
di Roberta Mancini*
[i]«A quattro anni disegnavo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.»
(Pablo Picasso)[/i]
Ben ritrovati per il secondo appuntamento con lo spazio creato a immagine e somiglianza dei “nostri” bambini.
Questa volta abbandoniamo streghette e fantasmi e diciamo loro arrivederci ad Halloween 2015! Con lo stesso entusiasmo, questo mese, mi soffermo su un nuovo argomento a cui guardo con corrente attenzione, dopo aver sviluppato una certa curiosità multidisciplinare.
Già, perché mentre mi addentravo per bene nel mondo dell’infanzia ho deciso di dar sfogo ad un’altra passione che mi ha sempre attratto e a cui mi sono accostata iniziando dalle prime basi, teoriche prima pratiche poi: quella per la scrittura creativa.
E più scrivevo, più mi rendevo conto che la mia esperienza diretta e la mia professione vissuta a stretto contatto con i bambini mi accompagnava in modo costante e profondo, inserendosi in maniera spontanea, nelle parole e nei racconti che andavo e che vado ancora componendo. Alla base di questa attività – lo dice la parola stessa – è la creatività a governare.
Un concetto così importante che modella le nostre attitudini fin dalla prima infanzia. Un concetto che ci accompagna fino a tarda età. Così è stato naturale interessarmi a questo fenomeno o, che si dica, inclinazione cercando altre testimonianze, spiegazioni, esperienze simili alla mia. Ciò che ho scoperto è un mondo vasto, concreto e degno di nota. Perché mettendo da parte la mia umilissima produzione, in realtà sono moltissime le creazioni (letterarie, filmiche, pittoriche) ispirate da una qualche relazione adulto – bambino. Vasilij Kandinsky, pittore russo fra i più acclamati dell’arte contemporanea, tra i capiscuola dell’astrattismo mondiale, era un ammiratore fedele di disegni dei bambini.
Arrivò a raggrupparne centinaia, li studiava meticolosamente e alcuni di essi furono persino inclusi all’interno de Il cavaliere azzurro, un almanacco a cui l’artista lavorò, tra il 1911 e il 1912, insieme ad altri colleghi in cui si miscelano arte contemporanea, colta e popolare. Non è casuale, a questo proposito la citazione di un altro baluardo, che ho scelto per aprire l’articolo. E non è neanche un caso che Pablo Picasso sia il termine di paragone a cui ci accostiamo scherzosamente quando vogliamo comparare qualche disegno infantile più strambo del solito. Questo perché c’è un’analogia di fondo tra il pittore spagnolo e il punto di vista dei più piccoli quando disegnano. Ed è quel bisogno di mettere su carta (o su tela) il proprio sentire a prescindere dal reale. E il loro “sentire” quasi mai coincide con il loro “vedere” ma va ben aldilà. E poco importa se, in fondo, un lupo somiglia più a uno scarabocchio che a un lupo vero!
Avendo più o meno in mente le linee guida di ciò di cui volevo parlare, ho avuto la fortuna di poter concretizzare con una chiacchierata “dal vivo” un caso a cui tenevo particolarmente e che non avrei proprio voluto ridurre a una semplice descrizione. Ho conosciuto Donatella Di Pietrantonio più di un anno fa, ad Avezzano, in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo Bella mia (Elliot, 2014). Combinazione magica è stata quella di vederla ospite in una libreria aquilana, per lo stesso motivo, in concomitanza con questo mio desiderio. Candidata con questa sua seconda opera al Premio Strega ’14, Donatella è una scrittrice sensibile e attenta il cui mestiere di base poco ha a che fare con la creatività e la narrativa in genere. Eppure…
A Penne (PE) esercita la sua professione di dentista pediatrica, dove lavora prevalentemente con i bambini, il tipo di caso che non poteva non fare gola alla mia curiosità. L’ho disturbata a presentazione ultimata ma lei mi ha accolto con il suo sorriso di sempre. Era la terza volta che ci incontravamo. [i]«Sì, non posso negarlo, rubo e poi annoto molto della personalità dei bambini che quotidianamente incontro» [/i]- mi racconta – [i]«così è normale che alcuni degli aspetti che mi catturano di più finiscano nei miei personaggi. Anche in quelli adulti.»[/i] Perché certe sfumature finiscono inevitabilmente nelle pagine scritte, anche lei lo riconduce a [i]«quella ingenuità pura che solo i bambini sanno avere; con il loro punto di vista non contaminato, mai corrotto. L’espressività nella più totale trasparenza è il loro punto di forza e noi adulti abbiamo solo da imparare.»[/i]
Ed io, nel ringraziarla, ho avuto l’impressione che fino a quando ci lasceremo ispirare da loro non faremo mai cose brutte.
Tuttavia, il fatto di farsi influenzare da un tale punto di vista non ci impedisce di parlare di argomenti più seri rispetto a quelli che si addicono alla realtà spensierata che dovrebbe caratterizzare l’infanzia. Il 28 novembre 2013, nelle sale italiane, esce La mafia uccide solo d’estate, un film diretto e interpretato da Pierfrancesco Diliberto (meglio conosciuto come PIF). Per la prima volta, vent’anni di storia di una Palermo segnata, ammalata, trucidata da Cosa Nostra sono stati raccontati in un modo tutto diverso: attraverso gli occhi di un bambino. In una delle tante interviste di promozione del film, alla domanda del giornalista sulla ragione di una simile scelta, Pif risponde con queste parole: [i]«Ho subito pensato che fosse il modo migliore per sbugiardare la mafia, mostrarla nella sua evidenza. I bambini ci imitano, soprattutto nei nostri difetti peggiori, nelle nostre debolezze. E cosa c’è di meglio di un punto di vista non “sporcato” da opinioni politiche e ideologiche? Soprattutto il bimbo è, per sua natura, un puro. Una frase di Andreotti sulla sua bocca ha un impatto ancora più duro e assurdo.
E poi io, ora 41enne, ai tempi di Rocco Chinnici e Boris Giuliano, ero un bambino […]»[/i] (da Blogo del 19/11/2013). L’entusiasmo di critica e pubblico è stato unanime. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, lo ha definito il più bel film sulla mafia che abbia mai visto.
Tutti, o quasi, siamo alla perenne ricerca di ispirazione. E a volte, potrebbe bastare guardare un po’ meno in alto il cielo e più al di sotto delle nostre spalle. Alla prossima!
*[i]Roberta Mancini ha 26 anni ed è stata un’esperta baby sitter. Aquilana doc, è un’educatrice infantile. Si è occupata di assistenza, tutela ed educazione di bambini dai 3 ai 36 mesi. Le principali attività svolte di supporto ai bambini sono state: attività grafico-pittoriche, attività manipolative e attività motorie{{*ExtraImg_221884_ArtImgRight_300x210_}}
Ha conseguito il diploma di Liceo delle Scienze Sociali presso l’Istituto d’istruzione superiore ‘Domenico Cotugno’ di L’Aquila[/i].