Processo Bussi, «Gli imputati? Ostaggi processuali»

7 novembre 2014 | 17:04
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Processo Bussi, «Gli imputati? Ostaggi processuali»

«Gli imputati sono ostaggi processuali perché servono ad agganciare la responsabilità di Edison, la loro funzione è solo questa».

Così, davanti alla Corte d’assise di Chieti, dove si sta celebrando il processo per le cosiddette discariche dei veleni di Bussi, il legale Tullio Padovani, difensore di uno dei 19 imputati, Guido Angiolini, amministratore delegato di Montedison dal 2001 al 2003.

«Sono un manipolo di vecchietti – ha aggiunto – che debbono poter essere condannati soltanto perché scattino i meccanismi successivi. Tecnicamente sono ostaggi, cioè bisogna pagare il riscatto. Ma questo mica solo in questo processo: è un andazzo, come il capo di imputazione, non è mica solo in questo processo, è una tecnica. Oramai in Italia ci siamo collaudati per costruire accuse retrospettive: col senno di poi, cioè con i metri di valutazione del 2014 si giudica il ’60, il ’70, l’80, in un modo che finisce col mettere sotto processo un modo di produzione, uno sviluppo industriale».

«Per giunta l’imputato che io assisto, Guido Angiolini – ha aggiunto il legale – che è stato considerato una sorta di regista dell’intera vicenda, è un soggetto del quale si può non solo fondatamente ma incontrovertibilmente dimostrare la perfetta buona fede e l’assoluta assenza di qualsiasi elemento significativo tanto che non è neppure menzionato nel capo di imputazione. È un processo che non si doveva fare e sarebbe stato molto meglio non farlo».

Nel caso della discarica di Bussi non si può parlare di disastro semmai di «fenomeno di inquinamento ambientale, che potrà essere grave o meno grave ma il disastro è un’altra cosa». Così ai giornalisti, al termine della sua arringa difensiva, l’avvocato Tullio Padovani, difensore dell’ex amministratore delegato di Montedison, Guido Angiolini, tra i 19 imputati di disastro ambientale e avvelenamento delle acque per le cosiddette discariche dei veleni scoperte nel 2007 a Bussi sul Tirino (Pescara).

Il processo si sta celebrando con rito abbreviato e, quindi, a porte chiuse. «Il disastro – ha spiegato ai giornalisti fuori dall’aula il legale – impone la verifica in concreto di un pericolo per l’ incolumità pubblica, nel capo di imputazione non è nemmeno menzionato questo pericolo, non dico menzionato e non provato, neanche menzionato».

«Si è ingigantita una situazione che – ha detto – certamente non voglio negare, assume caratteristiche di un inquinamento che potrà anche essere grave, ma è stata trasformata in qualcosa che non ha fondamento. Dovrebbe essere noto come sui siti di interesse nazionale ci sia tutto un movimento anche ora, a livello di Procure, ma in senso inverso: cioè i siti di interesse nazionale di bonifica voi giornalisti li dovreste molto approfondire, rivolgervi a certe Procure che indagano su questi fenomeni perché noi in Italia sappiamo trarre profitto da tutto, ricordatevelo».