Le 9 vite dell’aquilano medio

9 ottobre 2014 | 12:31
Share0
Le 9 vite dell’aquilano medio

di Raffaella De Nicola

E’ noto come i gatti quando cadono dai balconi riportano, a differenza degli altri animali, solo ferite lievi. C’è però una razza, quella aquilana, che supera la capacità felina delle proverbiali 9 vite perché grazie ad uno shock transitorio, che toglie qualunque rigidità articolare, distende tutte e quattro le zampette (braccia e gambe) e attraverso un sensore, le orecchie, anticipa il pericolo della caduta del balcone sopra la calotta cranica mentre passeggia tranquillamente con il proprio Pippo (cane) nel progetto CASE. Ma questo è solo l’ultimo attentato alla vita dell’aquilano medio. Sono in atto infatti da circa 5 anni bombardamenti per testare la resistenza della razza.

Quando l’aquilano medio dalle 9 vite sente dire dal neo ministro dei Beni culturali “cinque anni per riconsegnare L’Aquila al resto del mondo” esulta e gioisce. Poi però quando è lo stesso Ministero a bloccare la ricostruzione e i pagamenti a ditte e personale interno, perché senza direttore regionale da aprile, qualche dubbio sul “massimo impegno” viene e quindi come nei videogiochi si perde una vita e ne rimangono 7 (una è stata persa perché sfiorati dal balcone che cade, ricordate?).

Ma l’aquilano medio, come un gatto stramazzato, dopo un istante di pausa si rialza e ricomincia da un altro livello.

Un nuovo azzeramento avviene quando la figlia chiede [i]Maa’? lo sai che nelle altre città si esce ogni giorno e vanno in centro?[/i] Ecco, questa è la domanda che fa perdere almeno 2 vite, perché ti fa sentire in colpa: potevi offrirle di più andando via, vero? SI. Perché l’unica ricostruzione avviata in centro storico è dei mattoncini LEGO.

Ma la domanda gagliarda viene dall’amica del Nord a una come me, vera Nerd post sisma (noi aquilani siamo come l’Iphone: ci sono varie versioni): poca propensione sociale, occhiali grossi e neri, parlo con il PC tutto il giorno. L’amica cinguetta che vorrebbe [i] “vedere il Mammuth. E’ nel Museo del Castello, né? Se vengo faccio compere in centro storico e poi lo andiamo a vedere, né?“ [/i] A questo punto il malloppo gastrico si indurisce e come una cariatide, avvezza ormai al controllo e a sublimare la distanza dagli altri come un’esperienza mistica, le stacco un ticket fra 20 anni. Nel frattempo le propongo i nuovi fossili che ho votato per l’ultima volta. Se viene, fra un giro e l’altro, le mostro la potenza delle classi botaniche che stanno sommergendo l’apparecchio aquilano, paramento murario di selci squadrate medievale, o come NON si mantiene un bel parco comunale come quello del Castello. E quindi con il binomio vincente di cemento e corruzione, criminalità organizzata, ma anche piccola, inefficienza e incapacità, canoni d’affitto da “la grande mela”, clandestini che abitano le nostre case vuote, furti persino ai fermi delle foto al cimitero, non riesco neanche a consolarmi con un big MC perché non ho capito come possa raggiungere il MCdrive e anche il navigatore si lamenta: non parla più, si è ammutolito.

Se penso che abbiamo ancora delle vite mi sparo. Ma meno male che c’è Pluto. Lo vado a trovare al progetto C.U.C.C.E della Fontana Luminosa. Lui è tranquillo perché ha un piano terra, senza balconi. Ha una bomboletta spray fra le zampe, sta dipingendo le pareti per la street art insieme a Bianchina, Gigino e Nerone perché, loro sì, hanno una visione internazionale. E così fra mazzette, mazzate, finti tonti e veri furbi, il gioco del domino come scarico di responsabilità, mi godo il murales di Pluto: un gatto forastico, pelo dritto, che zumpetta di sbieco, con la gobba, che si gonfia e soffia minaccioso.

Capiamo la diffidenza, però io ho trovato la soluzione. Farò fare a mia figlia il barbiere al Senato. Anche se dal 2015 guadagnerà solo 99mila euro l’anno.