
La decisione sul rinvio a giudizio o meno dell’ex capo dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, indagato nel filone parallelo al processo alla commissione Grandi rischi, ci sarà dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di Appello, prevista per l’inizio del prossimo mese di febbraio.
Lo ha fatto sapere l’avvocato generale della Corte d’Appello, Romolo Como, numero 2 della procura generale, istituzione che ha avocato a sé il procedimento connesso su Bertolaso svolgendo nuove indagini dopo che la procura della Repubblica dell’Aquila aveva chiesto per due volte l’archiviazione, in entrambi i casi negata dal giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Romano Gargarella.
In secondo grado sono stati assolti 6 dei 7 componenti condannati dal giudice monocratico a 6 anni, infliggendo la pena di 2 anni al solo Bernardo De Bernardinis, che ai tempi del terremoto che il 6 aprile 2009 ha colpito L’Aquila e il suo circondario era vice capo della Protezione civile.
Como rassicura, intanto, i familiari delle vittime sul rischio di prescrizione dei reati per Bertolaso, sottolineando che «il tempo c’è, in quanto per l’omicidio colposo plurimo c’è il raddoppio dei termini, che arrivano a 15 anni». «Sto valutando se lavorare al ricorso in Cassazione o decidere sulla posizione di Bertolaso, oppure fare contestualmente le due cose – ha spiegato il pg, che sosteneva l’accusa nel processo di secondo grado agli esperti della Cgr -. Comunque, in tutti e due i casi occorre esaminare a fondo le motivazioni della sentenza di Appello».
I sette componenti della Grandi rischi, tra cui scienziati e tecnici di fama, in primo grado erano stati condannati dal giudice Marco Billi a 7 anni di carcere ciascuno per aver falsamente rassicurato gli aquilani e sottovalutato il rischio sismico al termine della riunione dell’organismo consultivo della presidenza del Consiglio dei ministri svolta all’Aquila il 31 marzo 2009, cinque giorni prima del tragico terremoto che ha causato la morte di 309 persone. Secondo il giudice di primo grado, quella falsa rassicurazione ha indotto molti aquilani a non uscire di casa dopo una scossa, tradizionale usanza per territori a rischio, ritenendo dimostrato il nesso causale per 29 casi di decesso.
La Corte d’Appello ha assolto tutti, tranne De Bernardinis, che ha presenziato la riunione come vice di Bertolaso, sottolineando il ruolo centrale nell’organizzazione del messaggio mediatico da parte della Protezione civile nazionale.
«Voglio capire dalle motivazioni come è stata ribaltata la sentenza – spiega ancora Como – Se è stata data la responsabilità all’istituzione, oppure è personale nei confronti di De Bernardinis». Bertolaso è finito sotto inchiesta per la telefonata, intercettata prima del terremoto, con l’allora assessore regionale con delega alla Protezione civile Daniela Stati, la cui posizione è stata invece archiviata.
L’OPERAZIONE MEDIATICA CHE COSTO’ LA VITA ALLA CITTA’ – Nel colloquio, l’allora sottosegretario spiegava che bisognava mettere in atto una «operazione mediatica» per «rassicurare gli aquilani» al fine di mettere a tacere Gianpaolo Giuliani, tecnico esperto di terremoti, definito «ciarlatano», che, attraverso l’esame del livello del gas radon, sostiene di poter prevedere le scosse e all’epoca stava mettendo in guardia la popolazione da possibili forti terremoti, tanto che è stato denunciato dalla Protezione civile per procurato allarme.