Sant’Agnese e Don Chisciotte

21 gennaio 2015 | 09:52
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Sant’Agnese e Don Chisciotte

Signore mio, voi che osservate, che conoscete, che sapete, potreste . . .

[i]Mia cara, adesso, per favore, fermati, perché questa volta le domande le faccio io. Non puoi pretendere di usarmi in continuazione per farmi dire quelle cose che tu ben conosci ma preferisci che le dica io per mettere a posto l’anima e la tranquillità della famiglia, della parrocchietta, del rione e dei cittadini aquilani[/i].

Signore, sia fatta la vostra volontà. Eccomi pronta a rispondere alle vostre domande. Spero solamente di essere all’altezza della situazione.

[i]Cara la mia devota signora, non vi preoccupate. Dalle notizie in mio possesso sono certo che saprete fornire adeguate risposte alle mie richieste. Veniamo al dunque. Ho l’impressione che il grande Hidalgo abbia in mente di dichiarare guerra a Celestino perché ultimamente gli ha tirato qualche brutto scherzo. Che mi sapreste dire in proposito?[/i]

Mio adorato Signore, per favore non mettetemi in difficoltà. Voi sapete bene che conosco “piro” Don Chisciotte fin dai tempi del Liceo. Non fatemi svelare pubblicamente quei pochissimi pregi e quei tanti difetti che, con l’andare degli anni, sono cresciuti a dismisura, conservando sempre il grande divario tra il negativo e il positivo. Voi, pazientemente, lo avevate avvisato: “non scherzare con Celestino, non è un uomo docile e vile come ha voluto far credere quel partigiano di Dante quando ha affermato che per viltade aveva osato il gran rifiuto. Stai attento, perché non è vero. Semmai avrebbe dovuto dire per umiltade“. Ebbene, la storia sta dimostrando che Dante era un prezzolato del tempo, perché Benedetto XVI ha fatto la stessa cosa ed è stato definito un Papa coraggioso. Non solo. Nella visita effettuata a L’Aquila il Papa emerito ha depositato sull’urna di Celestino il Pallio Papale, simbolo del comando, in segno di omaggio e di riconoscimento del grande coraggio che il suo predecessore aveva avuto diversi secoli prima. Ma, non si è fermato al compimento di questo grande gesto. Ha voluto e preteso che, all’ingresso del maniero di Castel Fumone, dove, secondo le informazioni diffuse all’epoca dai soliti ignoti, sarebbe stato ospitato Celestino dopo il gran rifiuto, fosse stata applicata una grande targa in pietra, sulla quale è stata incisa una grande verità: “In questo castello fu tenuto prigioniero Celestino V”. Altro che chiacchiere. Questa è solamente la prima botta. La seconda è stata inferta a Don Chisciotte quando volle portare ad ogni costo la Bolla del Perdono, due anni fa. La terza, ancora più pesante, l’anno scorso. Infatti, non gli ha consentito di guadagnare la passerella, rilegandolo in secondo piano. È vero che ha tentato di interdire l’accesso alla Basilica. L’azione, però, gli è costata molto cara. Basterebbe riguardare i giudizi dati dai tanti turisti italiani e stranieri, anche sul modo di presentare e gestire un evento religioso di rilievo che meriterebbe ben altra attenzione. Adesso pare che voglia portare la Perdonanza all’EXPO milanese, ammesso che il suo ronzino ce la faccia a raggiungere l’agognata meta.

[i]Carissima, vedo che sei molto ferrata in materia. Non ti sfugge nulla. Mi stai superando brillantemente. Complimenti. Si, ma in tutto questo Sant’Agnese perché viene chiamata in causa?[/i]

Signore mio, voi sapete che all’Aquila esistono tantissimi devoti di Sant’Agnese, la protettrice dei linguacciuti, o delle lingue lunghe. Sono devoti che, non avendo il dono del discorso diretto, cercano di raggiungere l’obiettivo prefissato attraverso una sottile e pesante satira, una latente e persistente ironia, accompagnate da ammiccamenti e sorrisetti, che contribuiscono a rendere ancora più belli e piccanti i riferimenti e le allusioni verso più o meno noti soggetti cittadini. Adesso veniamo a noi. Il Massimo cittadino che cosa ha pensato? Attraverso le Confraternite e, ancor di più, con l’ausilio delle devote, ancora diversamente giovani, faccio organizzare una cinque giorni non stop di Sant’Agnese in maniera da offuscare definitivamente la Perdonanza Celestiniana. Don Chisciotte pensa di esserci riuscito. Ostenta abbastanza sicurezza.

