Sabina Santilli, nel buio una immensa luce

25 novembre 2014 | 05:58
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Sabina Santilli, nel buio una immensa luce

di Lucia Ottavi

Quando si parla di vite straordinarie a volte si va lontano dalla propria terra, senza sapere che lì, a due passi da te, nel tuo paese, tra la tua gente, è vissuta una grande donna, che ha fatto della sua disabilità un punto di forza.

{{*ExtraImg_224716_ArtImgRight_300x190_}}Sabina Santilli nasce a San Benedetto dei Marsi il 29 maggio del 1917. Quando aveva appena sette anni perse da un giorno all’altro vista e udito, a causa di un attacco di meningite. Sarebbe stato facile a quei tempi abbattersi, lasciarsi andare, nel mondo non vi era più luce, il suono della voce dei tuoi cari si era spento per sempre. Questo, però, non fu il caso di Sabina, lei riuscì a trovare la forza di uscire dall’isolamento del buio e del silenzio.

{{*ExtraImg_224717_ArtImgRight_300x208_}}A dieci anni viene ammessa nell’istituto “Augusto Romagnoli” di Roma, nel 1938 torna al suo paese e, dopo un anno, entra all’istituto professionale per ciechi di Firenze, che, purtroppo, è costretta a lasciare nel 1942, a causa della seconda guerra mondiale. A San Benedetto dei Marsi prosegue gli studi di latino, letteratura italiana e di psicologia, si dedica all’apprendimento delle lingue straniere. La conoscenza di inglese, francese, tedesco ed esperanto le permette di instaurare rapporti epistolari con molte organizzazioni, facendole balenare l’idea di fondare, nella sua Italia, un’associazione in grado di rivendicare i diritti e le possibilità dei sordo ciechi.

II 20 Dicembre 1964, con un gruppo di volontari, fonda la Lega del Filo d’Oro. Oggi, dopo cinquanta anni, l’associazione che ha preso vita grazie a Sabina Santilli rappresenta un vero e proprio punto di riferimento per le persone sordo cieche ed offre loro la possibilità di vivere questo viaggio meraviglioso, che è la Vita, con dignità, maggior autonomia e, soprattutto, speranza.

{{*ExtraImg_224719_ArtImgRight_300x250_}}Sabina Santilli muore il 12 Ottobre 1999, aveva ottantadue anni. Per l’insieme della sua opera Sabina riceve nel 1987, da Giovanni Paolo II, il riconoscimento della Santa Sede per meriti sociali “Pro Ecclesia et Pontifice” e nel settembre del 1994, dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana

{{*ExtraImg_224718_ArtImgRight_300x431_}}“Il Giovedì Santo sera – si legge in uno dei tanti diari custoditi a San Benedetto dei Marsi dalla sorella di Sabina, Loda Santilli – gettai intorno l’ultimo sguardo nella camera; la mattina dopo udii l’ultimo grido, seguito da una sbattuta di porta: da allora niente più. Troppo lungo sarebbe descrivere il salto dalla luce all’ombra. Mi ritrovai rinchiusa in me stessa come un eremita nel mezzo della società, sola con le mie idee e i miei capricci”.

Sabina non aveva mezzi, conoscenze specifiche, ma non si fece intimorire, cominciò da sola, da quello che lei riusciva a fare, cioè scrivere in Braille, migliaia di puntini, lettere sopra lettere, agli altri sordo ciechi, per non far perdere loro la speranza e per fargli capire che la disabilità non rende inferiori agli altri, ma rende più forti. È questa l’eredità di Sabina, che va oltre la sua storia, oltre la Lega del Filo d’Oro e che permette, oggi, ai suoi sordo ciechi, di essere al riparo dalla rassegnazione.

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