
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di una lettrice.
[i]«Il giorno 30 settembre 2014, presso l’Università dell’Aquila, ho assistito alla tesi di laurea di una mia cara parente, che ha finito il percorso di studio universitario con la laurea magistrale.
La giornata si presentava bellissima con il sole e la temperatura quasi estiva, tutti i neo laureati si aspettavano un giorno memorabile. Siamo saliti al terzo piano in una piccola aula magna, raccolta e discreta, visto il numero dei candidati, 12 in tutto. Poi dopo l’appello ecco . . . si inizia!
Silenzio tombale. Il microfono non funziona, la porta d’accesso all’aula dall’esterno non si apre, molti genitori o amici restano fuori. Solo dopo alcune sollecitazioni, un bussare discreto, qualcuno apre la porta per farli entrare e questa cosa si ripeterà più volte nel corso della mattinata. Il presidente della Commissione incute timore e chiede il silenzio (vista l’inutilità del microfono) la sala diventa un luogo freddo, senza nessuna empatia, come se Loro fossero lì per caso, freddi e distaccati.
I candidati sedevano uno per volta per discutere la loro tesi, in solo 8 minuti di tempo per esporla, e nell’esposizione venivano interrotti con domande a volte critiche sul loro operato, che a noi della platea, non sembrava in alcun modo corretto. Solo alla fine con la proclamazione del voto di laurea, si sono sentiti applausi consolatori per quei candidati, tra l’altro poco gratificanti, dati i voti con cui si sono espressi i membri della commissione.
L’unica bellezza in quella sala erano i nostri giovani allievi: eleganti ed educati.
Una piccola stanza, un bussare discreto, una piccolissima realtà di una piccola Italia, sempre più isolata dal mondo esterno, come se ognuno vivesse in comparti stagni, senza amore né gioia, solo una piccola realtà. Tutto è diventato mediocre, senza empatia, senza relazioni tra gli stessi componenti, senza relazioni tra i professori e gli studenti, come se la cosa non appartenesse a nessuno… tanto per fare!! Tanto per svolgere un noioso compito come quello di essere oggi lì presenti, ad esaminare una parte di una realtà futura, coloro che dovranno garantire un domani anche ai loro eruditi professori, una pensione o in ospedale che li accolga e li curi.
Quanta indifferenza per questi giovani che si stanno ora affacciando al mondo del lavoro e aver avuto Oggi solo una Giornata Mediocre. Povera la nostra Italia, patria della cultura e dell’arte, che non sa premiare e gratificare coloro che meritano!»
[/i]
(Lettera firmata)