Saturnino va a Parigi

22 settembre 2014 | 17:30
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Saturnino va a Parigi

di Raffaella De Nicola

Lo hanno voluto in Francia, in uno scenario di lussi e intrighi, omicidi e veleni, ma anche raffinatezza e arte. E lui, glabro di sontuosità, le ferite delle frecce aperte e sanguinanti, il corpo muscoloso di un comandante militare sarà lì, dal Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila, accanto a Leonardo, Michelangelo, Perugino, Raffaello, Tiziano, Pinturicchio. Lui è il San Sebastiano di Saturnino Gatti. Loro sono Rodrigo, Valentino e Lucrezia, l’opulenza della corte papale, i matrimoni come strategia, ma anche il mecenatismo nei “Borgia e il loro tempo” in mostra, fino al 15 febbraio, al Museo Maillol di Parigi.

Mescolanza di Rinascimenti diversi, specchi di personalità, e terre, diverse. Qui, Saturnino Gatti, nato a San Vittorino nel 1463, cresciuto accanto alle espressioni classiche e ai rilievi paleocristiani di S. Michele da una parte, e dall’altra i rumori dei cantieri che riparavano i danni del sisma del 1461, si forma nella bottega di Silvestro dall’Aquila. Scultore, orafo e pittore raccoglie nella sua esperienza artistica il grande movimento del secolo d’oro aquilano: i santi che sono passati, San Bernardino, San Giovanni da Capestrano, S. Giacomo della Marca, le parole scese sui battenti delle porte e fissate nell’ideogramma bernardiniano del sole a 12 raggi, in una città che cercava la consolazione alla peste e ai terremoti guardando Dio. E ancora il privilegio di battere moneta, la fondazione dell’Università, la prima tipografia del meridione con Adamo da Rottweil, Raffaello che dipinge la Visitazione per i Branconio a San Silvestro.

Una cifra artistica, quella di Saturnino, espressa nel meraviglioso caleidoscopio di angeli che volteggiano intorno all’Eterno, che io mi perdo a guardare, la testa in alto che ruota nella girandola di colori iridescenti, gli effetti illusionistici, con l’angelo che accorda il liuto ed àncora il mio orientamento nella chiesa di San Panfilo a Tornimparte.

E la terracotta, i frantumi di Sant’Antonio abate, sempre al Museo dell’Aquila, siamo nel 2009, la mano dell’uomo che li prende con accorata rassegnazione, li classifica e li fascia per un restauro non ancora iniziato, la Sacra famiglia, la Pietà e le richieste di committenze fuori i confini della città, frontiere attraversate nel tunnel del tempo se il suo “Transito della Santa casa di Loreto” ora è al Metropolitan Museum di New York.

E’ nel 1517, alla vigilia della sua morte avvenuta l’anno dopo, che prende il legno, lo scolpisce con i capelli attorcigliati, la bocca semiaperta con il particolare tutto umano dei denti che si intravedono, e realizza il San Sebastiano voluto a Parigi, interfaccia, nelle sue numerose rappresentazioni, secondo Sgarbi, dell’Apollo pagano, dio bello e solare, condito da “ sufficiente ambiguità, divenuto anche icona del mondo gay”.

Un passaggio, quello di Saturnino Gatti, che ritrova la famiglia dei Borgia, già conoscitori della creatività artistica della città dell’Aquila, se proprio al matrimonio della tredicenne Lucrezia con Giovanni Sforza il 2 febbraio 1493 si interruppe la noia di una rappresentazione in latino con l’egloga, in onore degli sposi, di Serafino aquilano, la cui lirica cortigiana troverà numerosi imitatori in Italia, Francia, Spagna, Inghilterra.

Storie, uomini e tempi diversi. Creatività di una terra, allora capace, che ha percorso le anse della civiltà esportando bellezza e originalità con un orgoglio ormai diluito nelle viscere del tempo, e che cerca, ora siamo noi, inquieti, lo sguardo in alto, i capelli attorcigliati, il corpo trafitto e glabro di sontuosità e quella bocca, semiaperta, in un urlo muto di dolore.

[i]Foto di Gino Di Paolo, dal volume “I volti dell’anima. Saturnino Gatti” di Lucia Arbace, De Siena editore, 2012[/i]

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[i]La Gloria di Dio – volta Chiesa San Panfilo di Tornimparte.[/i]

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[i]Madonna in trono con Bambino – dipinto su tavola – L’Aquila Museo Nazionale d’Abruzzo.[/i]