
«E’ probabile che i capodogli si siano persi nel mar Adriatico: non è un fenomeno frequente, dal 1500 a oggi abbiamo contato una decina di casi, l’ultimo nel 2009. Faremo l’autopsia dei cetacei morti per capire i motivi del decesso».
E’ quanto ha dichiarato Sandro Marzariol, coordinatore della task force del ministero dell’Ambiente che opera in questi casi, il Cert (Cetaceans Emergency Response Team).
«Sono mammiferi stanziali nel mar Mediterraneo, vivono tra il mar Ligure e lo Ionio, arrivando a profondità anche di 3000 metri: quando entrano nell’Adriatico – ha spiegato – è come se finissero in un ‘cul de sac’ dal quale non riescono ad uscire. Quelli spiaggiati a Vasto con molta probabilita’ sono animali adolescenti, tra i 15 e i 20 anni, che si muovono in gruppo», ha aggiunto Marzariol, ricercatore dell’universita’ di Padova che sta arrivando con il suo team in Abruzzo per analizzare il caso.
«Si orientano con il sonar – ha detto – ed è plausibile che il segnale inviato in corrispondenza della spiaggia di Punta Penna sia stato assorbito e non restituito, facendo perdere il senso dell’orientamento ai cetacei. Le operazioni di salvataggio sono molto difficili perché una volta spiaggiati le possibilità di salvataggio sono molto poche, si tratta di animali tra i 5 e i 10 metri di lunghezza, dal peso di circa una tonnellata. Faremo un’autopsia dei cetacei morti, per indagare le cause del decesso, se dipendono da fattori interni, come supponiamo e come i precedenti spiaggiamenti ci portano a pensare, o da agenti esterni. Per i risultati occorrera’ un anno, sono animali molto grandi e poco conosciuti», ha aggiunto Marziarol.
Le analisi saranno effettuate in collaborazione con l’istituto Zooprofilattico di Torino.