Vacanze a L’Aquila

2 gennaio 2015 | 14:36
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Vacanze a L’Aquila

di Giovanni Baiocchetti

Quanto mi mancava l’Italia. Al mio arrivo dopo un primo periodo di tre mesi all’estero, mio padre è venuto a prendermi alla fermata dell’autobus con la pizza bianca dell’Aquila. C’è bisogno di commentare? Un’esplosione di gusto nella mia bocca, il sapore di casa. Circa un’ora dopo, il sugo di nonna. Olé! Inutile parlare poi di pranzi e cene durante queste vacanze di Natale a casa, perché tu che stai leggendo potrai capirmi senza bisogno di descrizioni. Quanto mi mancava, poi, il calore mediterraneo, tanto nella gente quanto nel nostro sole. Ma non parlerò per esempio dell’emozione del famoso aperitivo della vigilia di Natale, nel centro storico dell’Aquila, una giornata sotto il sole con gli amici, in compagnia di buon vino e mitiche focacce. Belle davvero queste vacanze, amici, cibo, passeggiate, concerti, vino, mamma che mi lava i vestiti.

Peccato, però, che mangiare non basti per vivere. Rivedo un telegiornale e, più in generale, la televisione dopo tre mesi; sembra di non vederla da ieri. “[i]Dobbiamo fare le riforme, siamo sulla giusta strada[/i]” oppure “[i]l’Italia è osservato speciale dell’Unione Europea[/i]” e ancora “[i]il prossimo anno potremmo registrare una ripresa economica[/i]”. Poi freddo e neve per capodanno, cultura (ossia Gigi D’Alessio in concerto a Napoli) e spettacolo (intervista a chi paga per farsi pubblicità). Ma non tutta la televisione è così, per carità, qualcuno di serio c’è ancora.

Ieri sera, per esempio, avrei potuto giocare a carte come la sera precedente. Dopo cena, però, sento la pubblicità di un programma televisivo in cui le mamme di bambini morti di tumore in Campania chiedevano giustizia. Come fai a voltarti davanti ad una testimonianza del genere? Come puoi non ascoltare quei racconti che non vengono dall’altra parte del mondo ma dalla stessa terra in cui vivi? Ho seguito allora tutta la trasmissione. Agghiacciante. Come ti senti quando sai che buona parte dei terreni della Campania, anche coltivati, sono pieni di metri di rifiuti nel sottosuolo anche tossici e nucleari? E che a frutta e verdura che mangi è stata cambiata l’etichetta di provenienza? Oppure che quando il pentito Carmine Schiavone già sedici anni fa rese noto allo Stato che ogni giorno camion carichi di immondizia e scorie delle aziende della pianura Padana andavano a scaricare nella cosiddetta “Terra dei Fuochi” hanno preferito nascondere i documenti? Queste dichiarazioni sono state rese pubbliche solo nel 2014. E Giorgio Napolitano all’epoca era Ministro degli Interni.

Eppure continuiamo a far morire i nostri figli. È un esempio che vale per altre migliaia di esempi. Anche all’Aquila sappiamo bene come lo Stato, quello stesso Stato che “siamo noi”, sia stato un nemico e lo sia tuttora; per averci fatto dormire tranquilli nelle nostre case quando sotto i nostri piedi bolliva un mostro, quando poi si è assolto, quando celebrava la consegna delle chiavi ma in realtà ci toglieva illuminazione, bagni, cucina dalle tendopoli e ci mandava sulla costa negli alberghi. Potrei continuare ancora, ma a quel punto converrebbe scrivere un libro.

Anche questa è l’Italia. Un paese unico sia per i suoi aspetti positivi che per quelli negativi. Ma che fine sta facendo quella che per secoli è stata la culla della cultura? Che cosa sta rimanendo della nostra eredità? E cosa stiamo lasciando? Per che cosa sono morti i nostri nonni? Per degli ideali, per lasciarci un mondo migliore. E noi perché moriamo adesso? Per i rifiuti che abbiamo sotto ai piedi, per esempio.

