglio spegnere
che si muove come un sogno
come le ombre raschiate dal vento
amo gli ubriaconi, gli scrocconi, i bercioni
gli scemi, a loro canto con la voce
dei colombi roca che affollano le chiese
senza cristiani
e in fila come uomini con il cappotto
che intonano all’alba e al tramonto
un canto increspato e opaco pieno di pietà
e amore.
Ho visto pidocchi, piattole, eczema
camminando con i miei sandali di legno
senza tunica e senza sacco per il mondo popolato
di relitti, pietre angolari, bottiglie, lampioni,
automobili, cavalli persi in battaglia,
imposte rotte, pezzi di carta come coriandoli,
cartelloni della pubblicità, mani di gesso,
orizzonti, panorami e paesaggi
raccolti in una tela di impressionisti
quelli di tanto tempo fa;
ho visto la follia che non sa perdonare
e dimenticare di folli tristi;
ho visto la solitudine confusa con la pace,
l’amore per la vita che passa,
il male e il dolore lasciati in ogni cuore
dalle parole, dai gesti, dai suoni degli uomini
contro gli uomini;
non mi abbandonerà mai più
l’impressione di vomitare uscito ormai
dalla notte che ci portiamo dentro.
Ho visto le immagini sulle tele
dai colori armoniosi e singolari,
ho perso nel loro pigmento storie
e racconti degli uomini agli uomini.
Ho letto nei libri le parole della libertà
e della prigione,
ho voglia di donare un alfabeto nuovo
alle poesie di questo silenzio
nel cuore
con lo stesso quieto amore
dalla primavera all’inverno. Amo la vita.
Forse non ci vorrà ancora molto
prima che tutto sia passato. Restano i giorni
e dobbiamo essere concisi
per farci entrare ancora i sogni
quelli che ci siamo scordati
di sognare, quelli che amiamo e non amiamo più,
ma anche per farci entrare
tutto: voci, pensieri, il rumore del fon,
l’acqua che scorre dal rubinetto,
le foglie che cadono.
Poi durante la nostra assenza chissà un giorno
a voce, ad alta voce
ci sarà da leggere nelle stanze
della casa e tutte le storie racconteranno
leggendo leggendo, amando amando,
sognando sognando, parlando parlando,
l’amore per la gente, la gente che amo.
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