
di Roberta Galeotti
[i]L’Aquila, una città sull’orlo di una crisi di nervi.[/i]
Ne abbiamo le prove.
Che la situazione a L’Aquila sia insostenibile è un dato di fatto; che le file e la burocrazia rendano gli aquilani esasperati e nevrotici è, ormai, un nuovo dogma aquilano; che i dipendenti statali siano considerati dall’opinione pubblica come dei fannulloni, che prendono uno stipendio immeritatamente è un’altra dura verità.
Così il sindaco Cialente, vista la situazione insostenibile di scontri e lamentele continui, ha dovuto diramare una circolare a tutti i dipendenti dell’ente per ricordare ai suoi colleghi di rispondere educatamente alle telefonate e di confrontarsi in modo appropriato con tutti gli utenti, anche i più esasperati.
«Ricordo che si deve rispondere sempre educatamente anche agli utenti più esasperati e quindi aggrassivi» si legge nella circolare del sindaco.
«Chiunque non dovesse riuscirci può cambiare lavoro o mettersi in aspettativa» conclude il primo cittadino.
Davanti ad una realtà tanto dura resta l’amarezza di una città distrutta dal terremoto e dalla imcompetenza di chi avrebbe dovuto organizzare la ricostruzione sociale ed edile di L’Aquila, ma non ce l’ha fatta.
L’Aquila rappresenta la sconfitta di un sistema intero. Tutte le amministrazioni, da quella comunale, a quella regionale, fino alla nazionale, hanno perso.
Nessuno è stato in grado di organizzare e semplificare nessuno step della filiera della ricostruzione; dalle procedure del riallaccio delle utenze post ristrutturazione, alla gestione della grande ricostruzione.
In una città con tanti disservizi e tanti problemi sociali, gli abitanti rimasti in loco non possono che essere esasperati e nervosi. La città è nevrotica, ridotta ad un buco nero centrale e un tessuto spalmato su 40 chilometri in linea d’area, senza servizi adeguati. Almeno preoccupiamoci della forma e del bon ton.
LA VERITA’ DI CIALENTE: L’ultima goccia che ha fatto dire «basta» al sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, alla scortesia di alcuni impiegati del Comune nei confronti dei cittadini, la lamentela di una signora straniera.
Ma otto mesi fa al telefono a sentirsi liquidare in modo poco educato e con una frase in dialetto è stato lo stesso papà del sindaco. In quell’occasione aveva chiesto informazioni all’azienda servizi municipalizzati, sul servizio finalizzato a rimuovere con grandi contenitori l’ immondizia negli spazi pubblici dei condomini ristrutturati dai danni del sisma del 6 aprile 2009.
La risposta è stata, in linea di massima, ‘se ji vo’, vettijì a pijà tù (‘se li vuoi vieniteli a prendere tù), riferito ai contenitori.
Due episodi che si sommano ai tanti che il sindaco dice di conoscere. «Sono almeno tre anni che ricevo segnalazioni – afferma Cialente – Stamane – dice il sindaco spiegando la decisione di emanare una disposizione sindacale richiamando alla cortesia e invitando in caso non si possano soddisfare i criteri di educazione a cambiare mestiere o chiedere l’aspettativa – una donna straniera è venuta a denunciare di essere stata trattata molto male. Allora ho deciso di dire basta. Infatti, è l’ ennesimo grave episodio che mi è stato segnalato nel corso dei mesi. Il primo di una lunga serie è accaduto a mio padre. Per fortuna che è mio padre, altrimenti un altro mi avrebbe gonfiato. Ora basta, tutti prendono lo stipendio, molti più alto del mio, o ci si attiene alla regola del rispetto, oppure si cambia mestiere».
Il primo cittadino rigetta il rilievo di provvedimento antisindacale. In caso di violazione della disposizione, a suo avviso, il dirigente deve fare un richiamo al dipendente «altrimenti dovrò sanzionare lui. Sia chiaro – puntualizza – non tutti i dipendenti sono così ma si rischia che una minoranza faccia l’immagine complessiva dell’Ente. Queste azioni, inoltre, bisogna capire che si fanno contro cittadini terremotati, già segnati dal dolore».