Il Lamento della povera vedova

7 settembre 2014 | 10:56
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Il Lamento della povera vedova

Signore mio,

è proprio vero, “tanto tuonò che piovve”. È piovuto proprio sulle strutture del progetto CASE e da cinque anni a questa parte. È crollato anche un balcone che ha fatto andare su tutte le furie Don Chisciotte che, già da tempo e ad arte, stava cercando di denigrare le abitazioni che hanno ospitato gli sfollati del terremoto aquilano.

Qualcuno dice che abbia convinto alcuni suoi fedelissimi a manifestare pubblicamente sulla inefficienza e inaffidabilità delle case realizzate dal governo Berlusconi. Questo avvenimento lo ha mandato in bestia. Ha minacciato fulmini e saette nei confronti dei responsabili. Ha emesso ordinanze per vietare l’uso dei balconi. Ha chiesto una verifica sulla consistenza delle strutture utilizzate dagli sfollati. Non ha chiesto la pena capitale degli ideatori del progetto CASE, ma c’è mancato veramente poco. Cosa potreste dire voi in merito a questa vicenda?

Mia cara,

non c’è proprio nulla da aggiungere a quello che ha detto Don Chisciotte. Ha detto tutto. Ha indicato i responsabili, ha indicato la pena da infliggere, ha richiesto i danni morali e materiali riportati dal Comune, non eventualmente dai poveri cittadini. Non ha chiesto la revoca dell’assegnazione ai servizi sociali, solamente perché si è vergognato. Ha creduto di aver trovato, ancora una volta, il capro espiatorio. Ma, come al solito, ha commesso l’errore più pacchiano. Ha dimenticato di perseguire penalmente e civilmente il responsabile della mancata manutenzione degli alloggi del progetto CASE che, senza ombra di dubbio, è proprio il grande Hidalgo cittadino e la ciurma che lo circonda. Prova a pensare, per un solo istante, se la Procura della Repubblica, alla quale si è rivolto per ottenere giustizia, dovesse attribuire la responsabilità della mancata manutenzione proprio a Don Chisciotte. Che cosa potrebbe o dovrebbe accadere.

Signore,

le lezioni e i suggerimenti che mi avete fornito fino ad oggi mi indurrebbero a pensare che l’Hidalgo, almeno per salvare la faccia, si dovrebbe dimettere “irrevocabilmente”.

Mia cara vedova,

pensa a qualche altra cosa. Non esiste ragione per la quale Don Chisciotte dovrebbe dimettersi. Le responsabilità non sono mai attribuibili al suo operato, ma solo a quello degli altri, siano essi collaboratori di maggioranza, dirigenti simpatizzanti e, perfino dei componenti di minoranza, perché non hanno saputo effettuare una ferrea e adeguata opposizione.

Signore mio,
permettetemi di osservare che questa volta si potrebbe spezzare una lancia a favore delle tesi di Don Chisciotte. Ditemi pure quello che volete, ma il balcone è caduto su quello sottostante e, secondo me, ha fatto bene a chiedere la verifica delle strutture e a ordinare il divieto della praticabilità dei balconi.

Signora,
potrei risponderti brevemente, riportando alcune citazioni di illustri maestri del passato che hanno fatto scuola solamente a coloro che hanno avuto la capacità di apprendere le elementari nozioni scolastiche. Potrei riportare una bella citazione di Apuleio rivolta a tutti coloro che parlano troppo, definendoli appropriatamente: “Parit conversatio contemptum; raritas conciliat admirationem”, che, in sintesi, vorrebbe dire: “La ciarla continua si fa biasimare; la parola rara ti procura ammirazione”, a cui Giusti, in tempi recenti, ha aggiunto una più esplicita spiegazione: “Le teste di legno fan sempre del chiasso”. Se non dovesse essre stato chiaro il concetto, aggiungo una ulteriore citazione di Seneca abbastanza illuminante:

