
Mare Adriatico «bene comune», con l’istituzione dell'”Area Adriatica”, che può dare «un quadro di certezza e rafforzare le norme sugli interventi necessari per la tutela e la valorizzazione di questa grande risorsa».
E’ la richiesta che secondo Legambiente andrebbe fatta all’Unione Europea, dopo che la morte dei tre capodogli, parte del branco di sette cetacei arenatosi sulla spiaggia di Vasto (Chieti), ha riacceso i riflettori sulla questione ambientale in Adriatico.
L’associazione ambientalista rilancia l’idea di «una vera e propria vertenza ambientale dell’Adriatico, che affonda le sue radici nella storia di una civiltà che ha visto il mare come elemento comune delle popolazioni costiere, perché oggi c’è la possibilità di investire su un grande futuro per il bacino adriatico con la conquista di una nuova centralità, la valorizzazione dei tesori territoriali, ambientali ed economici presenti sulle sue coste».
«Per realizzare tutto questo – sottolinea Legambiente – è però necessario un impegno comune per poter iniziare la ricostruzione di una collaborazione importante fra tutti i Paesi costieri. Il problema non è solo italiano, ma europeo – dicono all’associazione, ricordando che – la Croazia ha dichiarato di voler aprire le acque territoriali alla ricerca e all’estrazione di petrolio in base all’ipotesi circa un giacimento di oltre 700 milioni di tonnellate presente nell’Adriatico centro meridionale».
Soffermandosi sul rischio di incidenti e sulle caratteristiche di “mare chiuso” che rendono l’Adriatico «estremamente fragile», il vicepresidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, sottolinea che «continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi nel mare Adriatico e, più in generale nel Mediterraneo, è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese e nemmeno per le altre nazioni costiere».
«Occorre abbandonare questa politica energetica miope orientata sulle fonti fossili – aggiunge Ciafani – e spostare l’attenzione e le risorse su rinnovabili, efficienza e risparmio, investendo su una politica energetica basata su fonti pulite, facendo scelte lungimiranti, e facendosi promotori di politiche internazionali di tutela di tutto il mar Mediterraneo e l’Adriatico, piuttosto che seguire le scelte petrolifere degli altri Paesi. Su questo l’Italia può e deve giocare la sua capacità competitiva internazionale».
«Troviamo fortemente contraddittorio l’atteggiamento del premier Renzi – osserva il presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco – che da una parte si fa paladino del cambiamento rompendo vecchi privilegi, equilibri e rendite di posizioni e dall’altro dimentica di ‘rottamare’ un’economia energetica novecentesca. Ci auguriamo che il Governo esca da questo stato di confusione rispetto alla direzione da prendere per portare il Paese fuori dalla crisi e metta in atto serie politiche di crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva e traghetti l’Europa, nel semestre di presidenza italiana, con azioni forti sulla tutela ambientale e rinascita dell’intero Adriatico».
Infine, conclude Legambiente, «sono bastati questi annunci per far scattare, anche nel nostro Paese, da parte del Governo e del ministro dello Sviluppo economico proclami e annunci in favore del rilancio delle attività petrolifere in mare seguendo il principio, alquanto discutibile, che è inutile fermare le attività estrattive nel nostro mare se tanto partono le trivellazioni nelle acque di competenza degli altri Paesi costieri. Quando invece sarebbe molto più logico lavorare per avviare delle serie politiche di tutela, a livello internazionale».