Teramo, la «falsa chiesa» che fa discutere i fedeli

21 agosto 2014 | 16:41
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Teramo, la «falsa chiesa» che fa discutere i fedeli

Il vescovo di Teramo-Atri, Michele Seccia, mette in guardia i fedeli sulla presenza nella diocesi della cosiddetta ‘Chiesa Cattolica Ecumenica’, che ha celebrato messe non valide perché officiate da persone che non sono state ordinate nella Chiesa Cattolica: due gli episodi riferiti dal vescovo, accaduti entrambi nella cappella privata dell’Annunziata a Villa Butteri di Teramo.

Il primo risale allo scorso 13 aprile, Domenica delle Palme, quando venne officiata una liturgia simile alla messa cattolica, pur non essendo l’officiante lecitamente e validamente ordinato nella Chiesa Cattolica né incardinato in questa o in altre diocesi. Il secondo, lo scorso 15 giugno, con la celebrazione di una sedicente ordinazione episcopale. «Tali eventi – denuncia il vescovo Seccia – hanno determinato tra i fedeli stupore e disorientamento anche per l’uso di vesti e riti liturgici del tutto simili a quelli della Chiesa Cattolica Romana».

«Le ordinazioni conferite sono invalide e illecite, in particolare l’ordinazione episcopale conferita senza mandato pontificio, a norma del can. 1382 del Codice di Diritto Canonico».

«I sacramenti celebrati da ministri non lecitamente e validamente ordinati non hanno alcun valore e coloro che attentano alla celebrazione degli stessi incorrono nella scomunica latae sententiae a norma del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico». Il vescovo Seccia avverte che «coloro che dovessero partecipare a una qualsiasi liturgia tenuta da organizzazioni come la ‘Chiesa Cattolica Ecumenica’, si pongono di fatto su un’altra strada che esclude la comunione con la Chiesa Cattolica Romana e con la Fede apostolica».

LE REAZIONI:

Non è dello stesso pensiero, il segretario il segretario Leonardo Dongiovanni, in rappresentanza di Arcigay L’Aquila, che afferma: «Trovo anacronistico l’attacco nei confronti della Chiesa Cattolica Ecumenica da parte di Monsignor Seccia, ma a colpirmi sono soprattutto le parole usate nei confronti dei fedeli, trattati dal Prelato di Teramo come degli ignari avventori». Con queste parole Arcigay L’Aquila tramite il Segretario Leonardo Dongiovanni esprime tutta sua solidarietà nei confronti dell’amico Don Gianni Di Marco (anche presidente di Arcigay Pescara), prete non appartenente alla chiesa di Roma e accusato di “truffare” chi si avvicina alla fede.

«Non è questa la sede adatta per manifestare sentimenti religiosi: l’Arcigay si occupa di altro, ma essendo un dato di fatto che alcune persone gay, lesbiche e transessuali avvertano questa esigenza di confronto con Dio o chi per lui, trovo semplicemente inquisitorio il fatto che un Vescovo della Chiesa Romana anziché domandarsi perché tante persone preferiscano assistere alle funzioni di Mons. Di Marco, si premuri di sottolineare che la Chiesa Cattolica Ecumenica è qualcosa di diverso da quella di Roma: non mi risulta che Don Gianni abbia mai mistificato su questo punto e da non credente, mi sento comunque tranquillo all’idea che molti ragazzi omosessuali in Italia trovino la loro dimensione in una Chiesa Cristiana se è questo che vogliono. Ignobile anche la speculazione ai danni di Orlando e Bruno che tramite un rito religioso (ovviamente) non trascrivibile, hanno voluto coronare il loro sogno dopo 48 anni di convivenza. Si tratta di due persone anziane che si amano, non ci sono rei o reati».

Arcigay L’Aquila è per l’apertura sempre e comunque: «sono stato il primo esponente di un’associazione LGBT in Abruzzo lo scorso autunno a voler incontrare il Vescovo Petrocchi durante una veglia organizzata per i giovani aquilani ed i ragazzi del circolo che rappresento sono stati entusiasti di accompagnarmi; ma se di rispetto dobbiamo parlare, allora Monsignor Seccia sia un esempio di umiltà e chieda scusa ai suoi fratelli cristiani ed omosessuali: romani o ecumenici non importa. Le sette sono un’altra cosa (e comunque ne esistono tante all’interno della stessa Chiesa Cattolica). Banale a dirsi, ma nel 2014 sembra si voglia ancora coltivare il monopolio della fede e la cosa mi fa sorridere».