
di Giovanni Baiocchetti
Chi di noi non si è lamentato, almeno una volta, della pioggia o delle basse temperature di questa estate aquilana? Senza dimenticare la spolverata di neve oltre i 2500 metri sul Gran Sasso dell’11 luglio e i 10 gradi raggiunti a L’Aquila città nello stesso giorno. Un inizio estate che alcuni possono trovare affascinante e altri seccante, ma le cose, per agosto e settembre, pare che siano destinate a cambiare clamorosamente.
Abbiamo chiesto un commento sui dati di giugno e luglio e un tentativo di previsione a lungo termine su cosa accadrà in Abruzzo nella seconda parte dell’estate a Gianluca Redaelli, ricercatore che si occupa di Modellistica Climatica presso il centro di eccellenza Cetemps dell’Università degli studi dell’Aquila.
«I mesi di giugno e luglio appena trascorsi sono stati, per il centro Italia, e per l’Abruzzo in particolare, più freddi e più piovosi rispetto al comportamento medio stagionale degli ultimi trent’anni – spiega Redaelli – E’ la sensazione che abbiamo avuto un po’ tutti, ma ora giunge a conferma l’analisi globale dei dati della rete delle centraline meteorologiche gestite dalla protezione civile. Il periodo ha mostrato non solo un deciso scostamento rispetto ai valori climatologici, ma anche una notevole variabilità, con un susseguirsi di perturbazioni che hanno portato, ad esempio, le piogge nell’aquilano fino a superare del 60 per cento la media del periodo».
A cosa è dovuta questa estate anomala? E’ possibile prevedere cosa ci aspetta per i prossimi mesi?
«Riguardo alle cause della decisa anomalia di questo inizio estate non si può dire a rigore nulla di preciso – sottolinea Redaelli – L’atmosfera, in generale, presenta lenti modi di variabilità che possono dominare il clima di alcune regioni e una stagione che si discosta dalla media è da ritenersi nel normale andamento delle cose. Scostamenti notevoli possono essere anche ricondotti a particolari cause legate alla variazione della temperatura degli oceani. Ad esempio, per l’andamento di questa estate alcuni puntano il dito sul fenomeno del “El Niño”, una corrente oceanica calda che interessa ad intervalli di qualche anno il Pacifico e le coste dell’America meridionale in corrispondenza dei mesi natalizi (da cui il nome, che, in spagnolo, significa ‘il bambino’), che si pensa possa avere una ricaduta importante anche sui mari e sul clima italiano e che si prevede essere particolarmente intensa quest’anno. Ma non c’è affatto accordo tra gli esperti su questo punto ed è ancora troppo presto per una seria analisi scientifica di un fenomeno che si delineerà il prossimo inverno e i cui effetti potranno essere analizzati in dettaglio solo nel corso dell’anno successivo».
«Sull’argomento previsioni – aggiunge Redaelli – è invece necessario distinguere le ‘normali’ previsioni meteorologiche, che hanno generalmente validità su scale di tempo di qualche giorno, dalla previsione di andamenti generali su settimane o mesi. Le prime, ormai generalmente consolidate nella loro affidabilità, si basano sull’uso di modelli numerici che permettono su brevi tempi di prevedere, ad esempio, a quale ora ci si aspetta pioggia su una determinata città. Le seconde invece si basano sulla possibilità di prevedere su scala globale la lenta variabilità delle temperature medie oceaniche e, attraverso l’uso di modelli di circolazione atmosferica che simulano le interazioni oceano-atmosfera, ottenere informazioni sul comportamento medio dell’atmosfera nei mesi successivi. Trattandosi di valori medi, la previsione deve necessariamente essere effettuata raggruppando le informazioni su scale temporali di più mesi e i risultati vanno interpretati soltanto come la probabilità che i parametri oggetto della previsione possano discostarsi in eccesso o in difetto rispetto ai valori medi storici del periodo considerato. Nessuno allo stato attuale può dirci quale sarà un giorno piovoso a distanza di settimane».
«Pochi sono i centri internazionali a produrre questo tipo di previsioni, dette appunto ‘stagionali’ – precisa Redaelli – Inoltre, queste vanno poi regionalizzate, ovvero reinterpretate attraverso altri modelli atmosferici a scala regionale che contengono le peculiari caratteristiche orografiche e micro-climatiche delle zone in esame. Pochissimi sono in Italia i centri che seguono quest’ultimo approccio e il Cetemps è fra questi. E’ da sottolineare che la previsioni stagionali, sia su scala globale che locale, sono da considerarsi ancora in fase sperimentale. E’ un tipo di previsione promettente, disponibile solo dagli ultimi anni e resa possibile anche dall’aumento delle risorse di calcolo e da nuovi approcci di tipo statistico, ma che necessita ancora del tempo per una rigorosa stima della sua affidabilità».
«Fatte queste premesse – spiega Redaelli – possiamo tornare dunque a questa estate e dire che le previsioni stagionali dei vari centri meteo internazionali concordano in genere nel prevedere un bimestre agosto/settembre moderatamente più caldo del normale, con piogge in generale nella media del periodo. La regionalizzazione di tali previsioni sull’Abruzzo indica poi, in particolare, la tendenza ad un clima più caldo e secco sulle zone costiere. Dovremo comunque aspettare la fine dell’estate, quando avremo a disposizione l’interezza dei dati termici e pluviometrici, per una seria analisi retrospettiva dell’andamento globale climatologico».