
di Vincenzo Battista
Una Gignano vuota, desertificata, non passa nessuno, forse ha capito; le luci sulle case, di Natale, stridenti; un Natale diverso, in questi dintorni, delle persone, che rivolgeranno un pensiero, a quel volto, a quegli occhi di cerbiatto; quelle teste basse, chine, che si avvicinano; entrano, nella casa di legno, la chiesa, con timore guardano il luogo, la bara, del giovane cavaliere, così mi piace pensarlo; quegli occhi sulla madre bambina, con i capelli biondi, lunghi, il volto segnato, inciso e chino: sembra una Madonna rinascimentale con tutte le pene del mondo; gli abbracci, i singhiozzi, forti, rotti, improvvisi, che si vogliono nascondere e scaraventare lontano; e questo giovane cavaliere, bello, aquilano, in viaggio, per scoprire, per essere, in una terra lontana: un esploratore, libero, audace, ma legato alla sua terra ai suoi fratelli, ai genitori;
Le parole che scrive, i messaggi, forti, aderenti anche sui muri di Gignano, nei manifesti, che sembrano incisi sulla pietra; siamo con te, vicino a te, ti sentiamo giovane cavaliere, riusciamo a toccarti sulle punte delle dita; e quella fotografia che ti ritrae, che giro tra le mani per cercare le parole, per tentare con queste un varco per raccontarti, per avvicinarmi; Gignano si ferma, potessi vederla, giovane cavaliere, quella gente, tanta, come non si era mai vista, intorno alle tue gesta, al tuo coraggio mentre cala la sera, non ti lasceremo solo, Francesco, la comunità di Gignano, periferia dell’Aquila, saprà essere intorno a te, ne sono sicuro, e vicina ai tuoi genitori.