Uomo tra gli uomini, un sogno inquieto di amore e solidarietà

di Valter Marcone
“ [i]. . . Sai misurare l’ora breve e lunga/ tu che in tal modo cogli istante ed anno/ ritmo di tempo e risonanza eterna/ Io sento e tu fotografi l’affanno/ che dalle umane menti si squaterna./ Tu numeri le lagrime che io tengo,/ io curo le ferite che tu conti;/ io di mia fede mi fo saldo ubergo/ e tu fra bene e male innalzi ponti[/i]”. Sta tutta qui la sintesi – il senso, il valore – della silloge di versi di Mario Fratti che Joseph Tusiani pubblica a modo di affettuosa lettera all’autore in premessa alla stessa nel volume “Volti“, pubblicato dall’editore Tracce.
{{*ExtraImg_218063_ArtImgRight_300x491_}}Il volume di poesie ‘Volti’ di Mario Fratti, con prefazione dello scrittore Paolo Di Paolo e uno scritto di Gino Spinelli de’ Santelena è stato presentato in anteprima mondiale a L’Aquila, mercoledì 24 settembre, alle ore 17.30, nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila in Viale Nizza da Paola Inverardi, Rettrice dell’Università degli Studi dell’Aquila; Liliana Biondi, Docente di Critica Letteraria dell’Università dell’Aquila; Annamaria Giancarli, Poetessa; Goffredo Palmerini, Giornalista e scrittore. L’attrice Daniela Cecchini ha letto alcune poesie tratte dalla silloge, mentre gli interventi sono stati coordinati dalla giornalista Annamaria Barbato Ricci.
Presente naturalmente Mario Fratti, tornato in Italia da New York, dove vive, per presentare, oltre a “Volti“ a L’Aquila, anche un volume di commedie a Pescara e alcuni lavori sul fumetto a Città di Castello, mentre incombono a New York le prove della sua commedia “Six Passionate Women”, che parla della vita di Federico Fellini. Per l’occasione del suo ritorno in Italia, nella mattinata di mercoledì, ha ricevuto dalla Società Dante Alighieri un diploma di emerito della cultura e una riproduzione della statua di Dante ubicata a Malta.
In realtà Fratti, in occasione del suo ottantesimo compleanno, nel 2007 era già tornato a L’Aquila per la presentazione, presso il salone della Provincia dell’Aquila, della sua commedia “Eleonora Duse“, rappresentata nel 1967.
{{*ExtraImg_218064_ArtImgRight_300x201_}}Partito proprio da L’Aquila 36 anni fa, ha trovato in America una affermazione non solo come critico teatrale e come docente, ma soprattutto come autore teatrale, con le sue 90 piece rappresentate in 600 teatri. Una intensa attività che ha visto le sue commedie pubblicate in diciannove lingue e numerosi premi. Una attività instancabile, tanto che su “La voce“, giornale on line, presenta settimanalmente atti unici di attualità. L’ultimo, per esempio, parla degli islamisti e dell’Isis con un forte accento sul valore e sull’affermazione della vita all’interno di un tempo che può sembrare tiranno, ma che in realtà è la sintesi di un “sempre”.
A proposito del tempo, nel caso del quasi novantenne Mario Fratti – drammaturgo aquilano residente, come detto, da oltre 50 anni a New York, dove ha colto continui successi, innanzitutto col celeberrimo musical Nine, per anni replicato a Broadway, e vincitore di 7 Tony Awards – il tempo non potrà mai, in alcun modo, tiranneggiare nessuno. Il tempo non ha nulla a che vedere con le persone; ha invece tutto a che vedere con il valore delle persone, che è il valore da esse prodotto. Il valore, per esempio, che le poesie della seconda parte di questa silloge vogliono affermare con forza. Quello della democrazia da difendere dovunque venga calpestata. In altre parole, il sogno di amare, di sconfiggere la solitudine, la paura dell’isolamento, mantenere viva l’attenzione sulla ferocia dei fascismi quando non si tiene alta la bandiera della libertà.
{{*ExtraImg_218065_ArtImgRight_300x196_}}Ma andiamo con ordine, tornando proprio a quella che è la peculiarità del Fratti drammaturgo. Il copione della sua vita è il copione dei suoi drammi, che hanno delle regole ben precise e si avvalgono di colpi di scena essenziali, funzionali alla narrazione, liberatori. E un colpo di scena sembra essere appunto la confessione che l’unico romanzo e la silloge di poesia presentata sono opere giovanili. Dunque una storia la cui trama si deve aver ben presente fin dall’inizio per condurre per mano il lettore e lo spettatore; il o i colpi di scena da dare ai lettori. E così Mario Fratti ci offre una storia che egli aveva in mente fin dall’inizio; la storia della sua vita, che è quella di essere uomo tra gli uomini; di una vita in cui vivere equivale a lottare, facendosi beffa di alcune cose, nella solidarietà per il dolore e con il dolore degli altri e con la consapevolezza che c’è una dignità e una pietà nel chiedere perdono ai propri simili. E ci offre come colpo di scena una silloge giovanile che sta oggi a questo suo tempo della maturità come stava ad alcuni fulminanti intuizioni della sua giovinezza.
