La luna di Dante

10 novembre 2014 | 17:01
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La luna di Dante

di Valter Marcone

SECONDA PARTE

{{*ExtraImg_223165_ArtImgRight_300x458_}}Per quanto riguarda la luna, lo spazio ci permette di contestualizzare solo alcuni passi, cosa che meglio ci aiuta a comprendere il pensiero di Dante anche se qui l’obiettivo è la luna.

Ecco dunque il viaggio di Dante attorno alla luna.

[i]INFERNO, Canto VII v. 64-66

Chè tutto l’oro c’è sotto la luna

Eche già fu, di queste anime stanche

Non potrebbe farne posar una[/i]”

(Sotto la luna sta per sotto il cileo ovvero in terra)

[i]INFERNO, Canto X ,v.79-81

Ma non cinquanta vole fia raccesa

La faccia della donna che qui regge

Che tu saprai quanto quell’arte pesa[/i]

(Della donna cioè della Luna anticamente Ecate, regina dell’Inferno)

[i]INFERNO, Canto XV, v.16-19

Quando incontrammo d’anime una schiera

Che venìan lungo l‘argine, e ciascuna

Ci riguardava come suol da sera

Guardar un altro sotto nuova luna…[/i]

(Sotto una nuova luna, in una sera senza luna, a luna che si rinnova)

[i]INFERNO, Canto XX v. 124-127

Ma vienne ormai, chè già tiene ‘l confine

D’ambedue gli emisperi e tocca l’onda

Sotto sobilia Caino e le spine,

E già iernotte fu la luna tonda[/i]

(La perifrasi di Caino si riallaccia alla leggenda secondo la quale nella luna si vedeva la faccia di Caino con una forcata di spine; “la luna tonda”: poiché l’ora è indicata con i giri della luna e nella notte successiva al plenilunio la luna tramonta un’ora dopo il levar del sole, siamo alle sette circa del mattino)

{{*ExtraImg_223166_ArtImgRight_300x239_}}[i]INFERNO, Canto XXVI v. 130-131

Cinque volte racceso e tanto casso

Lo lume era di sotto las luna..[/i]

(Descrive Dante, con esattezza astronomica, le fasi lunari che regolano il mese; cinque volte il satellite aveva mostrato il volto illuminato e altrettante quello oscuro: erano trascorsi appunto cinque mesi)

[i]INFERNO, Canto XXIX v. 10

E già la luna è sotto i nostri piedi[/i]

(Sono passate sei ore dal tramonto della luna e dal sorgere del sole; secondo i calcoli astronomici potrebbe essere l’una e mezza del pomeriggio)

[i]INFERNO Canto XXXIII v. 25-27[/i]

[i]M’avea mostrato per lo suo forame

Più lune già, quand’io feci ‘l mal sonno

Che del futuro mi squarciò il velame[/i]

[i]PURGATORIO, Canto X v. 14

Tanto che pria lo scemo della luna[/i]

(Lo scemo della luna ‘ l’ultimo quarto)

[i]PURGATORIO, Canto XVIII, v. 76-78[/i]

[i]La luna, quasi a mezza notte tarda,

Facea le stelle a noi parer più rade,

Fatta com’un secchion che tutto arda[/i] . . .

(La luna, sorgendo quasi a mezzanotte, copriva con la sua luce le stelle, facendone vedere di meno, come un secchion forse di rame infuocato; infatti la luna calante sorgeva rossa dal mare)

[i]

PURGATORIO, Canto XIX v.1-2

Ne l’ora che non può il calor diurno

Intepidar più il freddo della luna[/i]

(L’aria si raffredda, si tratta evidentemente dell’ultima ora della notte)

{{*ExtraImg_223169_ArtImgRight_300x446_}}[i]PURGATORIO, Canto XX v.131-132

Pria che Latona in lei facesse ‘l nido

A parturir i due occhi del cielo[/i]

(Latona, perseguitata dalla gelosia di Giunone, si rifugiò a Delo dove unisce al mondo li due occhi al cielo ovvero Apollo, il sole, Diana, la luna).

[i]PURGATORIO, Canto XXIII v. 118-120[/i]

[i]Di quella vita mi volse costui

Che vi va innanzi, l’altr’ieri, quando tonda

Vi si mostrò la suora di colui[/i]

(La suora cioè sorella del sole, tonda nel plenilunio)

[i]PURGATORIO, Canto XXVIII, v. 33

Raggiar non lascia sole ivi né luna[/i]

(Allude a fogliame da cui non passano raggi)

[i]PURGATORIO, Canto XXIX v. 53

Più chiaro assai che luna per sereno[/i]

(Più chiaramente che la luna non velata da nubi)

[i]PURGATORIO, Canto XXIX, v. 78

Onde fa l’arco il sole e Dela il cinto[/i]

(Delia è un nome della luna in quanto nata a Delo)

[i]PARADISO, Canto I v. 115

Questi ne porta il fuoco invèr la luna[/i]

(Il fuoco che istintivamente sale verso il cielo lunare)

{{*ExtraImg_223170_ArtImgRight_300x471_}}[i]PARADISO, Canto II v.25-36

Giunto mi vidi ove mirabil cosa

Mi torse il viso a sé, e però quella,

cui non potea mia ovra esser ascosa, volta ver me, sì lieta come bella,

”drizza la mente in Dio grata”, mi disse,

che, n’ha congiunti con la prima stella”.

Pareva a me che nube ne coprisse

Lucida, spessa, solida e pulita,

quasi adamante che lo sol ferisse.