“Turpe est aliud loqui, aliud sentire; quanto turpius aliud scribere, aliud sentire”, cioè, “E’ turpe dire una cosa e pensarne un’altra; ma più turpe ancora scrivere una cosa mentre l’animo te ne detta un’altra”.
In parole povere se Don Chisciotte avesse evitato di lanciare accuse contro i mulini a vento e avesse meditato un po’ su quello che andava dicendo, non si sarebbe data la zappa sui piedi. Ad uno dei quesiti posti dall’Hidalgo cittadino, circa la stabilità dei balconi, ha risposto direttamente il balcone sottostante, perché ha sopportato la caduta e il peso di quello di sopra. Perciò non si può dire che le predette strutture non siano idonee a sopportare il calpestio di una o due persone. Inoltre, non avrebbe insinuato la pulce nell’orecchio della Magistratura per la verifica e l’accertamento di eventuali mancate manutenzioni. Non ti pare?

Mio Signore,

scusate, ma questa considerazione non mi è passata per l’anticamera del cervello. Forse l’Hidalgo cittadino, come lo chiamate voi, da un po’ di tempo sta sotto pressione per via dei tradimenti trasversali dei componenti della maggioranza e del pressante marcamento dell’opposizione, che lo tallona senza farlo respirare. Ho l’impressione che questa volta stia meditando di rivolgersi direttamente a Caronte per effettuare il grande attraversamento del fiume.

Signora mia,

lascia perdere le favole e i sogni. Don Chisciotte non si dimetterà mai, perché la colpa della paralisi amministrativa del Comune, lo stato confusionale dell’approssimativa gestione, non rientrano tra le responsabilità a lui ascrivibili. Non è lui il Sindaco della città. Sarebbe riduttiva la carica. Lui è il nobile Hidalgo della città di Federico. È il Don Chisciotte della situazione, per chi non lo avesse ancora capito. Non ha mai avuto crisi di coscienza, neppure quando ha riconsegnato “le fasce” a Napolitano, perciò, non si rivolgerà mai a Caronte. Non attraverserà il fiume e non si dimetterà per alcuna ragione al mondo. Oltretutto l’acqua non è il suo ambiente naturale, è allergico agli ambienti umidi. Come pure è allergico alla “disoccupazione” e, perciò, non può e non vuole restare con le mani in mano. Comunque, penso che i tempi siano abbastanza maturi per essere disarcionato anche dal suo povero “ronzino”. Staremo a vedere.

Caro Signore,

ma cosa devo ancora a vedere? Non basta quello che ho visto fino ad oggi. Gli sperperi sono sotto gli occhi di tutti. Quelli che non tenevano la casa, se la sono fatta fare nuova. Altri che possedevano qualche vecchio rudere, hanno ottenuto finanziamenti per la realizzazione di bellissime e confortevoli ville. I proprietari delle casette di legno abusive hanno ottenuto assicurazioni che fra non molto tutto sarà sanato. L’aeroporto, fiore all’occhiello di Don Chisciotte e dell’Amministrazione, non era neppure provvisto dell’area di sicurezza indispensabile per il riconoscimento di scalo commerciale, tanto è vero che è stata messa una pezza a colori in uno degli ultimi consigli con un grosso mal di pancia dell’Hidalgo e dei fedeli che, ob torto collo, hanno dovuto alzare ancora una volta la mano. Quello che non riesco a digerire, perdonatemi Signore questo sfogo, è la ricostruzione totale di quelle case che non sono state mai abitate da decenni. Ce ne sono tante. Nessuno, però, prende carta e penna per additare gli usurpatori e i consenzienti concessionari dei lauti finanziamenti, mentre a me negano anche l’evidenza dei fatti e dicono che dovrò aspettare, forse, fino al 2050. Vi sembra giusto? Ho l’impressione, se non la certezza, se le cose dovessero andare avanti ancora con questo andazzo, che mi toglieranno la proprietà della mia modesta casetta, acquistata con un pesante mutuo quando mio marito era in vita e che ancora non finisco di pagare. Con questi chiari di luna Signore mio, non perdete neppure un solo minuto e richiamate la mia umile anima accanto a voi. E così sia.