È bello giocare a carte a Natale, tutti devono o dovrebbero avere il diritto di farlo. L’ho fatto anche io e spero abbia potuto farlo anche tu che stai leggendo. Ma non si può sempre giocare. Non possiamo continuare ad assistere passivamente allo sgretolamento dell’Italia. Siamo tutti responsabili della crisi (economica, morale, culturale) di cui ci lamentiamo. Chi per averla causata, chi per aver lasciato correre.

Anche in Inghilterra i miei coetanei vanno a ballare, passeggiano nei parchi, guardano i video su Youtube, giocano alla play station, a rugby, a basket, a carte. Ma al loro futuro qualcuno ci pensa. Non che tutto sia perfetto lì, per carità, ma loro vivono spensierati ed io li invidio. Perché io, che per fortuna o purtroppo sono italiano, mi sento impotente davanti ad uno Stato che non mi protegge e che mi sta spellando per campare qualcun altro. Perché mangio quasi sempre a casa e non fuori come fanno tanti ragazzi lì? Mica perche ho voglia di cucinarmi da me. Per risparmiare, come sempre. Sempre a risparmiare. Io direi anche per sfamare qualcun altro. Sapete quanto costa aprire una società (srl) in Gran Bretagna? Quaranta euro. Per cinquantacinque euro, poi, ti sbrigano tutte le pratiche. E le tasse le cominci a pagare dopo ventidue mesi. Perché il concetto è: “intanto guadagni, poi quando ti sei avviato e hai i soldi cominci a pagare le tasse”; mentre da noi ci manca solo che tassino anche l’idea di aprire una società.

Peccato, davvero. Quando descrivi l’Italia agli stranieri (impresa ardua), ti chiedi: perché non faccio qualcosa? Ma io, personalmente, dopo aver preso parte alle proteste successive al terremoto ed aver visto come sono andate a finire (manganellate e denunce nonostante la nostra innocuità), mi sento scoraggiato, perché ho capito che stavamo combattendo contro qualcosa di nettamente superiore, un’organizzazione che attraverso la televisione ha fatto credere che fossimo un gruppo di violenti armati quando in realtà chiedevamo pacificamente che fossero riconosciuti i nostri diritti. Dovremmo ribellarci tutti insieme per provare a costruire uno Stato adatto ad un paese meraviglioso come l’Italia. Penso a quanti italiani onesti, intelligenti, dotati di grandi capacità stiano marcendo nel nostro paese o siano andati all’estero, magari a malincuore, per realizzare i loro sogni. L’Italia è piena di talenti svalutati, ne sono sicuro, che si stanno accontentando.

Ora: la mia generazione può realizzare i suoi sogni in Italia o deve andare all’estero? Io stesso, se non dovessi riuscirci in un futuro prossimo, me ne andrei. Sono disposto a rinunciare alla pizza buona ma non ad un lavoro che mi faccia sentire realizzato. In Inghilterra ho conosciuto decine di italiani appena emigrati alla ricerca di un lavoro. Spero allora di non dover lasciare quello che ritengo il paese più bello del mondo, un concentrato di culture diverse che ne fanno un patrimonio materiale ed immateriale inestimabile, solo per un lavoro che mi soddisfi.

E anche adesso, se sono qui a scrivere, è per collaborare con i mezzi a mia disposizione a costruire un’Italia migliore; perché altrimenti non ruberei tempo prezioso allo studio, dato che tra una settimana ripartirò e dovrò subito sostenere alcuni esami in inglese. Se dedico del tempo a queste riflessioni è perché voglio almeno sperare ancora in un cambiamento. Voglio crederci. Ieri sera, poi, hanno dato in tv anche il film “[i]Italy in a day[/i]”, ed ho capito che non sono solo a sperare. Siamo in tanti. Mi sento più forte.

Buon anno a tutti, comunque, italiani, ovunque voi siate. Auguri.

[i]A Federico e a Francesco, miei coetanei recentemente scomparsi, con un grande augurio di forza alle loro famiglie. A chiunque sia stato vittima di ingiustizie. A chiunque combatte o abbia combattuto per seminare un avvenire migliore e per diffondere verità e libertà.[/i]