
di Gioia Chiostri
La legalità, scheletro inossidabile e indissolubile di un organismo divorato, spesse volte, da troppi sensi di colpa cittadini, è oggi un condominio senza corrente elettrica. Rare, infatti, sono le lampadine che la manifestano, ovattate dal buio di pensiero circostante. Il 22 novembre, nella città d’arte marsicana di Tagliacozzo, presso il locale ‘La lucciola’, che si erge proprio di fronte il discusso Ospedale, il prefetto Alecci, il magistrato Varone, vari docenti e maestranze, Protezione civile, boyscout e l’organizzatrice capo, ossia la sempre più battagliera Rita Tabacco, referente del gruppo vincenziano di volontariato ‘Padre Pio’, si sono dati appuntamento per far scoccare finalmente la vera ora legale, ossia quella che si sostanzia di iniezioni di verità velenose, ma con esito alla rovescia.
{{*ExtraImg_224608_ArtImgRight_300x223_}}
Si è, di fatti, riportata alla vita la coscienza pubblica. Il mediatore del dibattito tagliacozzano sulla legalità, Gino Milano, ha aperto le danze sottolineando come sia stato «necessario riunirsi sotto uno stesso tetto, certo simbolico, per riscoprire una responsabilità tanto umanistica quanto razionale e razionalizzante: la capacità di pensiero. Pensare – ha detto – non è un’attività che si possa delegare ad altri. Oggi, sembra che sia andata perduta la stima e l’abitudine del pensiero. Eppure, il volontariato, il gruppo scout, le varie associazioni culturali locali e la Protezione civile ci chiamano adesso a svegliarci dal torpore della tranquillità mettendo in atto il pensiero. La legalità è un tema tanto discusso quanto ostacolato, perché ferisce e, se non applicata, perisce. Sulla legalità, si costruisce la convivenza e l’ispirazione alla giustizia. Come si fa a risvegliarla? Innanzitutto, basilare è il parlarne».
{{*ExtraImg_224609_ArtImgRight_300x223_}}L’amministrazione di Tagliacozzo, rappresentata dal primo cittadino, il sindaco Maurizio Di Marco Testa, ha puntato l’attenzione sulla vicinanza che i ‘piani alti’ devono obbligatoriamente dimostrare con i ‘piani bassi’ della piramide sociale, ossia il popolo che elegge. «Diamoci del tu – ha affermato – non è solo uno slogan qualsiasi, ma è un imperativo per chi amministra e per chi parla e si riempie la bocca della parola legalità. Per quanto concerne il profilo morale, non può esistere legalità se noi non abbiamo dei valori già insiti atti a farci convivere degnamente in una comunità civile».
{{*ExtraImg_224610_ArtImgRight_300x223_}}A Tagliacozzo anche la Chiesa s’è seduta accanto alla laicità del pensiero moralmente giusto e corretto. Il Vescovo della Diocesi dei Marsi, Pietro Santoro, ha salutato i presenti affermando come «la Chiesa non possa chiamarsi fuori da queste tematiche. Luminare in questo senso è l’immagine di Don Antonio Sciarra, uomo di Chiesa, ma anche di casa, a Tagliacozzo. Quale educazione alla legalità ci viene dalla pastorale ecclesiale?».
{{*ExtraImg_224611_ArtImgRight_300x223_}}«Ciò che dico, – ha continuato il Vescovo – fa parte del mio vissuto e non soltanto della mia predicazione. L’arbitrio non deve prevalere mai sul diritto e la forza mai sulla giustizia. Per far sì che ciò accada, c’è solo una musica da ascoltare, ossia quella costituzionale. La Costituzione è la base fondante delle regole di condotta e il bene comune è l’anima del principio della legalità. La carità è la legalità applicata all’incontro del volto di una persona, quindi essa precede, sta dentro e va oltre il rispetto che si ha per ogni individuo».
{{*ExtraImg_224612_ArtImgRight_300x223_}}La legalità è una scelta di vita difficile, senza dubbio. Ostica da intraprendere. Anche la scuola, a Tagliacozzo, è finita sul banco di prova tematico. «Pensiero e corruzione: due parole che a volte si danno la mano, nel sottobosco delle maschere, altre volte si schiaffeggiano vicendevolmente. Mi fanno venire in mente ciò che io ho fatto per tutta la mia vita, ossia l’insegnante di Liceo – questo il commento del docente Antonio Masci, responsabile dell’ufficio scuola Diocesi di Avezzano, presente al convegno – il pensiero di Dante nel Purgatorio al Canto XVI dice ‘Le leggi son, ma chi pon mano ad esse? / Nullo (…)’. Ossia: le leggi ci sono, ma chi è che le mette in atto? Secondo l’ideale politico dell’uomo Alighieri di allora, nessuno. Se proiettassimo il dogma dantesco ai tempi moderni, potremmo ben dire che le leggi, per noi cittadini, ci sono, ma spesso ci lamentiamo che le istituzioni non le mettano in atto praticamente».
