
Pazienti reduci da un’operazione di aborto – spesse volte anche spontaneo – ricoverate accanto a donne in procinto di divenire mamme. Di recente, il reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’ospedale San Salvatore aquilano sembra essere stato protagonista della gestione di situazioni molto delicate, affrontate, a quanto testimoniato, con poco rispetto delle donne soggetto ed oggetto di aborti.
In una stessa camerata d’ospedale, mamme e partorienti condividono tempo e spazio con donne alle quali, volenti o nolenti, la maternità è stata negata. «Una tensione psicologica senza eguali. Due volte sono stata testimone di accostamenti di questo tipo. Credo che in un ospedale, soprattutto nel reparto dedicato alla Maternità in senso lato, la psicologia dei pazienti sia sacra e da tutelare. Possibile che nessuno si sia mai accorto dello smacco perpetrato ai danni di chi non riesce ad avere figli e deve stare obbligatoriamente sdraiata accanto a chi sta per partorire?».
A [i]IlCapoluogo.it[/i], una giovane donna aquilana di 27 anni, che scegliamo di indicare con un nome di fantasia, Carla, racconta la sua testimonianza. In due occasioni, ha visto la debolezza femminile non tutelata e, a suo avviso, la mancanza di volontà nel rimettere a posto «ciò che a posto non è».
Ancora luci e ombre, quindi, sul presidio ospedaliero aquilano, da sempre considerato uno dei migliori in Italia a livello di cura e tutela del paziente. Carla è stata spettatrice, come afferma lei stessa, «di casi di poca tutela e considerazione della persona e quindi della paziente. Diventare mamme – racconta – è un’esperienza bellissima. Non ho mai provato questa meraviglia sulla mia pelle, ma, posso immaginare la contentezza delle neomamme che per la prima volta si accostano alla magia della nascita. Tempo fa, all’incirca sei anni or sono, mi trovai al San Salvatore come accompagnatrice per via di un’operazione che dovette subire un membro della mia famiglia. Una mia parente venne, infatti, ricoverata presso il reparto di Ginecologia e Ostetricia. Per caso, riscontrai che una donna in procinto di sottoporsi ad esami per una personale difficoltà ad avere figli, era stata ricoverata in una camerata con altre donne in dolce attesa. Tre future neomamme, insomma, assieme ad una donna con problemi relativi alla maternità. Allora, lo ammetto, rimasi molto interdetta».
Ma le pecche da riscontrare, per Carla, non finirono lì. Il suo destino, infatti, si intrecciò nuovamente con quello dell’ospedale aquilano nell’autunno di quest’anno. A malincuore, dovette ammettere a sé stessa che le cose, nonostante il tempo trascorso, non erano poi cambiate di molto. «Di recente, sono capitata di nuovo al reparto di Ginecologia ed Ostetricia del San Salvatore. Era il 3 settembre scorso e questa volta capitai lì, fortunatamente, per un lieto evento. Una mia parente, infatti, è divenuta mamma di un bel bambino. Anche in quell’occasione frequentando il reparto, constatai che una donna, vittima di un aborto spontaneo avvenuto al quinto mese di gravidanza, era stata ricoverata nella stessa stanza con tre partorienti. La camera era piena zeppa di palloncini, peluche, colori e fiocchi vari: un contorno, diciamo, classico e diffuso in un reparto del genere, che andava a cozzare non poco con l’umore dell’unica paziente ‘non mamma’». Fu allora che Carla decise di segnalare la situazione, anche lei provata da un ennesimo «schiaffo al rispetto della condizione di donna». Carla si è confidata anche con le sue amiche e parenti. «Si parla tanto – afferma – di violenza fisica e psicologica sulla donna e poi tutto questo succede proprio in un ospedale, che dovrebbe essere il regno del benessere psicofisico».
«Ciò che mi ha scioccato, dico la verità, – afferma ancora Carla a IlCapoluogo.it – è che nonostante i sei anni trascorsi, la situazione si è ripresentata identica, senza alcun angolo smussato. Sarebbe meglio, a mio avviso, cercare di non far capitare casi di questo tipo nello stesso luogo. L’aborto, sia spontaneo che volontario, è un suicidio interiore per una donna. Trovarsi nella stessa stanza con neomamme o mamme in generale felici e contente, nulla togliendo a loro, credo possa essere deleterio per la psicologia e la personalità di una donna che la maternità la vive dal lato opposto. Il San Salvatore e il reparto di Ginecologia ed Ostetricia soprattutto, rappresentano una punta di diamante per tutto il capoluogo d’Abruzzo e non solo. Eppure, ciò che ho costatato personalmente, è una specie di macchia nera di superficialità, che si allarga e ingrandisce sempre di più. Spero qualcuno porrà rimedio, prima o poi. Intanto io ho voluto dire la mia, sia come donna che come futura paziente del prestigioso reparto aquilano». (g.c.)