Mamme 2.0: la morte in utero

8 novembre 2014 | 12:24
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Mamme 2.0: la morte in utero

di Annamaria Pietrosante*

Milioni di famiglie affrontano l’esperienza della morte in utero. Eppure, queste morti, ancora innumerevoli, non sono supportate né studiate.

Ogni giorno, più di 7300 bambini muoiono in utero, proprio quando i genitori si preparano ad accogliere una nuova vita. Ognuna di queste morti rappresenta una famiglia devastata dalla perdita di un figlio.

Col termine morte in utero ci si riferisce a tutte le perdite che avvengono dopo la 22° settimana di gestazione, tuttavia, quando è stato necessario confrontare i dati tra i diversi paesi a livello internazionale, si è utilizzata la definizione della OMS di peso alla nascita superiore a 1000g o età superiore a 28 settimane (morti in utero del terzo trimestre).

Milioni di morti in utero avvengono ogni anno senza essere registrate e senza influenzare la politica sanitaria globale, al punto che le Nazioni Unite non monitorizzano l’incidenza della morte in utero. Nell’era degli sforzi mondiali per la salute materna, le agende politiche e sanitarie non includono la naturale aspirazione di ogni donna di mettere al mondo un bambino vivo.

Anche nell’ambito sociale la morte in utero è nascosta. Persino nei Paesi ad alto sviluppo il riconoscimento del lutto prenatale dei genitori è un’acquisizione recente. Nei Paesi a basso sviluppo le cerimonie funebri sono una rarità ed il lutto non è riconosciuto dalla società.

I risultati di una grande indagine condotta via web tra operatori sanitari e genitori in 135 paesi mostra che gran parte dei bambini morti in utero sono allontanati dai genitori senza riconoscimenti o rituali quali l’imposizione del nome, le cerimonie funebri, la possibilità di tenerli in braccio o vestirli. Una credenza diffusa è quella che la morte in utero sia la “selezione naturale” di bambini che non sarebbero vissuti. Per circa un terzo delle morti in utero la colpa è addirittura attribuita alla madre stessa o a spiriti maligni. E’ necessario superare questo fatalismo, diminuire lo stigma sociale sulla morte in utero e offrire un supporto al lutto. Lo stigma e la colpa peggiorano e prolungano il lutto dei genitori. Il silenzio che circonda la morte in utero nasconde il problema e ostacola gli investimenti.

Le cinque principali cause di morte in utero sono: complicanze del parto, infezioni della madre durante la gravidanza, patologie della madre (specialmente ipertensione e diabete), ritardo di crescita del feto, malattie congenite.

Nel mondo il 66% delle morti in utero si realizza in dieci Paesi:

India, Pakistan, Nigeria, Cina, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Indonesia, Tanzania, Afghanistan.

Più di 40 Paesi ad alto sviluppo e alcuni Paesi a medio sviluppo hanno già raggiunto un tasso inferiore a 5 per mille nati. Le organizzazione professionali, e particolarmente la Federazione Internazionale di Ostetricia e Ginecologia (FIGO) e la Confederazione Internazionale delle Ostetriche (ICM) possono incrementare l’educazione, la formazione e il cambiamento, e, attraverso le associazioni nazionali, la qualità dei presidi di cura durante la gravidanza ed il parto. I gruppi di genitori hanno un ruolo cruciale. Il loro potere è rafforzato dalla connessione con le organizzazioni di professionisti e le altre associazioni. Questi gruppi chiedono un sostanziale cambiamento e offrono un supporto compassionevole ai genitori in lutto.

La morte di un bambino prima o subito dopo la nascita ha un impatto devastante e di lunga durata nelle famiglie colpite. La morte in utero è un lutto e dovrebbe essere riconosciuto al pari degli altri tipi di lutto, ciò nonostante le storie personali di perdita e lutto sono molto spesso ignorate a causa di tabù e ignoranza dell’argomento. Il silenzio sulla morte in utero può essere rotto dalle voci dei genitori in lutto che raccontano le loro storie. Le associazioni dei genitori sono potenti promotori di cambiamento e hanno un ruolo determinante nell’aumentare la consapevolezza per prevenire la morte in utero.

“Io posso parlare del giorno in cui lei è morta senza piangere, qualche volta. Io sono orgoglioso della piccola ragazza che abbiamo perduto. Lei mi ha trasformato dalla persona timida che ero, nell’uomo forte, sensibile, premuroso e aperto che sono adesso. Io amo Danielle perché lei mi ha ispirato a scegliere se continuare in sua memoria o cadere. Danielle avrà 18 anni quest’anno: ‘avrà’ perché lei è sempre nei miei pensieri. Per me lei vive nel lavoro che io faccio per aiutare i genitori che sono in lutto ora, come lo sono stato io allora”.

Steven Guy, UK: sua figlia Danielle è nata morta il 3 Maggio del 1993.

[i]“Ho iniziato a cercare informazioni lo stesso giorno in cui ci dissero che la nostra bambina non era più in vita. Ho scritto per il mio sollievo e il mio benessere con l’obiettivo di cercare di catturare il più possibile di lei e del suo impatto, per avere più ricordi possibili nei giorni a venire. Sei anni dopo è nato un libro: un tributo a mia figlia, fatto con un amore incommensurabile…Lei vive attraverso di noi e attraverso tutti coloro sui quali la sua storia, la nostra storia, ha lasciato il segno. Scrivendo e parlando di lei, il cerchio si è allargato e il silenzio opprimente e la noncuranza intorno alla sua vita e alla sua morte, e quella di molti altri come lei, si sono infranti”[/i].

Malika Ndlovu, South Africa, sua figlia Iman Bongiwe è nata morta il 3 Gennaio del 2003

In Italia la dottoressa Claudia Ravaldi, vittima anche lei di un lutto perinatale, ha fondato l’Associazione CiaoLapo Onlus, accompagnando nel loro percorso le famiglie colpite. E’ una persona che ha tanto da dire e insegnare al riguardo, perciò vi invito a dare un’occhiata al suo sito [url”www.ciaolapo.it”]www.ciaolapo.it[/url] o leggere il suo libro “La morte in-attesa”, molto interessante.

Piccole vite, grandi amori: la morte in utero è molto più frequente di quanto si pensi e molte persone sono pronte a darci una mano per affrontare e gestire al meglio.

*[i]Annamaria Pietrosante è ostetrica e rieducatrice perineale. Laureata all’Università degli Studi de l’Aquila nell’aprile 2013.[/i]

{{*ExtraImg_209448_ArtImgRight_300x223_}}[i]Conduce corsi di accompagnamento alla nascita nel comune di Celano.[/i]