{{*ExtraImg_218066_ArtImgRight_300x123_}}Oggi, avendo colto tantissimi successi e sfiorando le 100 commedie tradotte in tutto il mondo, Fratti torna alle origini con i versi pubblicati dalla casa editrice Tracce, per dare un’ulteriore prova della fantasmagoria del suo spirito, sensore dei moti dell’animo umano, così come li ha tante volte rappresentati nei suoi ‘Unpredictable Plays’, che costituiscono il suo teatro dai finali inaspettati.
“Volti“ sono dunque fotografie in poesia . Volti, sostantivo plurale indefinito, in cui ognuno può ritrovare il proprio volto, quello che la vita ci impone. Fotografie dallo spessore morale, in cui il sapore dei volti può essere amaro; frammenti epigrammatici in cui l’esistenza delle cose quotidiane, quelle a cui normalmente non diamo peso, assumono un rilievo tagliente. Come taglienti si fanno quelle biografie che si intravvedono da un tic, da un dettaglio, da una debolezza, un mistero.
Le basi su cui riposa il pregiudizio vengono così lentamente erose, aiutando chi vi si era appoggiato a vedere meglio, a non fermarsi al primo sguardo, imparando dunque a riconoscere il peso e l’importanza di cose che prima apparivano senza valore. L’insignificante dischiude in questo modo il proprio senso e ci aiuta a reimparare l’esercizio smarrito di riconoscere il significato delle cose che la cultura egemone ha decretato insignificanti.
Annamaria Giancarli ha detto, nel suo breve commento alle poesie di Fratti, che la parola è l’impronta di chi la scrive, conserva il passato, la memoria. Quante parole ha dunque scritto Fratti? L’estroso Paolo Albani per un altro verso nel suo blog (paolo albani.it) parla in un recente post della bibliofagia, l’arte di mangiare le parole per essere altro da sé, per divenire. “[i]Un lungo rotolo di parole che si sciolsero come miele nella bocca del profeta[/i]“ sembra essere il destino delle parole di cui sono fatte le poesie di “Volti“, suggestione e percezione anche di un quadro di colori diversi, quelle delle storie umane fissate nel divenire ma allo stesso tempo atemporali. Le parole di Fratti ci aiutano ad essere altro perché restituiscono temi dell’esistenza umana che vengono dall’ascolto e dalla ricerca “[i]dell’umanità dell’uomo[/i]“, dell’essere che appunto si definisce umano, al di là delle apparenze. Una esplorazione del mondo attraverso esperienze di vita. Esperienze di vita giovanili, stando al fatto che queste composizioni sono state scritte in un tempo lontano. Che contengono in nuce quello che sarà poi Mario Fratti.
E proprio per insistere sul libro persona, sulla parola- fatto, sul mondo-vita va ricordato che fu proprio il poeta latino Ovidio, esiliato a Tomi, ad introdurre queste idea del “libro persona”, del libro vivente. Infatti nella elegia III,1 dei Tristia immmagina che il suo libro, appunto le elegie scritte durante l’esilio, divenuto persona, si rechi da Tomi sul Mar Nero a Roma per farsi accogliere in una biblioteca della capitale, in quella fondata dallo stesso Augusto sul Palatino o in quella fondata da Asinio Pollione nei locali dell’Atrium Libertatis, l’antica sede dei censori, all’estremità settentrionale del Foro di Cesare. Al di là dell’esito positivo di questo suo desiderio e il fatto che Ovidio immagini proprio la cacciata del suo libro dalla biblioteca, l’idea che il libro stesso possa diventare persona ha un fascino esclusivo. Il fascino appunto della parola. La parola che Fratti fa vivere e crescere nelle sue poesie.
Il volume si divide in due parti. La seconda contiene “[i]poesie scritte dopo il 1963 a New York[/i]“ e ne abbiamo già riferito. La prima invece contiene composizioni minimali che mettono assieme un mosaico appunto di vita quotidiana che si esprime in valori che depositano idee, affetti e simboli di cui spesso non ci rendiamo conto o ne sottovalutiamo il senso. Più siamo in grado di recuperarlo e di integrarlo nel nostro orizzonte mentale ed emotivo, più il mondo si allarga e acquista profondità. La profondità delle singole parole che appunto traspare nel lunghissimo elenco dell’indice. Parole singole per indicare altre parole. Parole che aprono ad altre parole un orizzonte in cui lo scavo, anche linguistico, al di là delle allitterazioni, si fa premonizione per una illuminazione che ti fa fermare, sostare, per pensare.
{{*ExtraImg_218067_ArtImgRight_300x250_}}Una parola finale per questa presentazione con riserva di tornare a parlare proprio delle poesie che compongono “Volti“. Scrive Giuseppe Capograssi in [i]Lettere a Giulia[/i] “Sì, io amo i luoghi della mia fanciullezza, o Giulia, e amo pure i luoghi della fanciullezza della mia stirpe: la mia casa è vecchia, e lacerata e scarnita da un così lungo volare di anni e di secoli sopra di essa, ma io l’amo perché è la mia casa . . . e vi dormono i miei maggiori che vi si sono, l’uno appresso all’altro, addormentati nel Signore, da tanto tempo, da troppo tempo”. E’ questo il senso del ritorno di Mario Fratti a L’Aquila, del suo amore per la sua Aquila proprio nel momento in cui ha più bisogno delle sue parole che dicono “vivere è lottare“.
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