Per entro se l’eterna margarita

Ne ricevette, com’acqua recepe

Raggio di luce, permanendo unita[/i]

(Dante entra nella prima stella, la luna, e la descrive)

[i]PARADISO, Canto X v. 67

Così cinger la figlia di Latona[/i]

[i]PARADISO, Canto XVI v. 82-83

E come il volger del ciel della luna

Cuopre e discopre i liti senza posa
[/i]

(La luna che ruotando attorno alla terra determina le maree)

[i]PARADISO, Canto XXII v.139

Vidi la figlia di Latona incensa[/i]

(la luna illuminata dalla luce solare)

[i]PARADISO, Canto XXII v.148

E tutti e sette mi si dimostraro[/i]

(La luna era considerata uno dei sette pianeti dell’antichità)

[i]PARADISO, Canto XIII v. 25-27[/i]

[i]Quale nei pleniluni sereni

Trivia ride tra le ninfe eterne

Che dipingono lo ciel per tutti i seni[/i]

(La splendida descrizione dantesca di una notte lunare)

[i]PARADISO, Canto XXVII, v. 132

Qualunque cibo per qualunque luna[/i]

(In ogni tempo anche di quaresima)

{{*ExtraImg_223171_ArtImgRight_300x459_}}[i]PARADISO, Canto XXIX v. 1-9

Quando ambedue i figli di Latona

Coperti del Montone e de la Libra,

Fanno dell’orizzonte insieme zona

Quant’è dal punto che ‘l cenit in libra,

Infin che l’uno e l’altro dal qual cinto,

Cambiando l’emisperio , si di libra;

Tanto, col volto di riso dipinto,

Si tacque Beatrice, riguardando

Fisso sul punto che m’aveva vinto . . .[/i]

(Quando il sole gira con la costellazione di Ariete, la luna fa altrettanto, opposta a lui, con quella della Libra – come nell’equinozio di primavera -. Qui è per significare una pausa, un attimo, di Beatrice).

[i]PARADISO, Canto XXIX v. 97-99

Un dice che la luna si ritorse

Nella passion di Cristo e si interpuose,

Per che il lume del sol giù non si porse[/i]

(Per far credere come avvenisse l’eclisse durante la morte di Cristo, uno dice che la luna tornò indietro, e così la luce del sole non arrivò alla terra).

La Luna è per Dante il primo dei pianeti che compongono il sistema aristotelico-tolemaico, codificato e trasmesso nel Medioevo attraverso i testi degli astronomi arabi.

La Luna dantesca mostra più volti e assume più ruoli: essa è lo strumento cosmico per segnare il cammino del viator ma può anche presentarsi come termine di paragone stilistico ed espediente retorico per indicare diversi gradi di luminosità.

La Luna compare per la prima volta nella Commedia nella minacciosa profezia di Farinata, identificata con la sua faccia infera rappresentata da Proserpina:

[i]Ma non cinquanta volte fia raccesa

la faccia de la donna che qui regge,

che tu saprai quanto quell’arte pesa.

(Inf. X, 79-81)[/i]

Il senso delle parole di Farinata è chiaro e riportato in tutti i commenti: a partire dalla data dell’incontro dovranno trascorrere cinquanta mesi. L’eretico fiorentino svela dunque il seguito delle vicende di Dante e dei Bianchi, dopo che Ciacco aveva previsto la caduta della fazione in «tre soli», cioè in tre anni (Inf. VI, 68).

Nel Purgatorio la Luna, considerata nella sua essenza astronomica, torna ad essere visibile agli occhi del viator, che può osservarne effettivamente il movimento durante la sua ascesa al monte. Il pianeta svolge ancora la sua funzione di ‘orologio cosmico’ in due casi. In Purg. X, 13-16 Dante ne contempla il tramonto nel cielo mattutino mentre nel canto XVIII essa è presentata a notte inoltrata. In questo quadro, paragonata nella sua fase calante ad un «secchion», un paiolo di rame lucente o ardente, [50], l’astro offusca col suo splendore la luce delle altre stelle.

La prima attestazione della figura di Diana assimilata all’astro notturno si ha solo molto avanti nell’ascesa del pellegrino:

[i]Noi eravam partiti già da esso,

e brigavam di soverchiar la strada

tanto quanto al poder n’era permesso,

quand’io sentì, come cosa che cada,

tremar lo monte; onde mi prese un gelo

qual prender suol colui ch’a morte vada.

Certo non si scoteo sì forte Delo,

pria che Latona in lei facesse ‘l nido

a parturir li due occhi del cielo.

(Purg. XX, 124-132)[/i]

La figura di Delia, come personificazione della splendente luce lunare è ricordata nel XXIX canto del Purgatorio:

[i]

e vidi le fiammelle andar davante,

lasciando dietro a sé l’aere dipinto,

e di tratti pennelli avean sembiante;

sì che lì sopra rimanea distinto

di sette liste, tutte in quei colori

onde fa l’arco il Sole e Delia il cinto.

(Purg. XXIX, 73-78)[/i]

LEGGI LA PRIMA PUNTATA:

[url”LA LUNA DEI LUNATICI E ALTRE LUNE”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=109107&typeb=4&Loid=153&La-luna-dei-lunatici-e-altre-lune[/url]

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LEGGI LA QUARTA PUNTATA:

[url”POETI D’ORIENTE, PRIMA PARTE”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=110187&typeb=0[/url]

[url”POETI D’ORIENTE, SECONDA PARTE”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=110398&typeb=0[/url]

LEGGI LA QUINTA PUNTATA:

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LEGGI LA SESTA PUNTATA:

[url”LA LUNA DI DANTE, PRIMA PARTE”]http://ilcapoluogo.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=111708&typeb=0[/url]

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