Miti lunari

20 settembre 2014 | 13:10
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Miti lunari

di Valter Marcone

Miti lunari in Arabia del Sud

Nell’antica Arabia del sud era diffuso il culto della luna. Essa formava, con il sole e Venere, la triade di padre, moglie e figlio. In diversi monumenti arabi compare la mezza Luna con la parte concava rivolta verso l’alto, con sopra il disco solare. La luna in queste regioni è preferita per la sua luce tenua, quindi opposta al Sole cocente. Tra i beduini del deserto il Dio Luna “Amar” è maschile e si trova anche con i nomi di Al-latt oppure Al-cuzza, che significa “nume dei numi”. Il sole, viceversa, è femminile e viene chiamato “Shams”. Sole e luna venivano denominati le due lune. Tra i popoli della mezza luna, dunque, le eclissi di sole erano presagio di sventura e di morte. Sembra che i beduini vivessero l’archetipo luna in modo simile a quello dei Nord Americani; pur non conoscendo la loro esistenza, pensavano anche che la scomparsa e la ricomparsa della luna fosse dovuta alla sua entrata e uscita da una guaina che per entrambi i popoli sarebbe stata una galleria; la Luna, nel caso specifico, era paragonata al membro maschile.

Il calendario religioso Islamico era ed è lunare perché gli Arabi furono studiosi di astronomia. La luna per loro governava sulla terra tutto ciò che è disposto a mutare, a crescere e a decrescere ciclicamente. I definitici lunatici erano di costituzione piena e perfetta come l’astro protettore loro corrispondente.

Anche per i medici arabi esisteva il mal della luna e le crisi dei malati dipendevano dalla troppo abbondante luce lunare.

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Miti lunari in Grecia

Presso i Greci la luna veniva chiamata Selene, ma il suo culto è sporadico a differenza di altri popoli come quelli asiatici, per i quali il culto della luna aveva un posto eminente.

Nell’Arcadia, ritrovamenti archeologici testimoniano la diffusione del culto di Selene dove era venerata insieme a Pan in una grotta del monte Liceo. Pan era presso i Greci il dio della montagna, il simbolo della vita agreste. Era anche il protettore dei boschi e delle sorgenti e divenne patrono della pennichella quotidiana dei pastori. Pan sapeva infondere visioni e terrori improvvisi, da cui il nome di “panico“. Si credeva che Pan apparisse in sogno per dare consigli e suggerimenti.

Ad Atene si offrivano a Selene libagioni di latte, miele e acqua e focacce a forma di luna e il mito della luna fu naturalmente collegato al Sole (Elio), di cui veniva rappresentata come moglie, figlia o sorella. La connessione delle fasi lunari a molti fenomeni terrestri diede grande diffusione alla credenza che molti fatti e avvenimenti della natura terrestre e dell’umanità dipendessero da Selene, secondo fasi o periodi ascendenti e discendenti.

Le giovani giunte all’età di prendere marito imploravano Selene di essere sciolte dal voto della verginità; alla stessa dea le vergini, preparandosi al matrimonio, offrivano come primizia la propria chioma. Persino le donne piangenti sulla tomba dei figli non trascuravano di cantare inni alla luna secondo quando riferisce Virgilio nelle sue Georgiche, Libro IV.

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Miti lunari fenici

La luna dei Fenici veniva chiamata Astante. Questo nome penetrò nel mondo greco-romano e si ritrova menzionato anche nel vecchio testamento ed è una delle maggiori divinità del mondo semitico.

Quindi Astante per i popoli fenicio e semita rappresentava la divinità per eccellenza e venne identificata con l’Afrodite greca e l’egiziana Iside.

Il carattere più spiccato dell’Astarte fenicia fu quello di essere dea madre, che appunto rivela un modo particolare di definire la natura. Essa è dunque la terra madre, progenitrice di tutti gli esseri viventi: piante, animali e uomini ed è fecondata dal suo sposo celeste Baal (il signore).

Iscrizioni egiziane ed assire già nel secondo millennio a.c. documentano questo culto.

Molto diffusa è una effige di Astante raffigurata con le corna ricurve, come la dea egizia Hatbor (nome di una città israelitica).

Anche i cartaginesi rappresentavano Astante “Dea dell’amore“ con due mezze lune e la chiamavano Tanit. Nell’Amazzonia del nord Tanit Kamoshi si collega con la mezza Luna d’oro e con Keri, nome collegato con i culti cartaginesi.

A Cartagine veniva venerata con il nome di urania o Dea celeste e veniva invocata contro la siccità. A Thugga, presso cartagine, ancora oggi si possono vedere le rovine del tempio innalzato alla Dea Caelestis.

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