
di Valter Marcone
Un piccolo “sol”
tra un “re” e un “re melodico”
e lo stacco del cuore
fattosi legno, come il legno
di un corno inglese
polverizzato da un suono,
un continuo suono
come un canto, un canto
d’amore.
Quel canto e tu eri
in quel canto
in quel canto di dolore.
Oggi, il mio dolore sei tu.
E quando canto quel pianto
senza strumenti
o con tutti, con tutti gli strumenti
quelli dolci si fanno aspri
e aspro diventa il mio dolore.
Aspro il mio dolore
che si scopre e risponde
alla ripetizione
– amore mio, amore mio dove sei –
dove sei e cantando
cantando ti ritrovo:
nel frammento di un “re”
che fa ordine al caos,
al caos sbandato
d’un mi sotto il “do” centrale
fino al “si” bemolle
trasognato, lento. Lento assolo
d’una malinconia,
d’una malinconia nel caos parallelo
del cuore anche lui sbandato
come tutte quelle note
sopra il “do” il “do“ centrale
nel caos del cuore addolorato.
Ora il mio dolore
canta e marcia all’indietro,
all’indietro, all’indietro fino
a quelle tre note
perdute “re-re-sol” nel caos
come ho perduto te
amore, amore mio
che oggi sei il mio dolore
il mio dolore di oggi.
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