Ogni giorno mi metto a cercare

15 ottobre 2014 | 07:42
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Ogni giorno mi metto a cercare

di Valter Marcone

Quando perlustriamo territori astratti – spiagge prive di mare, riviere introvabili, plaghe senza la minima parvenza di riconoscibilità – sembra che ne usciamo con la sensazione di una sconfitta o di una resa. Quando siamo messi di fronte all’assenza di una geografia o immersi nell’avarizia di parole, immagini e suoni, allora siamo in un sogno. Quello è il momento del sogno, anche se poi, in realtà, è il modo in cui ricordiamo quello che abbiamo sognato. Strade, città, paesaggi, situazioni si intuiscono, ma solo per assenza. Sono uno spazio evanescente. Tentare di ricostruire il sogno a volte ci aiuta ad allontanare la sensazione di smarrimento, perché ci restituisce, seppure in altra forma vita a frammenti, vissuta o non vissuta, i suoi perché, i suoi dubbi e le sue certezze, vicine o lontane nel tempo. Con il passo del giorno, del quotidiano, il sogno ci aiuta, però, tra utopie negate e schegge di attesa, a restituirci una volontà di vita: quella che serve per continuare a sognare anche da svegli.

Ogni giorno mi metto a cercare

Ogni giorno mi metto a cercare

il nome latino

di ogni pianta

lungo i sentieri di questi campi

ad ovest della tenerezza

dei colori dei fiori

dei profumi, delle carezze,

del sole.

Poi non so decidermi

se odora più di timo

o di rosmarino

il mio pensiero di te

oggi che faccio attenzione

al ricordo d’un sogno

e del suo verde profondo,

il verde dove ho ritrovato te.

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