Morte Morosini, confermato capo d’imputazione

1 dicembre 2014 | 11:43
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Morte Morosini, confermato capo d’imputazione

Con le eccezioni preliminari si è aperto a Pescara il processo riguardane la morte del giocatore Piermario Morosini, avvenuta il 14 aprile 2012 allo stadio “Adriatico – Cornacchia” a seguito di un malore avuto durante l’incontro di calcio Pescara – Livorno.

La vicenda conta tre imputati: il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, il medico del Pescara Ernesto Sabatini, e il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese.

I tre sono accusati di omicidio colposo. Nello specifico, il giudice del Tribunale monocratico, Valentina Battista, ha rigettato la richiesta di nullità del capo di imputazione sollevata dall’avvocato Alberto Lorenzi, difensore di Molfese.

L’eccezione è stata respinta perché il fatto addebitato a Molfese risulta idoneamente specificato e la mancata indicazione degli articoli di legge violati e’ irrilevante, non comportando alcuna compressione del diritto di difesa.

Il giudice ha poi dichiarato inammissibile, su richiesta del difensore di Porcellini, la costituzione di parte civile della fidanzata di Morosini disponendone l’immediata estromissione dal processo. Secondo il giudice non è stato indicato il rapporto che legava il calciatore morto e la donna.

La prossima udienza si terrà il 12 gennaio alle 9. In quell’occasione il giudice dovrà emettere il decreto di ammissione riguardante la citazione dei responsabili civili, chiesta dall’avvocato della sorella di Morosini. Nel mirino della pm Valentina D’Agostino il mancato uso del defibrillatore, che, stando alla perizia dei consulenti nominati dal gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte, Riccardo Cappato, doveva essere usato.

Il giudice Valentina Battista invece ha rigettato l’eccezione di nullità avanzata dalla difesa del medico del 118 Vito Molfese, rappresentato dall’avvocato Alberto Lorenzi che aveva chiesto l’annullamento del capo di imputazione per l’assistito per la genericità dell’ accusa in quanto, secondo il legale, «l’imputazione si qualificava come generica mancando indicazione della fonte dell’ obbligo giuridico di impedire l’evento in capo all’imputato».

Nel suo intervento, il Pm Valentina D’Agostino aveva sottolineato, al contrario, che il fatto addebitato a Molfese fosse debitamente e idoneamente specificato, tesi questa accolta dal giudice, Valentina Battista, che ha ritenuto che la mancata indicazione della norma violata dal medico del 118, «non comporta alcuna compressione del diritto di difesa».

All’uscita dall’Aula l’avvocato Alberto Lorenzi ha detto che «per rispondere di un reato si deve dire quale norma e quale contratto é stato violato. Bisognerebbe per ogni singola posizione contestare la norma violata e dire quale norma é stata violata, altrimenti chiunque potrebbe essere chiamato in causa».