Il Lamento della povera vedova

DON CHISCIOTTE SMEMORATO

Crolla un balcone al progetto CASE. La responsabilità è di Berlusconi. Mai la mia.

Signore mio,

è proprio vero, “tanto tuonò che piovve”. È piovuto proprio sulle strutture del progetto CASE e da cinque anni a questa parte. È crollato anche un balcone che ha fatto andare su tutte le furie Don Chisciotte che, già da tempo e ad arte, stava cercando di denigrare le abitazioni che hanno ospitato gli sfollati del terremoto aquilano. Qualcuno dice che abbia convinto alcuni suoi fedelissimi a manifestare pubblicamente sulla inefficienza e inaffidabilità delle case realizzate dal governo Berlusconi. Questo avvenimento lo ha mandato in bestia. Ha minacciato fulmini e saette nei confronti dei responsabili. Ha emesso ordinanze per vietare l’uso dei balconi. Ha chiesto una verifica sulla consistenza delle strutture utilizzate dagli sfollati. Non ha chiesto la pena capitale degli ideatori del progetto CASE, ma c’è mancato veramente poco. Cosa potreste dire voi in merito a questa vicenda?

Mia cara,

non c’è proprio nulla da aggiungere a quello che ha detto Don Chisciotte. Ha detto tutto. Ha indicato i responsabili, ha indicato la pena da infliggere, ha richiesto i danni morali e materiali riportati dal Comune, non eventualmente dai poveri cittadini. Non ha chiesto la revoca dell’assegnazione ai servizi sociali, solamente perché si è vergognato. Ha creduto di aver trovato, ancora una volta, il capro espiatorio. Ma, come al solito, ha commesso l’errore più pacchiano. Ha dimenticato di perseguire penalmente e civilmente il responsabile della mancata manutenzione degli alloggi del progetto CASE che, senza ombra di dubbio, è proprio il grande Hidalgo cittadino e la ciurma che lo circonda. Prova a pensare, per un solo istante, se la Procura della Repubblica, alla quale si è rivolto per ottenere giustizia, dovesse attribuire la responsabilità della mancata manutenzione proprio a Don Chisciotte. Che cosa potrebbe o dovrebbe accadere.

Signore,

le lezioni e i suggerimenti che mi avete fornito fino ad oggi mi indurrebbero a pensare che l’Hidalgo, almeno per salvare la faccia, si dovrebbe dimettere “irrevocabilmente”.

Mia cara vedova,

pensa a qualche altra cosa. Non esiste ragione per la quale Don Chisciotte dovrebbe dimettersi. Le responsabilità non sono mai attribuibili al suo operato, ma solo a quello degli altri, siano essi collaboratori di maggioranza, dirigenti simpatizzanti e, perfino dei componenti di minoranza, perché non hanno saputo effettuare una ferrea e adeguata opposizione.

Signore mio, permettetemi di osservare che questa volta si potrebbe spezzare una lancia a favore delle tesi di Don Chisciotte. Ditemi pure quello che volete, ma il balcone è caduto su quello sottostante e, secondo me, ha fatto bene a chiedere la verifica delle strutture e a ordinare il divieto della praticabilità dei balconi. Signora,potrei risponderti brevemente, riportando alcune citazioni di illustri maestri del passato che hanno fatto scuola solamente a coloro che hanno avuto la capacità di apprendere le elementari nozioni scolastiche. Potrei riportare una bella citazione di Apuleio rivolta a tutti coloro che parlano troppo, defindendoli appropriatamente: “Parit conversatio contemptum; raritas conciliat admirationem”, che, in sintesi, vorre dire: “La ciarla continua si fa biasimare; la parola rara ti procura ammirazione”, a cui Giusti, in tempi recenti, ha aggiunto una più esplicita spiegazione: “Le teste di legno fan sempre del chiasso”. Se non dovesse essre stato chiaro il concetto, aggiungo una ulteriore citazione di Seneca abbastanza illuminante:

