Spoliazioni o dissipazioni del capoluogo di Regione

14 settembre 2014 | 10:18
Share0
Spoliazioni o dissipazioni del capoluogo di Regione

di Fulgo Graziosi

La nostra, indubbiamente, è una regione tutta particolare. Dilaniata da provvedimenti cervellotici che non hanno generato nulla di positivo, di razionale. Hanno solamente prodotto aumento dei costi della spesa pubblica. Partiamo dalla separazione del Molise dall’Abruzzo, fatta passare come atto dovuto e come innovazione amministrativa di tutto riguardo, necessaria razionalizzazione dei servizi per avvicinare lo Stato ai cittadini e per abbassarne i costi a carico della collettività. I fatti hanno dimostrato esattamente il contrario.

La divisione ha contribuito esclusivamente all’aumento del debito pubblico. Se il concetto non dovesse risultare abbastanza chiaro, basterebbe riflettere sulle attuali ipotesi di costituzione delle macroregioni che, per l’appunto, prevedono la riannessione del Molise all’Abruzzo e di altre Regione per cercare di abbassarne gli spaventosi costi di gestione.

Forse, prima di ricompattare la vecchia Regione, sarebbe necessario, opportuno ed urgente amalgamare, coordinare e costruire una comune vita sociale, politica e amministrativa delle quattro Province abruzzesi. Da secoli hanno impostato la vita sul campanile, sull’accaparramento delle competenze, sulla creazione di inutili doppioni, sulla usurpazione di diritti che affondano le radici nella storia.

Non si riesce a creare un confronto costruttivo, proiettato nel futuro, capace di assicurare uno sviluppo armonico della Regione, attraverso cui possa essere assicurato ai giovani, ai posteri, un livello di vita migliore di quello attuale. Questa divisione territoriale, queste diatribe sono costantemente alimentate da una classe politica che, dopo l’elevazione dei toni delle proteste popolari, si propone come solutrice dei problemi. Ha sempre l’uovo di Colombo in tasca. Di solito è un uovo che non genera vita. Quasi sempre riesce ad alimentare nuove polemiche. Infatti, l’autostrada Tirreno Adriatico doveva avere una sola direttrice. Invece, ne abbiamo due, solo perché uno degli allora leader regionali pose il veto sulla realizzazione della direttrice principale se non si fosse dato concreto avvio alla bretella rivolta verso sud.

L’avvento delle Regioni ha finito per aggravare la situazione politico, geografica ed economica territoriale. Siamo la copia fedele del Paese, perché, come esso, abbiamo due economie alimentate da volani diversi. Una con maggiore velocità ed alimentazione. L’altra, quella delle zone interne, totalmente dimenticata e, quindi, additata come lenta e improduttiva. Non è proprio così. Basta guardare i bilanci della Regione, dall’entrata in vigore ad oggi, per verificare il peso degli investimenti effettuati sul territorio. Il piatto della bilancia pende inconfutabilmente verso la costa.

Inoltre, la logica dei numeri posta in essere in seno al Consiglio Regionale, ha fatto precipitare l’Abruzzo in un vero e proprio baratro sociale. Siamo una delle poche Regioni con due Capoluoghi. Uno atavico, storico, legale e l’altro virtuale, ma decisamente più dotato dei poteri decisionali. Basterà osservare il numero e il peso politico degli assessorati regionali traslocati sulla costa. Naturalmente, l’erogazione dei relativi servizi, ovviamente poco razionali per la materiale dislocazione degli stessi, crea pericolosi risvolti per l’economia territoriale a causa dell’eccessivo costo dei medesimi, per non parlare delle notevoli perdite di tempo generate da una ingiustificabile burocrazia.

Le scelte operate dal consesso regionale sono assai discutibili sotto ogni profilo logico, giuridico, istituzionale, amministrativo e sociale. Si partì con un programma di riequilibrio dell’assetto regionale e con l’ambizioso fine di un decollo socio economico, capace di far conquistare all’Abruzzo la definizione e la caratteristica della “Lombardia del Sud”.

Nel corso degli anni, invece, la Lombardia si è allontanata sempre di più, facendo precipitare la regione verso il sud.

