
di Claudia Giannone
“Paesi in Pace”: questo il nome scelto per il nuovo progetto che oggi ha visto ufficialmente la luce, nel corso di una tavola rotonda cui hanno preso parte rappresentanti di alcuni Paesi del continente africano.
In un periodo in cui, purtroppo, le notizie di guerra e di distruzione sono all’ordine del giorno, si sceglie quindi di proporre un qualcosa di diverso, di innovativo, qualcosa che possa far riflettere tutti su un tema che, ormai, sembra quasi un’utopia: la pace. Una pace vista come un sogno, come un desiderio espresso nella desolazione della vita, come un miracolo in grado di cambiare le sorti di un mondo che brama il potere e la sete di superiorità.
A prendere parte alla discussione, oltre al sindaco della città dell’Aquila Massimo Cialente, gli Ambasciatori di Palestina, Tanzania e Somalia. E come si può, in realtà, parlare di pace, davanti ai rappresentanti di Paesi così duramente segnati dalla guerra? Come si può sognare un destino differente per delle popolazioni che, dopo secoli così aspri, si trovano ancora a dover affrontare delle situazioni invivibili?
È la speranza l’unico spiraglio di luce, nel buio di una realtà persino impossibile da descrivere. E dopo otto mesi di duro lavoro per riuscire a portare avanti il progetto, proprio dal capoluogo abruzzese inizia l’ideale percorso di pace. Perché nonostante tutti i problemi che in questo periodo stanno colpendo, in modo più o meno duro, l’Italia e l’Europa intera, ben più gravi sono le situazioni che questi Paesi stanno vivendo: la guerra tra Israele e Palestina, le lotte interne della Somalia, ogni Paese ha la propria storia da raccontare. Sembra quasi distaccarsi da queste scene di crudeltà la Tanzania, che anzi ha sempre saputo mantenere la propria unità per poi aiutare gli altri Paesi a superare i momenti di difficoltà.
Appoggia per primo l’iniziativa il sindaco della città, che afferma senza esitare: «Spero sia la prima di una serie di iniziative destinate a portare L’Aquila ad essere una città della pace. Noi sappiamo cos’è il dolore, ma lo stiamo vivendo a causa di una catastrofe naturale. È inconcepibile pensare che questo stesso dolore sia provocato in altre circostanze dall’uomo».
A paragonare le due città è anche l’Ambasciatore della Palestina.
«Quello che sta succedendo a Gaza è come un terremoto, e spero che anche L’Aquila trovi presto la pace. Mi auguro che il prossimo anno potremo tornare qui con la vera pace nel cuore».
Risponde negativamente all’invito, invece, lo stato di Israele: decade, così, il tentativo da parte della città di operare una piccola mediazione, per calmare le acque in una situazione da troppo tempo degenerata.
Accorato l’appello finale da parte della Somalia, prima dello scambio di doni che conclude l’incontro.
«Non si può soltanto restare a guardare. Bisogna fare qualcosa, bisogna intervenire. L’essere umano ha il diritto di vivere in pace, con se stesso e con tutto il mondo. Abbiamo bisogno dell’aiuto dell’Italia e della nostra pace».