“Turpe est aliud loqui, aliud sentire; quanto turpius aliud scribere, aliud sentire”, cioè, “E’ turpe dire una cosa e pensarne un’altra; ma più turpe ancora scrivere una cosa mentre l’animo te ne detta un’altra”. In parole povere se Don Chisciotte avesse evitato di lanciare accuse contro i mulini a vento e avesse meditato un po’ su quello che andava dicendo, non si sarebbe data la zappa sui piedi. Ad uno dei quesiti posti dall’Hidalgo cittadino, circa la stabilità dei balconi, ha risposto direttamente il balcone sottostante, perché ha sopportato la caduta e il peso di quello di sopra. Perciò non si può dire che le predette strutture non siano idonee a sopportare il calpestio di una o due persone. Inoltre, non avrebbe insinuato la pulce nell’orecchio della Magistratura per la verifica e l’accertamento di eventuali mancate manutenzioni. Non ti pare?

Mio Signore,

scusate, ma questa considerazione non mi è passata per l’anticamera del cervello. Forse l’Hidalgo cittadino, come lo chiamate voi, da un po’ di tempo sta sotto pressione per via dei tradimenti trasversali dei componenti della maggioranza e del pressante marcamento dell’opposizione, che lo tallona senza farlo respirare. Ho l’impressione che questa volta stia meditando di rivolgersi direttamente a Caronte per effettuare il grande attraversamento del fiume.

Signora mia,

lascia perdere le favole e i sogni. Don Chisciotte non si dimetterà mai, perché la colpa della paralisi amministrativa del Comune, lo stato confusionale dell’approssimativa gestione, non rientrano tra le responsabilità a lui ascrivibili. Non è lui il Sindaco della città. Sarebbe riduttiva la carica. Lui è il nobile Hidalgo della città di Federico. È il Don Chisciotte della situazione, per chi non lo avesse ancora capito. Non ha mai avuto crisi di coscienza, neppure quando ha riconsegnato “le fasce” a Napolitano, perciò, non si rivolgerà mai a Caronte. Non attraverserà il fiume e non si dimetterà per alcuna ragione al mondo. Oltretutto l’acqua non è il suo ambiente naturale, è allergico agli ambienti umidi. Come pure è allergico alla “disoccupazione” e, perciò, non può e non vuole restare con le mani in mano. Comunque, penso che i tempi siano abbastanza maturi per essere disarcionato anche dal suo povero “ronzino”. Staremo a vedere.

Caro Signore,

ma cosa devo ancora vedere? Non basta quello che ho visto fino ad oggi. Gli sperperi sono sotto gli occhi di tutti. Quelli che non tenevano la casa, se la sono fatta fare nuova. Altri che possedevano qualche vecchio rudere, hanno ottenuto finanziamenti per la realizzazione di bellissime e confortevoli ville. I proprietari delle casette di legno abusive hanno ottenuto assicurazioni che fra non molto tutto sarà sanato. L’aeroporto, fiore all’occhiello di Don Chisciotte e dell’Amministrazione, non era neppure provvisto dell’area di sicurezza indispensabile per il riconoscimento di scalo commerciale, tanto è vero che è stata messa una pezza a colori in uno degli ultimi consigli con un grosso mal di pancia dell’Hidalgo e dei fedeli che, ob torto collo, hanno dovuto alzare ancora una volta la mano. Quello che non riesco a digerire, perdonatemi Signore questo sfogo, è la ricostruzione totale di quelle case che non sono state mai abitate da decenni. Ce ne sono tante. Nessuno, però, prende carta e penna per additare gli usurpatori e i consenzienti concessionari dei lauti finanziamenti, mentre a me negano anche l’evidenza dei fatti e dicono che dovrò aspettare, forse, fino al 2050. Vi sembra giusto? Ho l’impressione, se non la certezza, se le cose dovessero andare avanti ancora con questo andazzo, che mi toglieranno la proprietà della mia modesta casetta, acquistata con un pesante mutuo quando mio marito era in vita e che ancora non finisco di pagare. Con questi chiari di luna Signore mio, non perdete neppure un solo minuto e richiamate la ma umile anima accanto a voi. E così sia.