Il potenziamento dei trasporti ferroviari è stato effettuato esclusivamente sulla fascia adriatica. L’ottimizzazione della viabilità urbana ed extraurbana, le due argomentazioni sono strettamente correlate, ha riguardato e riguarda soltanto la parte costiera. Gli insediamenti produttivi sono stati localizzati soltanto in una particolare area del nostro territorio. Lo sviluppo turistico non è stato mai proiettato verso le aree interne. Le infrastrutture di rilievo hanno subito un vero e proprio “scippo”. Tanto per citarne uno per tutti. Il mega “interporto” di San Valentino Scafa, è stato derivato dalla clonazione del “Centro Smistamento Merci della Marsica”. Non basta. Perché sono stati sottratti all’iniziativa aquilana anche i fondi che la Provincia era stata capace di ottenere dal CIPE (all’epoca bel cento miliardi di lire). La storia non finisce qui. I comportamenti delle locali Istituzioni stanno subendo una pericolosa metamorfosi. Non c’è più la preventiva e costante attenzione sui problemi della economia locale, dell’istruzione, dell’occupazione, degli investimenti, del consolidamento delle attività statali, radicate sul posto attraverso l’applicazione di leggi e disposizioni dello Stato.

Veniamo, perciò, all’esame di due provvedimenti disposti dal programma delle riorganizzazioni “renziane”. Per ridurre la spesa della giustizia l’attuale Governo vorrebbe eliminare le sedi provinciali dei TAR. Per il conseguimento di possibili economie l’ipotesi potrebbe essere anche accettabile. Sotto il profilo dei servizi potrebbe risultare inconcepibile anche perché, l’accentramento in una sola sede, aumenterebbe i costi a carico degli utenti. La riorganizzazione delle sedi della Corte d’Appello assume, invece, toni a dir poco grotteschi, se non addirittura farseschi, perché non riguarderebbe, in ultima analisi, la soppressione della sede aquilana, ma lo spostamento della stessa in una città della costa. A questo punto i nodi vengono al pettine. Non si tratta di convocare una seduta straordinaria del Consiglio Comunale aquilano per polemizzare campanilisticamente con le altre città Capoluogo di Provincia, quando i buoi sono già fuori e la porta della stalla risulta ermeticamente chiusa. Si tratterebbe, invece, di mettere sotto la lente di ingrandimento alcuni spavaldi atteggiamenti, alcune dichiarazioni rassicuratrici, senza senso, pronunciate precedentemente, quando poi si rende necessario, a cose fatte o in corso di esecuzione, arringare la folla per difendere l’economia, la società, l’occupazionalità di un territorio già esposto da tempo all’agonia.

La gestione politico amministrativa del Capoluogo di Regione dovrebbe viaggiare ad una quota diversa, quasi sullo stesso livello dell’Amministrazione Regionale per partecipare allo sviluppo razionale e concreto di tutto il territorio regionale. Dovrebbe, non imporre, ma chiedere il rispetto dei diritti dovuti e sanciti dalle leggi dello Stato per il Capoluogo Regionale. Dovrebbe chiedere e potrebbe ottenere il coinvolgimento nella scelta delle grandi linee programmatiche della Regione, senza dare vita ad una nuova cervellotica iniziativa, volta all’emanazione di una apposita legge regionale per L’Aquila Capoluogo. Le leggi ci sono e le ha predisposte a suo tempo lo Stato e non hanno certamente bisogno di integrazioni e correzioni.

Si dovrebbero, invece, correggere i pacchiani errori del recente passato. Il Comune Capoluogo non dovrebbe perdersi in inutili e sterili polemiche che finirebbero per favorire le politiche attendiste degli aspiranti accaparratori. Dovrebbe, invece, rivestirsi di carattere e, senza battere i pugni sui tavoli, chiedere con fermezza e decisione il rispetto delle norme nell’interesse primario della propria Istituzione, dei cittadini abruzzesi, delle altre Città, offrendo alla Regione una collaborazione civile, sociale, politica, amministrativa, costruttiva, finalizzata al vero sviluppo socio economico del territorio, senza soprusi, accaparramenti e sveltine di poco conto. Staremo a vedere nei prossimi giorni quale linea e quali atteggiamenti sarà in grado di assumere l’Amministrazione del Capoluogo di Regione in ordine alla paventata soppressione della Corte d’Appello o, quel che è ancora peggio, della ipotesi di dislocazione della stessa in altri ambiti territoriali.