[i]Mia cara, quello che tu dici è vero. Purtroppo sta solo nella mente del grande Hidalgo aquilano. Manifesta già qualche perplessità. Non so se lo hai notato. Ancora una volta è assalito dal dilemma dell’essere o non essere. Infatti, non sa se portare all’EXPO la Perdonanza o Sant’Agnese. Perché la Perdonanza potrebbe avere un significato e anche una certa coerenza, visto che proprio in questi giorni, pubblicamente, ha chiesto perdono al Presidente Napolitano per l’irriverente riconsegna del Tricolore. Non vorrebbe perdere, però, l’occasione di sfruttare l’onda della maldicenza per percorrere una delle tante passerelle dell’EXPO, magari la più corta, per mettersi in mostra per conquistare l’attenzione e la simpatia dei visitatori della fiera internazionale di Milano. Lo vedo molto cogitabondo. Non sa ancora quale decisione assumere. Tu cosa ne pensi?[/i]

Signore, me la potrei cavare con sole tre parole: non sa decidere. Vorrebbe sfruttare la notorietà religiosa della Perdonanza, ma ha la certezza che Celestino non gli consentirebbe di portare la bolla. Non farebbe neppure sfilare la Processione. La bollerebbe come una semplice passerella di propaganda politica. Sant’Agnese è pericolosa. Presenta troppi lati oscuri. Potrebbe rappresentare un vero e proprio flop perché i devoti di Sant’Agnese sono conosciuti solamente all’interno delle mura cittadine. A Milano, perciò, potrebbero correre il rischio di essere individuati come fondamentalisti o clandestini dell’area Mediterranea. Potrebbero essere espulsi e rimpatriati con il foglio di via. Va dato atto a Don Chisciotte, però, che la sua presenza è stata notata in tutto l’arco delle cinque giornate agnesine, non ne ha tralasciata neppure una. È stata anche notata, di contro, la sua totale assenza alla importante riunione del COA (Comitato Organizzatore dell’Adunata Nazionale degli Alpini), in programma a L’Aquila a metà Maggio, nella quale era indispensabile e determinante la presenza di Don Chisciotte per l’assunzione di importantissime deliberazioni di ordine organizzativo, amministrativo, finanziario e sociale. Per quanto riguarda il perdono chiesto a Napolitano, francamente, non vedo alcun nesso con la Perdonanza. Semmai rilevo solo una grossa dose di furbizia, anche puerile se vogliamo. Ha chiesto perdono al Presidente emerito soltanto dopo l’avvenuta acquisizione e regolarizzazione delle dimissioni. Voi, Signore, dovreste sapere anche il perché.

[i]Mia cara, questa volta sono in difficoltà. Questo particolare ritengo che possa sfuggirmi. Mi vorresti spiegare l’arcano?[/i]

Signore mio, è presto detto. Se avesse chiesto perdono al Presidente Napolitano, nell’esercizio delle sue funzioni, la risposta sarebbe stata di sapore istituzionale. Il Presidente avrebbe potuto rendere edotti gli italiani, rivelando i contenuti della nota con la quale aveva restituito al mittente il pannolone tricolore con invito a farne un adeguato uso, rispettando il significato e il valore morale del panno sul quale aveva prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica. Oppure, da buon partenopeo, il Presidente avrebbe potuto tornare sui propri passi, destituendo d’ufficio l’irriverente Hidalgo, anche con effetto retroattivo. Anche voi siete della stessa opinione in proposito?

[i]Mia cara signora, siamo perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda. Ha fatto oggi quello che avrebbe dovuto fare doverosamente ieri solamente perché sicuro che Napolitano, dopo aver riconquistato libertà e tranquillità, vuoi che perda tempo a prendere in considerazione la richiesta del tardivo perdono di uno sconosciuto Hidalgo cittadino? Nel gettare la nota nel cestino dirà, una volta per tutte: così sia.[/i]