{{*ExtraImg_224613_ArtImgRight_300x223_}}Intervento deciso e passionale quello del Prefetto Francesco Alecci, scortato all’ingresso dagli uomini della Protezione Civile del nucleo tagliacozzano. Prima visita ufficiale per lui nella città marsicana di Tagliacozzo, dopo due anni e una settimana di presenza nella Provincia aquilana. Ha esordito pescando dal suo sistema di ricordi legati alla legalità quello connesso alla sua esperienza lavorativa da funzionario dello Stato. «Oggi – ha detto – ascolto la voce della comunità di Tagliacozzo. Io non sono nato in questa terra, ma nella terra sicula e da ben 14 anni esercito il ruolo di Prefetto. Sono stato un funzionario dello Stato in varie parti d’Italia, quindi ho sulle spalle una ricchezza in più, ossia quella della mia conoscenza del territorio nazionale. Io so cosa significa legalità perché l’ho vissuta durante la mia attività di funzionario e di cittadino. La legalità ha le sembianze di un coltello senza manico: non se ne può abusare e non si ha il diritto di parlarne se non si è integro. Una comunità che vive di democrazia ha bisogno di riferimenti, contenuti, coordinate: ha bisogno di valori e la legalità è il più fecondo ed essenziale di essi poiché è la base dell’uguaglianza sociale, che è la massima aspirazione della Democrazia. Oggi sono caduti i valori di riferimento di una volta, è vero; prima infatti esisteva un esercizio di delega: il cittadino, per scegliere da che parte stare, guardava alle forti ideologie. Oggi, invece, la popolazione, in questa rarefazione assoluta di valori terzi, è costretta ad individuare da sola cosa vuole insegnare, in quanto madre e padre di future generazioni, ai propri figli».
Parole lucide e sincere anche quelle del sostituto procuratore di Pescara Gennaro Varone, presente al convegno in quanto rappresentante del potere tutelante della Magistratura. «La legge è semplicemente uno strumento per veicolare dei valori. – ha esordito – Se noi pensiamo alle leggi che hanno consentito la schiavitù o alle stesse leggi razziali, ci rendiamo conto che una legge, di per sé, non esprime i valori dell’uomo e che una legge molto spesso è sbagliata e non merita di essere rispettata. La legge, in generale, dovrebbe esprimere sempre e costantemente i valori di una comunità, dovrebbe anzi rispecchiarli appieno. Una legge che non fa ciò, non merita di esistere. I nostri valori di comunità sono racchiusi e scritti in una carta esemplare che è la nostra Costituzione italiana. Essa, nei primissimi articoli, pone come valore assoluto giuridico e morale l’uomo e la sua tutela».
Conclusioni assegnate ad una voce giovane e fresca di una dolcissima capo scout del gruppo Tagliacozzo-Uno dalla chioma corvina. Si chiama Giovanna Marchionni e la sua maturamente genuina affermazione ha riscaldato gli animi della sala: «Perché la nostra presenza ad un convegno sulla legalità? Semplice: il Movimento Scout è un movimento educativo che accompagna i ragazzi nella loro crescita con l’obiettivo di farli divenire dei buoni cittadini, abituandoli al senso del dovere, all’amore per la giustizia e al senso della legalità. Per noi, la legalità, significa educare alla partecipazione sociale e politica, dove quest’ultima è intesa nel senso più vero del termine, ossia l’occuparsi della gestione degli interessi di una comunità. Come capi educatori, noi siamo convinti che il nostro sia un progetto a lungo termine, perché educare oggi, vuol dire rendere la comunità del domani più giusta e rispettosa di ciò che la circonda. Ma non viviamo solo di parole: per noi, l’atto del vivere la legalità, si è declinato anche con l’entrare in contatto con un’esperienza forte come l’intraprendere una missione, nello specifico quella di Don Antonio Sciarra, in Albania. Lì abbiamo toccato con mano quale fosse l’obiettivo del progetto di Don Antonio, ossia ridare fiducia ad un popolo prostrato dalla sofferenza di un cammino politico imposto, quale quello del Comunismo nella sua forma più esasperata. In termini pratici, abbiamo ridipinto le aule di una scuola, in termini etici abbiamo ridato la dignità a dei bambini, futuri giovani del domani. Nel 2013, inoltre, ci siamo concessi l’onore di vivere anche solo per una settimana la stessa esperienza di vita di un’associazione nata come reazione a una vera e propria forma di illegalità; sto parlando di ‘Libera’. L’associazione nacque nel 1995 con l’intento di sollecitare la società civile alla lotta alle Mafie e di promuovere legalità e giustizia. Essa fa della legalità una scelta. In questi termini, è sempre viva una massima del nostro fondatore, che mi pare la segna sintesi della giornata di oggi: ‘lascia il mondo un po’ migliore di come lo hai trovato’». Riaccese le luci del condominio, una vecchietta, nel sottoscala, attende gente nuova che venga lì a dimorare. Ella, veterana del suo tempo, battagliera nello spirito, ma anche tanto stanca nello sguardo spezzato dalla cecità della sera, pensa. Il suo nome, un tempo, era Legalità. Ora le è rimasta l’uniforme, certo un po’ desueta, ma, di quel nome, dentro di lei non v’è più traccia, innominato da probi e nominato da santificati istigatori.
[url”Torna alla Home Targato Az”]http://ilcapoluogo.globalist.it/?Loid=154&categoryId=221[/url]